Studi Sociali - anno I - n. 5 - 21 giugno 1930

tarlo perché, r;peto, la libertà su1ipone più doveri che diritti, impone al principio sacrifici maggiori dei van– taggi che offre. Non si conquisterà. durabihnente se non quel tanto di Ubertà che s"i saprà meritare e di cui, pur tra sbagli e difficoltà, si saprà !'ar uso; e quei. tanto di libertà che avremo conquista:a ci rrn• der& migliori e capaci di conquiste maggiÒri nello stesso senso. Questa educ.azlone progressiva regolata dalle nostre possibilità. materiali e ,Jpirituali, !ara di noi degli esseri sempre più ùegni di essere liberi. In questo senso si pu6 intendere la massima che "so– lo la libertà farà gli uomini liberi". Ora, pe,rché questa ascensi'one verso un'autonomia 'Sempre maggiore si compia, bisogna che negli uomi– ni cl sia l'aspirazione verso la libertà.. Questa aspira- 2ione é ora patrimonio di pochi, cum'é patrimonio di pochi la capacità di profittare d'una sua even– tuale realizzazione. E le ragioni le ab-biamo viste. Ma li nostro lavoro di propagandisti dev'essere ap· 1rnnto quello di diffondere quest'aspirazione, di pre– parare queste capacita. Quanto più saremo prepara– ti, tanto più ampia e durevole sarà. la libertà che cl conqu·isleremo. Diffondere, dunque, il più possibile tra te masse l'arversione all'autoritA: ecco il nostro compito. E su questo stesso Ideale di libertà, che ~ Insieme <bntlmento ed idea, fine e metodo, si devo rondare la nostra etica, la nostra regola di condotta. Il I La missione che noi cl slamo assunta non é tacile e non é priva di responsabilità. Col solo chiamarci anarchlçl noi cl impegnamo ad essere degni dell'I– dea che propaghiamo. Esserne degni non vuol dire essere perfetti; vuol dire semplicemente tendere, nel– la misura delle nostre possibilità. spirituali, pur con tutti l nostri difetti di creature umane, al perfezio– namento interiore. E' uno sforzo che noi stessi dob– biamo compiere continuamente, se vogliamo aver iJ diritto d'incitare gli altri a compierlo. Educare se stessi alla !lbertà. é certamente più d!f!iclle che edu– carsi all'osservanza delle legg'i e delle minnte regole che governano oggi la vita quotidiana. E' uno sfor– zo piU faticoso, ma piti fecondo. Bisogna giungere a compenetrarci !.lino a render– lo carne della. nostra carne, di questo concetto, che la nostra llberta, cioé la nostra dignità di uomini, o nulla, finché cl sarà uno solo che vedr/i limitata la sua libertà per col1>a nostra. Dobbiamo pensare che é schiavo chi é oppresso, ma non é libero neppure chi opprime; dobbiamo convincerci che comandare é }tu degradante ancora che servire. Dobb'!amo in una parola sforzarci di educare In noi (per poterlo poi educare negli altri) Il rispetto alla llbertà altrui. E, ci6 che più conta, questo rispetto non de\'e essere ·fredda Indifferenza, deve essere fatto d'i compren– sione, 0 almeno di sforzo verso la comprensione. Al mondo non ci sono due aninle, due pensieri uguali. E la civiltà pili perfetta, quella a cui noi aspiriamo. é appunto la civ'ilta tn cui questa varleta pu6 svi– lupparsi senza giungere a conflitti, per una progres– siva educazione alla libertà, alla comprensione reci, proca. La società. che noi vogliamo non deve essere fat– ta solo di giustizia, ma anche d'amore. Sembra ~.