Studi Sociali - anno I - n. 3 - 16 maggio 1930

-6 · ma é cosi. Quanto pili una tirannia é asso:uta, quan– ·to più essa cerca di dirigere tutte le voloÌ1tà degli lI:dividui che compongono le cosidette masse verso un unico scopo, tant~ viù il sentimento individualista di– ,·iene acuto e, deviando, guadagna terreno a scapito del sentimento d'amore per gli altri, a scapito della sol-idarieta. Ricordo che un~ volta parlavo con amici della mia insofferenza d'una disoipl'ina imposta colla forza da~– !'esterno, del bisur,no di. libertà che seutu e che con me sentono tanti altri. Sorrisero gli amici e •mi dis sero con compassione affettuosa: "Hai bisogno di vi veve ancora, hai bisogno di conoscere gli uomini. Non vedi? Guardati intorno e poi ci dirai se sono fatte per vivere libere da ogni catena queste belve che per un pezzo d'i carta monetata sono pronte a sbranardi a vi– cenda, che non pensano che a sé, che vivono in socie– ta so:o perché quegli stessi odiosi interessi, che tu vouresti distruggere in fondo sono un legame che li tiene vicini se non uniti;· e che non si uccidono per– cllé tu'.to l'organismo statale é li pe-r impedirlo, ma che, una volta scomparso quello, s'i getterebbero gli uni sugli altri per strapparrn a vicenda l'ultimo pezzo di pane. Non vedi d1c nel mondo gli individualismi gret ti, sempre in lotta fra loro per la loro stessa natura, guadagnano sempre terreno? Non vedi che se non ci fosse un poter~ che li dominasse, se non ci fosse un'• organizzazione potente che li disponesse in una coor dinazione forzata, sarebbe :a dissoluzione, la rovina? Sogni la libera. cooperazione tra gli uomini proprio quando più acuto é in ciascuno il desiderio di sopraf– fare gli altri, di costringerli a servire esclusi,•amen– te i suoi interes3L Hai bisogno di vivere, figliola. H/l;i bisogno di fa.re ancora molta esperienza". Ebbene, no, mille, volte no. Una rnlta tanto 11 pes– . simismo basato sull'esperienza ha torto. E' appuntu questa paura, questo ricorrere all'oppressione per 11· berars! dal:a vision~ spaventosa degli individua.J!smi scatenati gli un.i contro gl'i altri, che ha portato aò un'esasperazione di quelle tendenze che si tendeva n 'Comprimere, che ha prodotto questo fenomeno mor· boso della liJcietà moderna, che é appunto questo stato di lotta :atente fi'a gli individui, lotta che scoppir parzialmente qua e la dove le catene sono troppo de boli. Se invece le catene non esistessero, se alle esigenze individuali fosse ;asciato pieno campo di svilupparsi nel loro senso naturale, esse non andrebbero, no, come ora, a distruggere ogni sentimento di solidarietà .~01 propri simili. Il bisogno dell'aiuto reciproco, :a pro– fonda coscienza di ci6 che abbia~o di comune cogli altri, riavvici:nerebbe intimamente gl'i esseri cbe ora un',ç>rganizzazione oppressiva, in cni al potere polili– c0 si allea il pQtere economico, divide, sotto le appa– renze d'un ,supQrf~~iale e puramente materiale ac– costam~nto. La costrizione, volendo distruggere i per– sonali~mi a profitto della società, in realtà non fa che dlstrugge;-e l'isti:lio sociale che ognuno cli noi porta in sé. La coesistc.i..1zadeìl'individualita _profondamen– te sentita e della solidarietà cogli altri non é possibi– le se non in regime di liberta. • • Nella li berta, .in una l'iberta sempre pill estesa, na- sceranno gradatamente negli spiriti quei legami reci– proci senza cui una societa non pu6 esistere e che sono tanto più "veri" quanto pi(! sono volontari. I Je– ~ami puramente esteriori, che ora ci sono impmti mantengono in piedi una parvenza di societa che in realta ricorda la selva primitiva in cui g:i esseri uma– ni, ancora semi-bestiali, si strappavano con la violen– ia il cibo, i! fuoco, la femmina, ed ubbidivano pauro– si h que:li di loro che erano piii forti ed avevano in ma.no la fmsta. Lucia I•'ERRARI ·Nel .primo numero di STUDI SOCIALI (16 marzo u. s.), commentando una lettera ivi pubbli cata ,di ,H. ,de.Man, dicevamo che il suo noto libro "Al di la del Marxismo" era stato tra.