Studi Sociali - anno I - n. 4 - 1 giugno 1930

questi sono dei ribelli, se l,~ loro intenzione o ~as~io– ne fu intenzione o passion~ di liberazione, se 11 loro odio fu odio dell'ingiustizia e rivolto inten:lionalmen– te contro i noEtri stessi nemici, o se Gli auLori fu– r01! spinti e provocati ai fatti da l'ingiustizia. nemi– ca, quei ribelli sono dei nostri malgrado l fatti e malgrado ogni dissenso su questi. Per quanto (:;fior– me. possa essere stato il loro errore di fatto, t>sso non deve farèi diventare con loro per fin piU in– giusti che gli stessi tribunali borghesi che •spesso assolvono dei rei confessi di delitti. comuni, 0 per– ché comn1essi senza intenzione di nuocere, o clet,;r– minati da un eccesso di passione, o resi inovllablli eh p-r-ovct;azione grave. Ci6, tanto piU che la passione dei ribelli non é mai personale, per amore dt sé, ma disinteressata. Com-e diceva uno scrittore di gra.nùe cuore, ma d'idee imperialiste e nazionaliste, AlfredG Oriani in un magnifico articolo in difesa di Lucch1.."'– ni: "Non vi pu6 essere delitto, quando l'egoismo non ne sper6 alcun frutto". In tali casi, ripeto, facciamo tutte le riserve che vogliamo sui fatti, asteniamoci da a.pologie contrarie ai nostri sentimenti, ma restiamo lo stesso solidali coi ribelli caduti nelle mani del nemico, .~erchianw d1 strapparli alle vendette di questo e rendiamo giustizia all'onesta delle loro intenzioni. * • Molto si potrebbe dire su questa categoria di fatti di ri;volta, che per brevità e non ripetere il gia det· to chian1er6 impulsivi. Io ho finito con l'intratte– nèrmi su quelli di carattere 1ndividua,le; ma é ov- • I vio che anche quelli collettivi meriterebbero qualche I esame. Non lo faccio, perché l'argomento ci porte– r<·bbe troppo lontano; e poi percllé la intenzione mia non é quella d'una esegesi accademica sui fatti già avvenuti o che avvE-rranno indipendentemente da noi, bensi di studiare il modo perché avvengano in av– venire· fatti u·tili, e:d evitare elle ne ~ucéedano uegli inutili o dannosi. Per ·; fatti della categoria suddetta, che anengono ·cnme p'U6 avvenire un ·terremoto ·o ~cop};iiare un tnl– mine, non c'é niente da rare, almeno pe,r quel che li riguarda direttamente. fossono ~nche essi, come é stato detto, essere tali e manifestarsi in forme e circostanze Utili; e allora .v' é da augurarsi che tro– vino un terfe1fo preilai·ato per essere sviluvpati e utilizzati ancora di piti in senso rivoluzionario e li– bertario ed a f!Ì6 deve provvedere la pn•paganU.a e il mbvl:nento di tuttil·i giorni: Uno dei segreti 11er vincere é anche quello di esser pronti a. e:ogliet<: le ·occasioni,· put se giullgaùo· improv,•ise ed imprevedu– te. La stessà prepa,razione pu6, inoltre, gio,c.!.r-a a.u– che per sapel' filosoficamente~ sòpportare gl.i even– Ltf~{li effetti disastrosi del fulfnine e ·der terremoto, sapendo cornprendere questi e superarne le scosse SBll· za. bisogno di ·sposare il punto di vista ctegH aman– ti dello "statu quo" e del quieto vivere .. Ma tutto ·questo non basta e non é affàtto la ca% piU importante. 11 compito dei rivoluzionari non é Soìo quello di aspettare che "capiti l'occasione"; e~;si devono altresi saper creare le occasHmi, cercarle, anticiParJ~ con fatti non impulsivi ·o spuradiCi, 1na prem.