Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

.. ,_. LO STATO MODERNO 103 L'equivoco del cosiddetto "Patto d'Acciaio'' Tra qualche settimana, saran trascorsi dieci anni da quel Convegno di Milano ira von Ribbentrop e Ciano {6-7 maggio 1939), che segnò, come si suol dire, una svol– ta decisiva nella storia del nostro paese, della sua indi– pendenza nazionale e della concordia civile. I non più giovanissimi ricorderanno certamente quel– le giornale, come io me le ricordo, perchè esse avverti– rono anche che una certa coscienza nazionale, ancora non chiara forse e certo non sicura, si stava risvegliando in molti ambienti, specie in quelli della cosiddetta bor– ghesia intellettuale. Eran giornate di sole: dalla mia fi– nestra vedevo sfilare per Corso Venezia le nere e lucide automobili del corteo ufficiale, e passare pigri gruppi di operai, con cartelli e bandiere, che si recavano a mani– festare e spontaneamente>, sotto le finestre di Palazzo Marino. In reallà la e dimostrazione> comandata dal se– gretario federale di Milano riusci così modesta e fredda. che quest'ultimo si sentì in dovere di avvertire I\Iussolini dello stato dell'opinione pubblica della metropoli lom– barda nei confronti della Germania. 11 duce montò su tutte le furie - anche perchè la stampa francese aveva diffuso l'esagerala notizia di disordini a Milano -; e telefonò a Ciano di proporre a R'bbentrop un'alleanza tra i due paesi. La telefonata del capo raggiunse Ciano al «Continentale>, subito dopo il pranzo. Il ministro fece del suo meglio per eseguire l'ordine. Nel suo < dia– rio> annota: e Ribbentrop, che nel fondo del cuore ha sempre mirato all'inclus'one del Giappone nel patto, ha dapprima nicchialo (sic!) ma poi ha finito col cedere, con la riserva rie/l'approvazione di I-/iller. Il quale, tele– fonicamente intPrpellato. lrn dato la sua immediata ap– provazione ... >. E così l'Italia si poneva con tutte le sue risorse al servizio dell'imminente aggressione tedesca! Ma il tragico è che, come vedremo, Mussolini inten– deva a sua volla di « servirsi > dell'alleato germanico per i suoi sogni espansionisti, e che perciò l'alleanza italo– germanica nasceva sulla base di un fatale equivoco. Il negoziato che condusse alla conclusione del cosid– detto e Patto d'acciaio >, risale ad una iniziativa degli ambienti miUari. .. giapponesi del 1937. Mussolini e Ciano rifiutarono ripetutamente le offerte di Hitler e di Rib– bentrop per un'alleanza a due. Fino agli inizi del 1939 la diplomazia italiana accarezzò, sì, l'idea di concludere un patto con la Germania, ma limitatamente alla < con– sultazione e reciproco rispetto >, onde servirsene come strumento di pressione per una concordata definizione di rapporti sia con la Gran Bretagna che con la Francia. A questo punto anche gli errori della diplomazia franco– inglese assumono il loro rilievo (soprattullo di quella francese; basti pensare al tentativo di riavvicinamento con la Grrmania agli inizi del 1939). Mussolini fini pri– gioniero di quella politica d'isolamento, che egli stesso aveva fa,·orito credendo di poter così assumere il ruolo di arbitro del mondo. E, com'è fatale in questi casi, l'iso– lamento dive""e Pn'o~sessione nn c11i potè uscire soltanto gettandosi nelle braccia di chi stava alterando, anche a danno dell' llalia, l'equilibrio europeo. . Situazioni e processi, comunque, di fori~ interesse storico-politico. Ed è grande ventura che oggi si possa por mano, proprio in Italia, ad una delle più complete ed accurate ricostruzioni che in questo campo siano state sinora tentate ('): essa è stata condotta non solo stùla base di tulle le fonti documentarie e memorialistiche fi– nora apparse, (e buona parte note soltanto a pochi ini– ziati) ma anche su documenti inediti del nostro Archivio del Ministero "degli Esteri. (•) MARIO TosCANO: Le origini dtl Pqlto