· dotto in quasi tut~e le liI!,g·ue,compresa la spa· gnuola ed· "esclusa l'italiana". Sbagliavamo; e i •lettori scusino la nosti,a ignoran~a causata dal fatto che tutti o quasi i no~tri rapporti con l 'Ite:lia sono spezz3tti. ·da alcuni anni. Un .ami– co e compa,gno ci avverte da Buenos Aires c'he il libro é stato- pubblica,to anche in Italia col titolo "Il• Superamento, ,del Marxissmo". E' una edizione in. due volumi ,della casa editrice '' Gius.' La.terza e figli•' di Bari. La. traduzione é •di'Alessandro Schiavi. - Ed ecco riparato al nosti,0°errore, BibliotecaGino Bianco STUDI SOCIALI C/?,ivisla delle Riviste IHvisCe di lingua ,-pn;.:-noln César GoM[}J Urruti<t: LA Pii.CE .A.MERlC.A.N1l. - (''Senvb1-c1,1z.<lo", di Concordia, Rep. Argentina. - n. 3 di Gennaio 1930). Prendendo argomento da una polemica tra un gior• nale del Cile e uno dell'Argentina, l'A. che é un insegnante esiliato dalla terra su cui spadroneggia il tiranno Ibafiez, parla delle eventualità di una guena nel Sud Amer1ca, per l'appunto fra l'Argen tina e il Cile. Il A. non sembra che veda troppo imminente un tale pericolo, pero non lo esclude. Per suo conto egli riafferma la sua avversità, che é l'avversita mede– sima di tutti gli anarchie!, alla guerra per qualsia– si pretesto, di offesa o di d'ifesa che essa sia fatta. Poi egli assicura che nel Cile niun elemento coscien– te e sano desidera una guerra. Al contrario! Tut– ti gli uomini idealisti cileni, tutti i lavoratori sfrut– tati, tutti gli oppressi da quella tirannide compre– si i maestri perseguitati ed es'iliati, sono c~ncordi a deprecare una cosi infame eventualità, e non sono in alcun modo ditlposti ad alterare la pace america– na o ad alimentare odi! contro alcun altro popolo americano. Se mai, l'unico pericolo pu6 esserci nel• la dittatura che spadroneggia nel Cile; ma contro di questa, che tirann!zza il paese e lo saccheggia a beneficio della plutocrazia nord-americana anche i cileni fautori di liberta si leverebbero ben volent!e– r'i in armi. Da questo lato, dunque, gli argéiiilni non han– no che da star tranquilli. Pero anche nell'Argentina si deve esser cauti a non gettare legna sul fuoco, prendendo troppo sul serio le spacconate di Ibaiiet. Non s'i deve dimenticare che spesso basta qualche stupido incidente per accendere e scatenare le pas. sioni guerr'iere negli elementi incoscienti. Cosi il linguaggio di qualche giornale argentino sembra al– l'A. imprudente e da deplorarsi. "Non é (egli con– clude) con minaccie esorbitanti, con grida !ncom– po~e, con. eccessi di linguaggio, né con patriottismi campanilistici che si fortifica la pace e si consolida il sentimento internazional'ista tra i popoli. Que– st'opera supe1'iore e sublime é compito ctegli uomini e donne d'America e di tutto il mondo che senz'al– tro desiderio che di ottenere la integrale libertà, so– gnano e lottano per una Umanità migliore". Franc-isco C. Bendice-nte: LA VOR,O E P11TIC.A..– ("La Protesta, Supleonento q·uincen-Cll" di Buenos Ai– res. - n. 322 del 28 febbraio 1930). "Osserva.zioni e conUlderazioni" chiama modesta· mente l'A. le interessanti considerazioni ch'egli fa sulle differenze e rapporti tra lavoro e fatica, espo• ste da un punto di vista nettamente anarch'ico, pur restando sul terreno serenamente scientifico. Prim•a d'entrare in argomento, l'A. svolge il con– cetto che non é solo fattore d'ev<1luzione lo stretta– mente neceruario alla vita vegetativa. Ci6 che ani– ma il progresso e contribuisce al perfezionamento della societa é tutta la vita integrale dell'uomo, che é composto della parte vegetativa e di quella cosi– detta psichica. Materia e spirito hanno una parte egualmente