èditati, ragionati, concludenti e ripetuti. E' pcnsan:do a questi fatti, che per comodo d'argom 1 .}n• ta?.ione ho ascritti alla prima- categ01 ia, ai fatti vo– luti; pensati con una visiolle relativamente giu8tn degli effetti.' in vista di sCopi deteiminati, ·che io ho ll1iitolato questo scritto col motto dell'Eterno Fem– nùnimo Regal~ del 1898: "Tirate fcrto, mirate_ g'iu- . to!", 'I' Il motto, veramtute, ~dr~bbe rovesciato per{!ùé p1ima si mi,-a é poi si tira. ·Né la cosa é p\·Ìva d'im– portanza, perché troppe vol'.e avviene eh~ per ia– cùnsideratezzrl. o per fretta, si tira senza. mirare; •~tl é un grande errore. :Mirar giusto prìn,a tira'!· fono subito poi, ecco la regola· semplicissima e Ìapalissiana d'ogni bersagliere della rivoluzione come di futti i tira,tori di questo mòndo! $i pu6 'anche allora non prendei-e ner 1 bersaglio, •far ~ilecca.; rna· il' colpo non niahca lo· stessò dall'aVère la sua effic;ncin.. Mirarono giusto i bolscevichi russi nell'ottobre del 1927, e vinsero. Cosi avessero fatto, invece di. quel1l, gli an– a,rchici; e la rivoiuzi-One TUssa avrebb_e i~vuto Qcn al– tro indirizzo... Miraron giusto 1 Comunardi del 1871 in rapporto &i tempi; ma furono sconfitti, JlOll ·avc~n\10colpito nol cuore il nemico. W!u nonostante la stessa loro sconfitta frutt6 enormemente a tntto' il movin1ento socialista e rivoluzionario succeRSivo. l\ii– rò giusto e colpi forte Gaetano Bresci nel 1900; e ne ·resuLtò ia reazione sconfitta per almeno quindici an– ni. e non é certo colpa del tessitore di Pr ato se del suo colpo .ben dir:et to non seppè profitta.re a temno il popolo italiano. Mir6 giusto, ma Ilon pre se n~l ::.e– gno, Gino Lucetti nel 1926; ma tutti coloTO c\>'~rano presenti in Italia e a Roma in quel momento ci han è.etto che la. tirannide fascista ne riport6 lo stesso t!na scoss~ nOn in;Ùfferente. · · Da~o il mo1pe_~to critico c}1e attraversa il 1nondo e, nei mondo, la situazione della liberta. e della ca.u– sa. proletaria nel seno di c'ìascun popolo,· questo pro– blema di mirar giusto é diventato da parte dei ri– . voluzio1rnri di prLr1cipale importanza. Una volta, quando il giorno d'una lotta decisiva era molto !on, tàno, e lontaÌla l'eventualità d'unia. v'lttoria radicale - o d'una sconfitta irrimediabile, la cosa importava di meno. Un colpo d'audacia popolare, la rirolta di un manipolo cond:ipeV'ole dell'a. sicura sconfitta, l'at– tentato. fragoroso che scÌrntesse !;indifferenza pub– blica, anche a costo di farla rabbrividire, potevano BibliotecaGino Bianco S'I'tJDISOC1ALI e!':sere lo st.:.sso discutibili dal punto di vista dei principii o ùell'opportunita del n1omento, ma mentre tali fatti non compromettevano una. posizione gene– r'ale, - ne ven'ìvan turbati solo dei calcoli elettorali e p·Qlit'icanti e ne veni van danneggliati personalmente solo gli autori, gifi. pronti al sacrificio, e la piccola collettività dei loro compagni, - per lo meno a,·e– vano il risultato di richiamare l'attenzione popolare ancor-a inconsapevole su problemi angosciosi e della piU alta importanza per la societa intera. .i\<In, ora siamo, come suol dirsi, ai ferri corti. Non é più il caso di contentarsi degri e!f~tti dimostra– tivi ed esteriori di un atto, sia individuale che col– lettivo; bisogna anche preoccupttrsi 'dei suoi !