Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

LO STATO 'MODERNO 93 CRITICA POLITICA E CLASSE OPERAIA Caro Paggi, sono qui per proseguire il discorso iniziato con te, poche sere or sono, su un argomento pieno d'interesse, ed appena abbozz:_ito. Ma è proprio vero che la classe operaia non s'in.teres– sa di critica politica, cioè non si interessa alla lotta po– litica con spirito critico? Oppure è vero il contrario, che la critica politica, intesa nel senso corrente e ufficiale del– la parola, non giunge fino alla classe operaia, che, quindi; non se ne può interessare? O, infine, la discussione non verte piuttosto sul significato che si attribuisce alla criti– ca politica e in genere alla critica come particolare atti– vità o come branca di una cultura? RiconoSC!), caro Paggi, che gli operai non si interes– sano alla critica politica. Conosco gli operai e quando parlo con loro si discute di questo o di quel partito, in modo più o meno rude, ma che tocca sovente il fondo e che, negli elementi più qualificati, riesce a circoscrivere il problema e a darne un •primo giudizio critico. La mia esperienza è quella di un proletariato poco accentralo, la cui vila è meno automatica di quella delle grandi città: forse il proletariato più accentrato delle metropoli indu– striali ha meno spirito critico, non discuto. Ma in genere l'automatismo della vita urbana ammortizza in ogni ceto la capacità critica. E' difficile, penso, che metafisica e storia possano germogliare da un'esperienza limitata al– l'ambii di una grande città industriale. Cosa c'è, cosa rimane qui, in Italia, di critica poli– tica? Un'unica rivista, la tua, in cui si possa discutere liberamente di problemi politici, di programmi, di parti– ti, in cui non si faccia dist'nzione fra collaboratori di destra e collaboratori di sinistra. Questa discussione è, anch'essa, una testimonianza. Ma Staio Moderno non può raggiungere gli operai; nè gli operai sono educati a rivi– ste come Stato Moderno. Le altre riviste di critica politi– ca nate sulla scia della resistenza sono finite una a una, come La Nuova Europa. Ricordo che una volta Monti rammentò riviste storiche, Rivoluzione Liberale, ecc. a proposito di Stato l,foderno. Aveva ragione? Forse si: se sfogliando l'Antologia di Rivoluzione Liberale pubblicata dal Valeri, ci accorgiamo quanto complesso fosse il vollo di quella rivista, quanto art:colata la sua problematica e come la sua critica e la sua polemica abbiano acquistato significato e vigore solo al confronto della dura realtà della storia. Oggi Staio Moderno non si trova nelle eroiche condizioni d'allora; e poi, non ha un. programma e in complesso il suo spirito è più quello di una stoica e in– tellettualistica critica, che non quello di una battaglia po– lemica dettata da una protesta morale profondamente sen– tita. E guarda che quel che dico tocca a tutti noi, a me per primo, almeno in quanto collaboratore di Staio Mo– derno. E forse proprio per questo la rivista non è cercata dagli operai. Jlfo vi sono ragioni generali, di fo~do, per cui critica politica e classe operaia non s'incontrano: il fatto che la stampa è una stampa borghese, che la critica è un'auto– critica borghese: libertà nel limite del liberalismo e non liberalismo rin funzione della libertà; e poi il fatto che l'operaio nella società attuale non è educato alla critica, escluso com'è dalla scuola. Da un ,punto di vista intellet– tuale è ancora allevato nell'analfabetismo. Il liberalismo non ha distrutto le classi-caste in un,a effettiva circou1- zione di éliles, in una selezione individuale abbracciante tutta la società. Così, anche qui, l'individualismo non ha servito l'umanità, ma la borghesia. In queste condizioni la crit:ca dell'operaio, come la sua azione, doveva basarsi su una cultura, su un'esperienza di lavoro, tutta pratica, estremamente realistica, e colpire la critica politica ideo– logiC'a. Agli operai la critica politica,. nella sua accezione borghese, non serve, almeno immediatamente. Non serve perchè essa subisce il limite di un interesse che è antago– nista, anche e proprio sul piano ideologico, ai loro inte– ressi. Sai dirmi, Paggi, cosa ha assorbito dal realismo marxista la critica borghese? Poco o nulla: _al più col Mosca ne ha derivato il concetto di classe politica. Ma in qual senso è stato usato Inie concetto? In senso con– servator·e; direttamente antitetico sia all'illuminismo pri– mitivo della borghesia rivoluzionaria, sia alla critica del– l'economia politica del socialismo operaio. Insomma la critica politica borghese sbanda paurosamente verso il liberismo ma tollera lo scandalo del protezionismo laten– te (non più i De Viti De Marco, i Salvemini), corrode la prassi dei consigli di gestione ma tollera quella dello sciopero fiscale della borghesia capitalista. Clie SUilo c'è, per un intellettuale, il cui spirito cri– tico non subisca alcun limite di classe, a seguire que~ta critica? r:cco un problema che lascio a te. Come vedi, in fondo si tratta, almeno per me, di una questione di linguaggio che, come ogni questione di lin– glla, riporta a un problema più alto e più fondo alJo stesso tempo: cos'è la critica? Sembrerebbe che sia mera filo– logia per chi scrive in una stanza tecnicamente attrez– zata, ma è anche problema di vita pratica, nella sua con– cretezza economica, per il proletario che non possiede gli strumenti nè per giungere alla critica politica n.è per realizzarla. Cosi per la classe operaia la vera critica poli– tica è, oggi, l'azione, la lotta. Per queste ragioni sull'espe– rienza della società capitalistica si è sviluppato il mar– xismo e su quella del movimento operaio il leninismo. Per queste ragioni la critica ·politica della classe operaia si inalvea tutta in questa duplice esperienza. Ricordi, Paggi, 'che uscendo dalla trattoria·, per le straducce del vecchio centro di Milano, confessavi che era finanziariamente impossibile a una rivista come Stato Moderno u~ serio convegno n~zionnle di critica politica, di cui tu senti tuttavia l'esigenza, perchè non ci sono f milioni che pure sarebbero neoessari? Ecco che la critica politica poggia sul capitale o è contro il capitale. Tutium non dalur: a meno che non si ricorra alla trascendenza e a una critica fatta di pregiudiziali teologiche. Non sei d'accordo? ENZO SANTARELU Al prossimo numero, la rlspoata di Mario Paggi.

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