Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

90 LO STAT'O MODERNO per la propaganda - in quanto suscitatrici di sentimenti atti ad attenuare la crudezza della realtà corrispondente alla seconda stra– da - non possono esserci di aiuto per la chiarificazione delle no– stre idee, appunto perchè, durante il processo rivoluzionario g)i e ideali di riscatto > sono molteplici ed in fiera lotta fra loro : per– chè la rivoluzione non è una cittadella, fuori delle cui mura stia– no i nemici; perchè il nuovo ordine ogni rivoluzionario le intende in modo suo particolare e quindi giudica diversamente dagli altri i e casi di emergenza>. La impostazione che tu dai al i,roblema raggiunge una chia– rezza molto maggiore nella ingenua formulazione classistica per la quale i rivoluzionari si distinguerebbero dagli antirivoluzionari per la loro appartenenza alla classe lavoratrice (accettando come rivoluzionari anche i lavoratori non manuali, che facciano proprii gli interessi ed i sentimenti di tale classe), e si attribuisce a que– sta parte della collettività il privilegio di essere « gravida della so– cietà di domani>, come dice I., sicchè i dirigenti rivoluzionari non dovrebbero fare altro che assisterla durante il parto. La tua formulazione è molto più abile, offre molte maggiori possibilità di dire senza impegnarsi troppo, e quindi di coprire la ritirata davanti alla critica; ma, in sostanza, è dello stesso genere. ••• Vediamo un po' meglio questo, esaminando più particolarmen– te alcune tue affermazioni. Tu ripeti che l'esecutivo (anche gli altri - siamo d'accordo - ma quel che a me importa ora è il compito dei dirigenti arrivati al potere) deve battersi « contro chiunque attenti alle conquiste della rivoluzione», non contando il numero dei « controrivoluziona– ri>, qualunque sia la loro provenienza, facciano parte o no della vecchià guardia. Benissimo. Siamo d'accordo. Solo io, 1>ermettere i punti sugli i scrivo: e contro chiunque esso rite,1ga che attenti alle conquiste della rivoluzione>, invece di e contro chiunque attenti alle conqui– ste della rivoluzione>, dato che non sa può concepire un giudice superiore in proposito, quando si sia rinunciato al computo della maggioranza·; e sostituisco la espressione • di coloro che gli sono contrari> alla parola e controrivoluzionari>, per le ragioni già dette. Così io ti vedo ben comodo sulla seggiola della dittatura ri– voluzionaria sulla quale vorrei sedere pure io. Tu dici che non c'è contraddizione fra quello che asserisci nel periodo, sul quale io mi sono ora di nuovo fermato, ed il tuo obbrobrio per una dittatura rivoluzionaria. Per me invece risulta evidente, non appena ci si domandi quali sono < le conquiste della rivoluzione> che giustificherebbero i dirigenti a non rispettare le regole di gioco democratiche nell'interno e fuori del loro partito. Sono necessariamente quelle a cui i dirigenti tengono, mentre so– no combattute dalla maggioranza. Se tu non vedi la contraddizione - ma ti giudico troppo in– telligente per ritenere che tu non la veda sul serio - è perchè pe~sonalizzi la Rivoluzione, presentandola come una unità già de– finita nel suo svolgimento avvenire, quale potranno guardarla re– trospettivamente le future generazioni. Gli storici (o meglio i cat– tivi storici, tioo Oriani) spesso qualificano «deviazioni> le ten– denze che dalla situazione A cercavano di portare .verso C, D, E ..., invece che verso B, dove un moto rivoluzionario, risultante di tutte le forze in contrasto, ha di fatto approdato. Ma nell'atto in cui si compie - ti ripeto quello che ho già scritto a B. - uon c'è la Rivoluzione! Ci sono i rivoluzionari, ognuno dei quali, dal suo particolare punto di vista, ha ragionP., anche se i pumi di vista ~no opposti e la morte degli uni rappresenta la vita degli altri. • * * Io ti ho detto· le ragioni pet' le quali - anche se si volesse - sarebbe praticamente impossibile prepa,are un partito rivoluziona– rio rispettando le regole di gioco democratiche, e. poi far deter– minare con tali regole dallo ~tesso partito la politica che dovreb– bero sèguirc i dirigenti, una volta che avessero raggiunto il potere. A queste ragioni tu non hai replicato altro che riaffermando con maggiore pathos lè •ue aspirazioni di libertà. Ma diamo ora per superate le mie obbiezioni. ,Ammesso che · nel partito rivoluzionario debbano e possano essere rispettate le re– ~ole di gioco democratiche, ammetti sì o no che il partito rivo- luzionario, giunto al potere, dovrebbe