-n:\ L<>nalita, '"ppure é una cosa 'importante. La sola rretl• da g'iur,izia, che si limita a imporre diritti e doveri, non oasterebbe a cementare una società llbera, che h:. bisogno di quel contatto delle anime, di quelle rec·iproch6 concessioni, di quella tolleranza cho so– lo l'amore pu6 produrre. Certo la lotta e le necessita della legittima difesa ci obbligano e ci obbligheranno a combattere con– tro alcuni dei nostri simili, a limitarne praticamen• te la libertà. per conquistare Ja nostra e insieme quel– la della maggioranza degli oppressi. Ma anche nel– la lotta, le cui !asi acute e violente sono pur sempre transitorie, non ci deve abbandonare quell'ampiezza di vedute che é carat~eristlca della nostra dottrina. Anche quando combattiamo dobbiamo sforzarci di comprendere. Il settarismo e l'esclusi\ ismo sono quanto di Piit antianarchico cl sia e sono t'n contrasto netto collo spirito di llhertà. Per esempio, noi combattiamo I .dogmi, sia religiosi che politici e morali. Per6 .se ,dicessimo, come qualche volta, trasportati dalla pas– sione, diciamo: "una persona intelligente non pu6 .essere credente a meno d'essere In mala fede", o al- tre tram del genere, In quel momento noi non sa- -remmo anarchici. Dobbiamo sempre cercare di com– prendere le idee degli al :ri anche se sono opposta ,alle nostre, anche se le consideriamo nocive e Je Biblioteca Gino Bianco STUDI SOCI.ALI combattiamo. Anzi la propaganda contro un'idea é tanto l)i(1 efficace qu'anto maggiore é la conoscenza che noi· aè•biamo di quest'idea non semplicemente nelle sue manifestazioni superficiali e grossolane, ma nel• le sue basi profonde, nelle 91.te origini, nella sua ra• glone d'essere. Davanti alle eteree figul';ne cli angeli miniate nel– le tele del Beato Angelico, noi dobbiamo cercar cli capire la fede ardente ed ingenua ad un tempo che spingeva il buon frate a dipingere In ginocchio; leg– gendo il cantico delle Creature di San ~'rancesco d"- Assisi noi dobbiamo sentire, al di sopra della distan, za di tempo, al di sopra dell'abisso che divide I cre– denti dai non credenti, li legame Ideale cbe ci unisce a questa grande anima che amava tutte le co!JJ. E non dobbiamo fara una smorfia di disprezzo se ve– diamo ora, nel nostro tempo cosi scettico, una madre l>regare il Dio in cui crede per la vita d'una sua creatura, o se vediamo un ingegno tormentato, che disperando di trovare nella scienza o nel ragiona~ mento la risposta a certe domande angosc'i.ose, l'a ragi'One della vita, cerca la verità o almeno la p'ace, n~l dogma, nell'abdicaz'ione della ragione. E ques:i esempi si potrebbero estendere ad altri campi. Noi sap11iamo che purtroppo in certi casi I mezzi violenti sono necessari. Ma. do,·remo per questo lanciare l'anatema su chi cerca, per quanto inufilmente, al– tri mezzi di lolla per sruggire a questa necessità? Ognuno di noi e-sperimenta in se stesso come iJia terribilmente complesso lo spirito umano. Noi tut~ li sapp·iamo che nessuno fuori di noi pu6 conoscere a ronrto tutti gli elementi svariatissimi, lnconrronta– Mli, contradditori di cui é composta la nostra per,,,. nalitft. morale, e che quindi nessuno pu6 giudic'arCl ccn piena conoscenza cli causa. Eppure noi ci eri– giamo a giudici degli altri, •senza neppurè tentar di comprenderli, senza neppure tentar di spiegarci le differenze tra noi e loro. E questo ti male. Se vogliamo essere liberi in un mondo libero, dob biamo coltivare in noi e negli altri il rispetto alla personahtti. umana qualunque essa sia, tbtto