Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

102. LO STATO MODERNO ti, dicendo che coloro che preconizzavano queste dforme come strumenti per abballere pretesi complessi monopo– listici, arrischiavano, in effetti, di evocare un male assai più terribile e reale di quello che essi andavano oppu– gnando. E questo perchè le nazionalizzazioni di questo o di quel settore dell'allività economica nazionale avrebbero fallo sorgere monopoli pubblici massicci, provvisti di una burocrazia tanto imperiosa quanto irresponsabile. Le vi– cissitudini dei « èharbonnages de France> nel 1948 con– sentono una chiosa e una eslensio,ne a quelle previsioni e a quelle prospettive. Va, tullavia, premesso che le agitazioni dei minatori del carbone in Francia durante il 1948 e soprallullo al– l'epoca dello sciopero famoso, non possono essere giu– dicate esclusivamente da un punto di vista sindacale, perchè in realtà i loro motivi sono stati esse~zialmente di carattere politico. A questo proposito il discorso che ba pronunziato all'Assemblea nazionale francese il Ministro degli interni Jule, Moch il 16 novembre 1948 ha offerto più di un lume e più di unir dimostrazione, e non sta cer– tamente a noi imbarcarci in una polemica. la'terale per accertare fino a qual punto il complimento di < boia del– la classe operaia>, che i comunisti ora rivolgono al so– cìal-democratico llfoch, abbia o non abbia una qualunque motivazione. · Evidentemente gli agitatori della C.G.T. si sono falli leva del malcontento esistente nelle file dei minatori, non tanto per le difficoltà derivanti dall'ancora insufficiente adeguamento delle retribuzioni salariali alla svalutazione subìt1:1 dal franco rispetto all'anteguerra, quanto dalla mancata realizzazione di certe promesse miracolistiche che erano state loro falle in passalo, quando la C.G.T. aveva un peso assai maggiore nel Governo e nella cosa pubbli– ca francesi. Secondo quanto ricorda nei Cahiers du Com– munisme del dicembre 1948 Auguste Lecoeur, uno dei dirigenti della organizzazione francese dei minatori, il programma di rivendicazioni dei minatori che era stato allora ventilato poteva considerarsi sintetizzato in un passo di un discorso eia lui pronunciato il 12 febbraio 1946 a Montceau !es Mines: e E' una necessità rivalutare la professione del minatore e rimellerla in onore. Per l'avvenire della corporazione mineraria, per l'avvenire economico del paese bisogna fare della professione del minatore una professione privilegiata: è un buon investi– mento per la nazione>. Tralasciando di entrare nel merito di queste aspira– zioni, non possiamo non osservare che questa insistenza di una categorìa professionale per ~sse-re considerata pri– vilegiata, si inquadra in quello schema di creazioni «feu– dali> che sta forse inconsapevolmente alla base di ogni pretesa di nazionalizzazione. Ma il punto sul quale inten– devamo fissare la nostra attenzione è un altro: riguarda cioè il fatto che l'agitazione dei minatori si è trovata di fronte ad ostacoli assai maggiori cli quanto non si im– maginassero; e in conseguenza della nazionalizzazione la controparte dell'industria mineraria del carbone è appar– sa decisa e compatta, senza possibilità di infiltrazioni o di vittorie locali. Cioè per la prima volta i minatori fran– cesi del carbone si sono effellivamenle trovali di fronte a un monopolio statale, con un ministro dell'interno come il Moch deciso ad ogni costo a difendere assieme alle pre– rogative dell'industria quelle dello Stato. Ed è cosi che la nazionalizzazi'one comincia a essere considerala come un elemento negativo da parte dei comu– nisti francesi, anche se per cavarsela e per essere in regola con il loro programma estremista giustificano que5lo ele– mento negativo definendo e false> le nazionalizzazioni realizzate in Francia. Naturalmente sarebbe assai diffi– cile far comprendere ai comunisti francesi, ma forse non ciel lutto difficile agli operai francesi, che anche se un governo com un isla avesse nazionalizzato lutti i settori della vita francese, e quindi dal loro punto di vista le nazionalizzazioni fossero e vere>, non diverso da quello adottalo nella circostanza dello sciopero famoso sarebbe. l'atteggiamento dello Stato, tanto è vero che nell'Unione sovietica e nei paesi dell'Europa orientale che si stanno gradualmente adeguando a quel modello, lo sciopero è proibito, e un rigido regime di polizia garantisce la di– sciplina dei lavoratori delle varie industrie. Tuttavia va preso allo che i comunisti francesi sono ormai partiti decisamente in lotta contro il e capitalismo monopolista cli Stato >, ciò che .;,uol dire che essi sono costretti a rivedere le loro posizioni per quanto riguarda certi postulali di democrazia cosidetta progressiva. Infatti le nazionalizzazioni dei cosidetti grandi complessi mono– polistici venivano considerate qualche anno fa, in Fran– cia e in Italia, come riforme necessarie per la realizza– zione cli sistemi democratici, per adeguare cioè alla si– tuazione reale dei paesi del mondo occidentale i postulati collettivistici e rivoluzionari del bolscevismo russo. Na– turalmente vi era una certa confusione di intenti e di sot– tintesi al rigua1·do: mentre i comunisti non potevano non considerare riforme del genere ,che come passi /Verso la collettivizzazione integrale, quegli elementi politici. orien– tati un po' meno a sinistra sui quali facevano leva per attuarle, le ritenevano invece punii cli arrivo. Ma è inutile ritornare su una polemica che i falli stessi si sono, con la loro proverbiale eloquenza, incaricali di chiarire. Resterebbe da constatare che ora, come si fa presso i già citati « Cahiers du communisme > per la penna di Auguste Lecoeur, i comunisti si richiamano all'insegna– mento di Marx per ricordare che « lo Stato borghese è un comitato di amministrazione degli affari della borghe– sia>, e quindi per sostenere implicitamente che non con– \'iene allargare i poteri dello Stato. Questo perchè essen– do ora la parola d'ordine quella della lotta contro il ca– pitalismo di St~to, più debole è questd capitalismo, più facile dovrebbe riuscire la lolla. E allora potrà sembrare anche aggiornala la citazione che lo stesso scrittore fa di un passo di Lenin, il quale scrisse: e l'imperialismo in particolare - epoca ciel capitale bancario, epoca dei giganteschi monopoli capitalistici, epoca in cui il capita– lismo dei mono poi i si trasforma per via cli crescenza in capitalismo cli monopoli di Stato - dimostra lo straor– dinario affermarsi della « macchina governativa>, la cre– scenza inaudita del suo apparato amministrativo e milita– re, mentre si moltiplicano le repressioni contro il prole– tariato, tanto nei paesi monarchici quanto nei paesi re– pubblicani più liberi>. Ma in questo modo, rinfrescate queste che essi considerano verità sacrosante, non dovreb– bero i comunisti rivedere i programmi che auspicano le nazionalizzazioni parziali, e quindi «false>? Naturalmente la nostra non è che una domanda re– torica, giacché sono persino troppo ovvie le risorse della tattica comunista. Invece resterebbe proprio da chiedersi se le difficoltà delle aziende nazionalizzale e i dispettosi voltafaccia dei dirigenti sindacali nei riguardi di certi postulati, non possono già essere considerati elementi per una revisione di giudizi e di atteggiamenti da parte cli quei lavoratori, al bene dei quaJi avrebbero dov)!tO es– sere dedicate tulle queste belle cose e tulle queste mira– bolanti conquiste. SERGIO DE BALDO

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