·ir.'i.llta– ti posttivi o negativi sul teneno dei fatti. Ed anche per quelli dimostrativi, di affermaziòne o di protesta, sia decisi a tale semplice scopo, sia che a tali siano ridotti d'all'insuccess 0 :pratico di un disegno piti va• sto, il loro fine non può essere pilÌ. ·quello solo di fare effetto, un grande effetto, non importa quale, di· '.'epater les bourgeois", di impress'ionare il gran pubblico anche a costo di farselo nemico. Bisogna sfi– ùare anche le ire del pubblico, quando occorre, quan– do una grande questione di giustizia sia in giuoco; avere 11 coraggio di restare in pochi a sostenerla e a soffrire per essa. Ma pi6 in .modo e con m ezzi in rapporto e non in con~rasto col fine, che non dia.no cioé al pubblico ragione· di coglierci in contr adizio– ne coi nostri pt'incipii d"umanita e di giustizia, rna ·sia aJ contrario il pubblico a r estare «alla p arte clel .T"!,:J,·to, Bisogna per6, altre~. non infischiarr.ti. ael grar pubblico, per quanto soggetto cosi spesso a sbaglia– re, 1na ricord'a.rsi che esso pesa sempre ass·ai sulla bilancia. degli avven.'imenti - del resto per gran par– te es<JJ é composto di gente della nòstra gente, elle ci ignora bensi, ma interessata e suscettib'ile di aibw bracciare le nostre idee, - e quindi non irritarlo inutilmente ma cerC 'a.re ch'eBso formi un aìone di s'.impatia intorno all a m inoranza rivolu'¼ionaria e combattente. •• Si é sempre detto che sono le minoranze, talvol– ta. perfino gli individui, che decidono con l'interven– to della loro azione diretta risolutiva delle situazib– ni rivoluzionar'.i.e. Ed é vero; m'a é anche .vero che non vince mai quel1a minoranza che ha veramente ostili le maggioranze, e se. anche potesse vincere non 1o p..,otrebbe ché in senso tirannico, contro ogni pl'in• cipio di giustizia °e ,(li libèrtéi. Le minoranze che rin• cono, 1 e possono _vincere· r3enza bisogno di coronare ra }01~0 vittor~a con la prepotenza e l'oppressione 'al– trui, sono soltanto quelle che han saputo crearsi un ·.vasto ambi.e.r1te 'di rJlmpatia tra le ~aggioranze. Bisogna tener confò, a tal proposito, che purtrop– po, :inalgr'ado U.Ila propitganda quas'i secolare e una lunga esperi~nza, malgrado la dura lezione dei fat, ti, neppure i. sofferenti,' gli sfnittati "e gl'i oppressi . sono tutti~ dalla'" parte d~la: rivoluzione, ·o _convinti di unà _ide'a di rinnovaz'!o~e soc~ale. Enorme é anco– ra il numero di essi, (senza contare quelli che l'in– cmJJienzi ed. un egoismo animalesco schieranò a fian- : c~ i difesa_ d_egli oppressori e sfru_ttato,ri) il quale , cost'd:uisce ancora la zavorra informe e pesante, la · zona ·uelltra, la-forza. passiva, in 1uezzo alle forze at– . tive nemiche nella lotta ·sociale. Le due forze in lotta sono, sempre delle minoran'ze, pitl o meno nu– meroSe; ma nei momenti. decisivi ha pili probabili· ta di vincere qu-ella che é riusc·1ta ad avere pili fa– vo1:evole o meno ostHe quella zona neutra di zavor- 1"ae di forza passiva, che non conta nulla e vale po-, co. cla sola, ma spesso col suo peso morto · fa al– l'ultimo momento traboccare la bilancia sul piatto veÌ'so çui propéJJ;de. Ce ne siamo accorti in Italia cli quale errore sia -stato il non •'tener conto di questa massa informe, che costituisce gran parte del pubb,Jico elle per soli– tO tace e. "-non