d'arciafo. Flren:te, San• aonl, Biblioteca della Rivlsltt dl Studi Pollticl Internazlonall, 1048, pp. 208; L. 800. Come si sa, il patto italo-tedesco sottosçritto a Ber– lino da Ciano e von Ribbentrop il 22 maggio 1939, con– teneva all'art. 3 un preciso impegno di assistenza militare reciproca: è Se dovesse accadere - cito testualmente - che una di esse (Parti) venisse ad essere impegnala in complicazioni belliche con un'allra o con altre potenze, l'altra parie conlraenle si porrà immediatamente con"N! alleala al suo fianco e la sosterrà con lui/e le sue forze militari ... >. Il testo era quello stesso proposto, parola per parola, dal Ministro degli Esteri tedesco. Quell'uomo paurosamen– te ingenuo, nonostante le professioni di mach:avellismo, ch'era Ciano, scrisse nel « biario >: e Non ho mai letto un patto simile; è una vera e propria dinamite!>. Ma non s'accorgeva che era una dinamite posta sotto gli in– teressi dell'l!al:a! Pcrchè abbandonare la formula tradi– zionale in tutte le alleanze. un_;i formula levigata da se– coli di esperienza politico-giuridica, che fa derivare l'e– secuzione degli obblighi dal verificarsi del casus foede– ris, cioè dal/ aggressione cli una terza potenza ai danni di 11110 dei contraenti? Con la formula di Rihbentrop l'impegno che l'Italia si assumeva a favore della bellicosa vicina, non aveva li– miti nè di sostanza nè di tempo. Praticamente l'Italia metteva le sue forze a1·mate e J-e sue risorse al servizio della Germania, non solo nel caso che venisse attaccata da altre potenze, ma anche qualora fosse, come poi è av– venuto, la stessa Germania a scatenare la guerra. Lo stes– so ambascia?oi·e Attolicn. nel trasmettere a Roma <111esto testo già predisposto dallo Auswéirliges Ami, aveva segna– lato I opportuni lit di modificarlo in modo da dargli un « carattere difensivo>. Ma Mussolini lo approvò; e cosi, per quella alleanza. che significarn il vassallaggio dell'Ita– lia e che gli stessi giapponesi rifiutarono di accettare, von Ribbentrop si ebbe il collare dell'Annunziata. Senonchè alla base del e casus fo,ederis >, cioè del funzionamento dell'assistenza militare, rimaneva un equi– voco fondamentale. Tra i motivi che avevano indotto Mus– solini a proporre, in forma ancor più grave, quell'allean– za che prima aveva ripetutamente respinta, v'era quello di un periodo di pace di quattro-cinque anni che tanto Ciano quanto Ribhentrop avevano ritenuto ancora neces– sario alla preparazione, prima dello scatenamento della guerra contro le «plutocrazie>. Ma mentre la dif)lomazia fascista considerò sempre questo periodo di quattro-cin– que anni di pace come una condizione dell'alleanza, i tedeschi al contrario non se ne curarono affatto, attenen– dosi al testo del traaato, che non ne faceva inenzione. E fu certo, anche da un punto di vista tecnico, una sin– golare imperizia dei diplomatici fascisti che la dichiara– zione. fatta da Hibbentrop a nome del suo Flihrcr, sulla necessità di un periodo di 4-5 anni di pace, non uemsse /"issala in nessun documento scritto, neppure in una sem- · plice memoria; ma, al contrario, si accettasse per il lesto quella formula < dinamite >. Evidentemente dopo gli < af– fari > dell'Austria, Cecoslovacchia, ecc. il solo a prestar fede alla parola di Hitler doveva essere Mussolini. Se fu, co1ue appare,· cosi, il duce ebbe bert presto a pentirsene. /I giorno dopo la firma del patto d'acciaio, Hitler tenne quella famosa conferenza segreta alle più alte autorità militari del Reich, durante la quale annun– ciò la decisione di attaccare la Polonia, anche a costo di scatenare la guerra con le potenze occidentali. Questa decisione fu naturalmente tenuta nascosta per quasi tre mesi al governo italiano. Soltanto 1'11 agosto essa veniva comunicata da Ribbentrop e poi da Hitler n Ciano, convo– cato a Salisburgo per ascoltare.

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