import.iute, per quanto il secondo non sia in fondo che una energia delle prima. Nou si tratta quindi di d'isprezzare la prima, al contrario, ma di tenere In altrettanto alta considerazione il secondo. Da questo punto di vista I' A. giunge ad affermare cl1e se il lavoro é salutare, la fatica non é che un avvelenamento della ma.terla. Il lavoro salutare é ci6 che distingue, fin dalla pre'istoria, l'uomo dai suoi antecessori nella scala zoologica. Fin dai primi tempi, per6, l'uomo non dispose delle sue mani so– lo per nutrirsi, ma anche per dedicarle alla sua vi– ta. art'istica in :rapporto ai suoi tempi. Lo storico ha comltatato ci6 nello studio dell'evoluzione umana dalla preistoria in poi. In realta l'uomo ha cerca– to sempre nel lavoro non solo il pane ma la feli– cita, a costo di molti sforzi e molto sudore. L'attivita é una funzione necessaria dell'uomo, che l'uomo sano rivolge a scop'l di utilità, di salute e cli bellezza. Troppo lungo sarebbe seguire I'A. nella sua trattazione, in cui cita a propositi' 10, opinioni di Leopardi, Mac Culloch ed ancne lte1 nostro Pietro Go1'i. La uua conclusione é che il lavoro dal punto di vista fis'iologico é un esercizio salutare alla vita fisica; dal punto di vista economico risponde a una necessita individuale e sociale, e significa un bene. come significa l'ibertà quando il lavoro é effettuato liberamente da uomini che né direttamente né indi rettamente siano degli schiavi. Il lavoro per6 pu6 essere ridotto a una vera tor tura pel genere umano come é stato purtroppo fin– qui, quando lo si fa in modo antigienico e dannoso alla salute; e allora é una \nfermita. Pu6 essere ab· brutimento quando la pratica mecanizzata atrofiz– za nell'·operaio l'intelligenza e ne annulla la capaci• ta creativa, togliendo ogni piacere al lavoro, come avviene col sistema industriale attuale sulla base del salariato. E' schiavitu, quando il salar'io é l'uni– co movente ctel lavoro, in quanto il lavoratrore non fa che vendere le sue ore di li)Jerta per avere del pane. La mancanza dell'unita d'interessi tra l'indi– viduo e la soci,;ta, come ora é organizzata, crea il lavoro inutile e nocivo. Ma il Ja,voro pu6 essere nocivo anche per essere ecceesivo; allora diventa 11 fatiC'8.". L'A. cita gli stu– di sulla fatica del Mosso e dell'Houssay, ed enume· ra i mali che essa Produce per gli squilibri che por– ta nell'organismo. Oltre ai nmnerosi danni fis'lci, la fatica ne ha anche di morali e intellettuali in sen• so negativo: cioè scarso svilu_ppo dell'inte)llgenza, e via più aperta all'alcoolismo, alla debolezza ciel ca– rattere, alla litigiosità, alla crimjnalita. L' A. conclude esponendo la concezione del lavoro libero, cioé della liberazione umana per mezzo del lavoro emancipato da tutte le forme di oppressio– ne e di sfruttamento. Isaac Puente: LA PIAGA SOClilLE DELLA TU· BERCOLOSI. - ("Es;tttdiop" di Valenc!a. - n. 78 di febbraio 1930). Malgrado tutti gli sforzi fa.tti per arrestare i pro– gressi della tubercolosi, della "peste bianca" come la chiama I' A., purtroppo da venti anni in qua il triule problema si é fatto molto più grande. Il dott. Verdes Montenegro per Madrid ed il dott. Lumie– re per L'ione dicevano ultimamente in intervi– ste che nelle due citt1i. la mortalita per tubercolosi é in constante aumento. Non soltanto l'ambiente contribuisce a diffondere la tubercolosi, ma anche l'alcoolismo e la eccessiva fatica. La tubercolosi si estende anche nelle campa– gne, malgr'ado l'atmosfera più pura e l'alimentazio ne più sana. Gli é che i fattori della diffusione della tu·bercolosi sono in stretto rapporto con l'organizza– zione sociale attuale che tende a favorirne lo svilup– po. Pure vi sono delle misure da osservare per evita– re il diffondersi della malattia, senza contare la vac– cinazione secondo Calmette-Guerin che sembra sia efficace solo nei neonati. Secondo I' A. le misure più efficaci contro la dif– fusione del morbo sono: 1: persuadere gli stessi m'alati a prendere essi stessi le precauzioni per non infettare i figli e congiunti; anzi tutto persuaderli a non generare figli che certo ered'iterebber 0 la loro malattia. 