si occupa di politica". Essa simpatiz– z6 coi s0vver9ivi e· rivoluzionari durante la guerr11. e poco dopo; ma i11 seguito insen,sib'ilimente li ab– bandon6. E qu'ando per gli errOri dei ri1:oluzicn:1ri e l'astuzia dei reaz'i.onari la primitiva simpatia si trasform6 in freddezza e poi in ostilità, al fascismo ''ctivent6 enormemente pi(1, facile di vincere. In fùll· do, poi, questa ma-s&a 3.nconi inerte, tarda e lenta, istintiva, é la riserva d'i ·forze in mezzo alla quale noi attingiamo man mano nuovi elementi, sveglian– ·c1oli.c0n la propaganda, l'agitazione e l'esempio, de– stando in loro nuovi bisogni, elevandoli ad ·una co– sc'ienza sunei·iore. Né· potrebbe essere altrimenti, se fuori di questa massa non vi sono che i gitt. convin– ti da uu lato ed il nemico dall'al\ro. Non potremmo in mezzo a quella massa, ancora estranea a noi, far . ascolta.re la nostra ..\·oce e far prmhliti alle nostre idee se c ominciassimo col rendercela ostile o con in'i– ziative evidentemente sballate, con atti di cui non fosse ben chiaru il bersaglio, che colpissero troppo fuori e lontano da queSto, ,e non avessero la cara.t- . teristica iben visibile e comprens'ibile di uno scopo · di emancipazione e liberazione umana. · A tal proposito dir6 che da troppo tempo la pro– paganda dei partiti e movimenti di progresso trascu- - ra eccessivamente la grande massa degli ancora in– differenti· od ostili ad ogni idealita d'avanguardia, per -esercitarsi quasi esclusivamente fra movimento e movimento, -fra partii.o e partito di quelli cosidetti ,bvversivi. Par che u.nico scopo della propaganda di . tutti sia quello p'i strapparsi a vicenda gli adepti; il che, intendiamoci, é fino a un certo punto logico e naturale, ed é legittimo dal punto di vista di eia- 't scun pa.rtitò o 1novimento. Ma 'a lungo andare la co. sa diventa improduttiva o di un vantaggio minimis– simo per la causa generale della rivoluzione. Pre– scindendo dal fatto che in ogni modo lo sforzo oc– corrente per c011vincere una persona gia convinta e milite d'un'altr'a ~dea é assai maggiore, e il succeLt. so é meno sicuro, dello sforzo per conv'incere un uo– mo ancora indifferente e seJ1za idee, :i! risultato in fonùo non é che questo: che un socialista diventa anarchico, un anarchico divi-ene comunista, ecc. ma la somma dei nemici del regime borghese e cap'lta– listico non -aumenta. Indubbiament~ noi anarchici per esempio·, à. vremmo grande 1nterethe e piacere che. socialisti e comunisti si conv'incessero della superio- 1·itfi. delle nostre idee e veniss-ero ad ingrossare le nostre file; e ri,teniam o che ci6 snrebbe un vantag– gio anche clal pup.to di vista generale rivoluziona– rio. Ma é evid ente ch e tale vantaggio sarebbe molto maggiore se i nuovi adepti li strappassimo dalle fi. le degli indifferenti i,rima che essi possano essere utilizzati contro di noi dal nemico comune. Avremo 1n tal modo con la nostra pi-opagancla, - propngancla d'idee e propaganda coJ fatto, - mirato Diti giusto e colpito meglio il bersaglio voluto. LUDOVICO SCHLOSSER NOTA DELL'AUTORE. - Quest' artici>ìi> eà altri che segu.irGJnino 9u simili an101nen.ti di tattica si ri– collegano ad! altri ,niei articoli pubblicati, piu var– t,.colarmente mila questiotne àella lotta ant-i/ascista, nel vrim1i nunieri àe "Lcti :Lotta Umana" ài Parigi (n. 2, 4, 6, 8 e 10, ~.i ottobre 1927 a febbraio 1928). 