imporre la sua dittatura sul resto della popolazione nei limiti e per la durata che per suo co,,to ·reputa necessari? A questa domanda, che è fondamentale {perchè il partito ri– voluzionario potrebbe essere costituito anche di poche persone, e perchè la dittatyra è egualmente repugnante se viene esercitata da dieci o diecimila persone) in tutte le tue pagine non ti decidi a da– re una risposta che soddisfi il mio < spirito geometrico>. A dirti il vero, avrei preferito meno «storicismo> e più chia– rezza. T:i fai una lunga disquisizione sulla rivoluzione russa, nella quale non ti seguo perchè ci porterebbe fuori di strada. Quelle, che io credo di avere appreso sull'argomento dal Rosemberg e dal Trotzki non corrisponde affatto a quel che scrivi, ed una discus– sione in proposito non servirebbe a niente. Proprio per la stessa ragione io mi sono astenuto dall'illustrare il mio pensiero con gli esempi della politica Cavourriana che mi venivano in mente (co– me arrivò a Plombière; come preparò i plebisciti ; come mantenne ristrettissimo il suffragio e come « faceva fare> le elezioni; come < tradì > i moderati che l'avevano portato al potere col « connu– bio>, ecc. ecc.). E l'esempio di Cavour mi sembrava molto più probante in una discussione fra noi, perchè lo conosciarr.o meglio e credo si sia d'accordo nel ritenere che egli avesse i nostri stessi ideali di civiltà. Ma quando vieni al sodo dici e non dici, fra il si ed il no avendo una tendenza a fennarti sempre sul ni. L'unico momento in cui sembra tu dica di sì è quando, n, passant, alla mia richiesta a proposito dei dirigenti: « Dovrebbero farsi esecutori della volontà della m.lggioranza del partito rivolu– zionarìo che li ha portati al potere?> tra parentesi replichi: e Or– rore! E perchè no?>. Ma, subito dopo, ti rimangi la tua afferma– zione, asserendo recisamente che non vuoi alcun «privilegio> nep– pure per la < vecchia guardia>. Caspita! E' o non è un privilegio determinare, come maggioranza ili un partito, la politica della classe governante, ad esclusione della riman~nte parte della popo– lazione? La lunga formulazione che dai di quello che dovrebbe fare il partito rivoluzionario per rispondere alle tue esigenze contiene tan– te belle cose, ma non dice esplicitamente quella che a me più in– teressa. < li partito rivoluzionario - tu scrivi - non deve nutrire ge– loso sospetto verso le forze politiche estranee, anzi deve essere tutto teso ad associarsele, permeandole del proprio ideale e diffon– dendovi le proprie consuetudini di libertà>. E siamo d'accorcio, perchè mi sembra che questo coincida con quel che dicevo io sul dovere dei dirigenti rivoluzionari di far partecipare strati sempre più vasti della popolazione alla vita pubblica, nell'orbita del nuovo Stato (io preciso però che quelle abit11di11i di libertà non possono essere formate nel periodo dì preparazione e di lotta rivoluzionaria). < Questo atteggiamento - tu scrivi poi - ben lungi da essere dominato dall'esclusivismo gerarchico, è preoccupato se>pra tutto da finalità e da pratica rivoluzionarie>. Qui capisco poco, e ti prego di spiegare più chiaro. Per me « essere preoccupato soprattutto da finalità rivoluzionarie> vorrebbe dire essere disposto ad usare tutti i mezzi che si reputano (11011 che sono) necessari al raggiungimen– to l:lel proprio obbiettivo rivoluzionario (no11: dell'obbiettivo rivo– luzionario). Ma per te cosa significa? < Perciò - tu continui - facile sarà stabilire - senza ecces– siva considerazione di marchi di fabbrica - la coincidenza totale e parziale con altre correnti che abbiano distinti quadri, ma eguali metodi e aspirazioni>. Non avendo capito bene il precedente pe– riodo non afferro neppure il legame logico dato da quel «perciò>. Chi dovrà stabilire? Il partito rivoluzionario per suo conto, co– me dico io? Accidenti alle forme impersonali dei verbi! < l\'la, per lo stesso motivo - concludi - (prima e dopo la confluenza eventuale di movimenti identicamente maturi e dovero– samente selezionati) un partito rivoluzionario dovrebbe essere ge– losissimo di mantenere nei propri ranghi la purel7.a cristallina dei suoi verdi anrù, senza mai sacrificare qualità a quantità, e dovreb– be esser pronto a 'reagire con ogni mezzo contro chiunque - qua– lun\jue ne fosse il numero e la funzi-one (anche e soprattutto con– trÒ l'esecutivo) - tentasse apertamente o subdòlamente sostituire la dittatura personale alle abitudini di libertà>. '

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