tutte le sue torme. Se la necessita della lotta cl costringerà a v·iolare questo rispetto, sia sempre questa per noi una necessità dolorosa e contingente, fuon dell'es– senza della nostra dottrina. E sopratutto, concetlia• mo si alla vita pratica ciò che non si pu6 non con– cederle se vogliamo avanzare, ma che queste conces– sioni non uccidano in noi l'intelligenza aperta a tutte le idee, H sentimento consapevole di tutti i do– lori. Che esse non cl f\tcciano dimenticare il nostro scopo ulthno: la libertà. nel suo sen.so più ampio, la liberta che lasci possibilità di sv'ilup1io a tutte le ma- n'ifcstazloni della vita. Lucia FERRAR! • N. B. - Nel nu:mcro scorso, nella 1.a varie <ti questo articolo, il pt1riqp.o in oorsivp verso la, 11ietU deua fi,iir,e con le parole "la "Ostra 1bi11nit~ di eb• seri 11mani'\ e s101~ "<Li e~se1·e u<nnini'' como flt, stampato per errore tipografico. Libri ricevo ti in dono Luigi Galleani: FIGURE E FIGURI (Me– daglioni). - Edit. Biblio'teca de "L'Adnna'ta dei Rcfrnttari ", Newark, r_ J. (Stati Uniti) ]930. - $ 0.80. Le.o Trotzki: WER LEITET HEUTE DIE KOMMUNISTISCiHE INTERNATIONALE? - Nit anhang: Lenins Testament. -- Edit. Rivis. t11"Die Aktion •. Berlino, 1930. M. 4nderson E' H. Hickerson: Dli DELLA FOLGORE. - l~dit. "Com.itatv In't. Lib~rt11rio pro Vittime Poliriche", Westfiekl, N. Y. iSta– ti Uniti). - $ 0.50. J. Mesnil, F. Bonnaud, J. Mett ed altri: AU SECOURS DE FRANCESCO GHEZZI, UN PRISSIO"NNIER DU GUEPEAU. Comité pom- Ghezzi, Bruxelles, ]920. -Fr. 1.50. Jea.n Grave: LE MOUVEMENT LIBERTAl– RE SOUS LA Ille REPUBLIQUE. - Bdit. "Le Oeuvres Représen'tatives", Paris, 1930. Rodolfo Llopis: COMOSE FORJA UN PUE– BLO. - Editoria] J<:spafia, Madrid, 1929 .– Pcset:is 6. Errico Malatesta: ENTRE CAMPESINOS. Edi't. "L'Antorclrn", Buenos Aires. - Distri– buzione gratuit...<t. EL MILITARISMO Y LA GUERRA. -Edit. Gruppi "Germen" e "Ideas", Buenos Aires, J 929. - Distribuzione gratuita. 1 Il problemadell'Azione li problema dell'azione, pur essendo stato sempre sul tappeto, prende nell'ora attuale una torma ango– sciosa. Da una parte l'apatia delle grandi masse é cosa trop1>0 evidente per essere negata; d'altro canto la gioventù, indispensabile ad ogni movlmento perché questo si :r:innovi, sembra non interessarsi pilt che al– lo sport in concorrenza con lo sport borghese, tanto che la sua preoccupazione del risultati sportivi resta in lei sempre più grande di quella pei risultati at– tendibili dalla lotta soc"iale. Eppure not viviamo in un periodo particolarmente pericoloso. Anche coloro che h-an finito con l'ammet– tere, insieme a noi, che la borghesia non si lascer:1 eliminare come classe privilegiata <la valanghe cli schede elettorali, si guardano bene dal tirare dalla loro ammissione tutte le logiche conseguenze ch'es– sa porta con sé. Del resto, anche ne'i nostri ambienti anarchici, v'é una tale noncuranza, una specie di scetticismo e di stanchezza, che si finisce con l'es– sere anche noi troppo spesso degli impotenti. Sappiamo bene che le gerem·;adi non servono a nulla, se non talvolta ad aumentare la demoralizza– zione; ma sarebbe ancora pl(t dannoso nasconder':: __ male, li che significherebbe praticamente rinunciare a trovare il rimedio. Ci é successo qualche volta di sentirci rivolte pa– role di simpatia accompagnate dalla partecipazione della decisione presa di. ritirarsi dal movimento! E la strana ragione che cl si portava era appunto che non-c'era nulla da fare, o che no'i manchiamo di una. azione ben coordinata e continua. Noi potremmo ri– sponder'-~ che quelli che vengono a noi con !erma in– tenzione d'i rare trorano da fare, anche trop– t>o; e noi piuttosto temiamo cli per,:Jerli non per insufficienza ma per eccesso di attività, la quale fi– nisce sempre col generare una troppo grande stan– chezza. 