'R.,ivisla delle Riviste &th>'i~i.e di lingua ing·h•i.a Un y'iovane italia,w: NELLA TERRA DEI MORTI. - ("The Cnnte.1nvoruy Revie,w.'~. di Londra. - nu• -mero di !\pr'ile 1930). L' A. che fi!"Illa "un giovane italiano" e dimostra t1J1acume non comune, cl.i in questo articolo il re– soconto critico e diffuso di un suo recente viaggio in Italia. Egli dti. una. impress·ionante descrizione della soffocante atmosfera di spionaggio, di terrore, di abisso tra persona e persona, ·di dissoluzione di quei nessi connettivi, di quella -fiducia sp0ntanea tra. cittadini, di quel patrimonio d'istinti ed intuiti co– muni, che son ci6 che di una popolazione o mera folla e moltitudine di persone fa un vero popolo. Egli non <Ji é soffermato alla superficie; ha par– lato con persone di tutti i ceti e di varie regioni. . conferma che nelle classi operaie e contad'ine l'ani– ma perdura incrollabilmente antifascista; che nelle cl'assi proprietarie terriere ed 1ndustriali l'antifascis– mo che accidentalmente salta fuori si riduce a deplo– rar la riva!ut.azione della lira, la soìa cosa che tocca quelle pseudo-coscienze; e che specie nelle campagne . i preti. son ridiventati i veri padroni, i poliziotti o Je spie dell'anima 'in aggiunta ai poliziotti e alle spie dei corpi. Il martirio più crudele é quello degli intellattuali, 9pecie degli insegnanti d'i diritto, letteratura, storia, filosofia, delle discipline in cui non é possibile in– segnare educando senza avere un'anima propria e rhelarne }'.esistenza, cioé r'ivehusi non fascisti o fascisti, liberali od autoritari. Occone meditare o– gni parola, ogni gesto, anche se ui tratti di storia antica. Circolari sopra c'ircolari sopi-aggiungono ad ogni momento fu.cend.o e disfacendo e restringendo sem– pre piU la sfera d'azione dell'insegnante: non s'i pu6 persistere nell'insegnamento che prostituendo ogni giorno più la coscienza. Anche il meramente ri fiutai-di o assentars'l da. ce– rimonie, il dire "non mi occu.po di politica", rende sospetti e non di ràdo costa ca ro. li popolo pi(1 gioioso dei sud s'é fatto il popolo più s'ilenzioso e ),)iù triste ... tranne tra i p-agati e gli interessati a far chiasso. Ulna delle cose pili tristi e impressionanti é il ve– dere la quantita di gente che si presta a far la spia. . Altro fenomeno ignobile é che la corru1.ione si dif– fo1rde sempre più anche tra gli italiani all'estero. li · fascismo· va di,ltruggendo il "carattere". Tale é l'J. tal'ia del patto del Laterano, in cui é ritornata l'a• tmosfera papale e· spagnuola di secoli addietro: la terra dei morti, quale non pu6 cessare di essere, se il fascismo non cade molto presto, prima di aver fatto a tempo di plasmare nel ~10 stampo di menzo– gna e di servilismo le nuove generazioni. A. C. • • .. · Uiwiste di Iingnn espaiiola Ifenri Barbusse: MESSAGGIO ALLA CONVEN· ZIONE D.ELL'INTERNAuIONALE Mi!..GIS1'RALB AMERICANA. ("La Pliim,,a", •di Montevideo. - n. 14 cli Aprile 1930). Al principio della· seconda quindicina rli febbraio si tenne in Montevideo un congresso di maestri del– le varie p_ar,ti dell'America lat'ina, che si svolse con · un indirizzo audacemente innovatore ed ebbe larga

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