2: salvaguardare i fanciulli nella scuola, ove il contagio é più probabile; per esempio un mae– stro tubercoloso é un grave pericolo per gli allievi, e gli allievi tubercolosi non dovrebbero eelsere me– scolati ai sani, e le scuole devono essere ampie e di sufficiente ventilazione. 3: curare che gli organi– smi siano mantenuti in condizioni fisiologiche tali da renderli refrattarli alla invasione del germe; e ci6 con una. alimentazione app,:opriata che contenga sostanze minerali assimilabili e mantrJ1ga l'equili– brio acido-basico degli umori; e con ci6 la igiene respiratoria e i bagni di !Iole. Per coloro che sono gia malati i mezzi profilat– tici debbono essere energici, e non limitarsi all'e– steriorità. Assicurare una buona alimentazione, un alloggio sano, e dare una istruz"ione profilattica; smettere !'mb dell'alcool, evitare specie nel lavoro locali oscuri e privi di aria. Ma non si deve, per ec· cesso di precauzione, arrivare ad er.hgeJ·a.zioni che diventano inumane a danno di tubercolotic'j, come una specie di boicottaggi-o isolatore ed affamatore de gli ammalati, che condanna questi all'aggrava– mento e alla morte, col negar loro il diritto alla vita. E' bene tener presente cl1e il contagio tubercolo– tico tra adulti é molto problematico. Non bisogna quindi lasciarsi influenzare dalla. paura fino a dive– nire barbari coi malati. Che il contagio fra ad\1lti é molto raro lo dimostra il fatto che fra con!u_gi difficilmente si infettano. Non é tanto per'icoloso il vivere a contatto di tubercolotici, quanto l'abitare in un alloggio mefitico o lavorare in una officina asfissiante o in una fabbrica che obbl!on. a respira– re Ja polvere, eppure il fare un lavoro malsano. Jean <le la R.a,née: EDIFW.A.ZIONE SOCIALISTA O CAPITALISTA IN! RUSSIAf ("La Continenta! Obre,·a", di Buenos Aires. - n. 6 di Febbraio 1930). Si é ratta in questi ultimi tempi una grande cam– pagna di propaganda comunista, per dimostrare che in Russ'ia si lavora all'edificazione del socialismo: il plano dei cinque anni, l'industrializzazione , del· l'agricoltura, la socializzazione della tena, la pro– duzione sovietica di grano e! altri simili ne sono stati gli argomenti. Sopratutto le informazioni co– munielte cl hanno mostrato che il problema agrario é per Io "Stato comunista" il principale. Dalle stesse confessioni dei governanti soviettisti si desume che da! 1917 in poi -la ricostruzione ·in– dustriale soviett\sta ha seguito uno sviluppo del tutto capitalista. Appare, dopo qu.~rJtopv,e_ced~_nti,-, as– sai dubbia l'affermazione sov!ettistii di una solu– zione socialista del problema agr-ario. La .dtampa co– munista cl inonda con un enorme .nwJen!ale _stati– stico per dimostrare la ven!dici ta .delle sue ,;ffe,ma– zioni, ma se si esaminano, esse c'i apyaipno come una dimostrazione che la produzione in Rµssia. é in au– mento, che i mezzi di lavo~azi9n~ nei campi sono più razionali e progrediti, che le terre sono plii col– tivate, ecc. Ma nulla cl viene a di.)"ese il ·lavoro ~ organizzato soc!alisticamente. Eppur~_ questa é la, co– sa più importante da.I punto di v!st~ <ndalista·. Tutte le cifre delle. suddette stat'istiche non dimo· strano nulla del supposto .·soQlalism_p; perché m_Qltis– sime az'iende capitaliste, per esempio del Nord Ame– rica, sono in grad,o di offrire datJ statistici identi– ci. Si tratta infatti aQ.che in Rus~la di. sistema di colt\vazione, non di organ,izz.azion~ del lavor<> e di d!fk.r!buz!one dei prodotti. In .realtà non .é la- ~ocla•

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