111aci potrebbe essere replicato, del resto con ragione, che lo sforzo straordinario di qualcuno non potrebbe in definitiva rimpiazzare la cooperazione attiva di tutti, e che anzi quello senza questa, pur non riuscendo inutile, resta senza una efficacia de– cisiva. Nonostante, noi ci domandiamo come, sopratutto nell'ora presente, s'i pu6 restare inattivi in presenza, non solo delle !niqulla di sempre, ma dell'aperto ten tativo di trascinarci indietro, di privarci anche dei magri d'iritti e libertà acquisite in passato. Com'o possibile di lasciar fare ai nostri nemici fascisti o emuli di questi tutto ci6 che vogliono, senza prova re il bisogno irresistibile d'i levarsi contro di loro? An, che se non avessimo speranza alcuna di successo, cl sembra che basti l'avere un po' di retta coscienza e di chiaroveggenza per sentirsi portati non solo ad una opposizione interiore e morale, ma anche este. riore e materiale. E' proprio giunto il momento di esercì tarla! Ma come? ci si dira. Frequentare le riunioni :ino– dine ùel grup1io, aiutare l'uscila di qualche periodico. ,·ersare delle quote più o 1neno regolari, organizzare qualche comizio o conferenza, cercare di risvegliare qualche sindae'ato in letargia, é forse tutto ci6 ch(I, dovremmo proporre? Bisogna riconoscere che é ben poca cosa! Sia! non lo contestiamo 1>unto. Ma non é cPrto facendo anche meno !Clicosl poco che l'iuscircno a fare di pill, ad arrivare a grandi cose. II lavoro diventa non solo pili facile se associato in parecchi, ma contribuisce inoltre a creare uno sta• to d'animo migliore, a darci plu fiducia In noi stes– si, a rendere piu gradevole Io sforzo ed a proti urre una emulazione spontanea, poiché, pili ancora che materialmente, é ps'.i.cologicamente che l'unione fa la forza. Lo scoraggi-amento non viene forse nella mag glor parte del casi dal trovarsi troppo isolati o trop• po in pochi per l'opera che si vuol compiere? Noi abbiamo l"impressione che, nella maggior par– te dei luoghi dove ancora é possibile fare qualche cosa per le nostre idee, un colpo di sorpresa dell~ peggiore violenza borghese cl coglierebbe impptenti a dlfenderc'i. Cl auguriamo con tutta l'anima di sba• gliarci, e speriamo che cosi non si'a.: ma evidentemen. te non mancano cause di una debolezza dolorosa, an– che se tutti noi siamo ben decisi a non subire alcu– na sconfitta senza prima 'aver messe 'in azione tut– te le forze di cui potremo disporre. 111ain quale si– tuazione del tutto diversa non ci troveremmo noi se potessimo arrrontare la lotta giorno per giorno attor– niati da piu numerosi element'i giovani ed entusiasti! Non crediamo d'aver bisogno di rispondere a co loro che accampano come scusa della loro inattivita il ratto eh•. vi sono tra noi anche degli elementi troppo interlor'l all'idea che dicono di professare o che mettono continuamente in campo idelle Irritanti -ua<I 010s Il 01oa1p1.1i,,1qmas !:) ·1:uuos,ad 1uonsanb

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