Lo Stato Moderno - anno VI - n.4-5 - 20 febbraio 1949

STATO ' . ca delle sue funzioni storiche come classe e delle sue responsabilità politiche come éeto dirigente, ha reso più 'consapevole e- profonda n~l socialismo di destra l'intima istanza liberale. Nè sembri paradosso questo ,valore liberale attribuito ai po– stulati democratici. E' pacifico che fra democrazia ~ liberalismo corre differenza, se non opposizione, di principii più che concor– danza d'ideali. Di più: Paccelerarsi del moto democratico tra la fine del secolo XIX e il principio del XX, immettendo i ceti meno elevati nel tumulto della vita pubblica e chiamandoli senza suffi– ciente preparazione ai compiti che quella richiedeva, ha fatto sl che e~si s'inserissero !)elio Stato non come somma d'individui ma come peso di masse prive di un'autonomia di giudizio e di orientamento con effetti, sulla coscienza politica, decisamente antiliberali. Ma dal punto 'di vista istituzionale, nell'indole e nel funzionamento delle strutture che ha posto in essere, la democrazia è venuta a rappre– sentare un'applicazione e uno sviluppo del sistema !iberale. Ecco perchè, intesa la democrazia come democ,-azia politica, fuori degli infingimenti verbali e degli espedienti tattici con cui se ne valgono i partiti aderenti al ComÌllform e che si riassumono nelle formule equivoche di democrazia progressiva e di democ,-azia sociale, de– mocrazia e liberalismo rappresentano oggi un binomio inscindi– hile così sul terreno ideologico come sul terreno pratico. Ora l'indirizzo dei socialismo occidentale, quello che si ricono– sce nel Comisco (l'altro socialismo, intransigente e oltranzista, è una variazione del comunismo, un comunismo non conformista, che dal comunismo si distingue solo per un più iibero apprezzamento della propria condotta e un'attenuazione di metodi e di program– mi nel conseguimento degli obiettivi ultimi), resta caratterizzato dalla preminenza del postulato democratico su ogni altra rivendica– zione e considerazione, cosi da divenire il tema centrale tanto del– la politica interna quanto della politica estera. Da questa premi– nenza discende l'aperta intesa sul piano nazionale con partiti di tendenzialità e finalità diverse, come la Democrazia Cristiana, e ul piano internazionale con poten,;e tipicamente capitalistiche co– me gli Stati Uniti; un'intesa fatalmente vincolativa della propria azione e dei proprii fini. E l'ovvio interrogativo se si tratti di una limitazione e una rinuncia precarie, imposte da una situazione d'e· mergenza, o non piuttosto di una svolta decisiva nella definizione del proprio atteggiawento, non toglie rilievo al fatto che quella preminenza si sia dichiarata. Poichè essa significa sopravvento che l'interesse all'ordinamento dello Stato ha sull'interesse all'organiz– zazione sociale. Ordinamento politico e organizzazione sociale non sono più vi– sti in uno stretto rapporto d'interdipendenza come nella concezione classista che riporta la struttura dello Stato alla struttura della società, con una priorità storica - nell'ordine della successione - e una priorità ideale - nell'ordine della gerarchia dei valori - di questa su quello, ma in un rapporto di distinzione come sostanziale alterità fra i <lue termini che rende possibile la separazione dei ri– spettivi problemi. Tale separazione e la prevalenza accordata al problema politico, correlativamente alla maggior generalità d'inte– ressi che abbraccia (Saragat lo ha lasciato capire senza troppe re– ticenze), implicano l'idea che lo Stato non si trovi rispetto alla classe nel rapporto di mezzo a fine ma riassorba in sè la classe come un morrento inferiore rispetto al proprio, come l'espressione di un contenuto particolaristico quando esso lo è di un contenuto universale. E' il ripudio non solo di una nozione della politica ri– spondente agli schemi dell'economicismo e per la quale essa avreb– be nei rapporti di produzione e di scambio il proprio sostrato, ben– sì pure di una nozione praticistica della politica come valore stru– mentale. La politica non viene più abbassata a f1mzione dell'econo– mia, quale idealtrente rimaneva - e lo rimaneva perchè lo scopo è pur sempre il ·raggiungimento di un certo assetto economico - anche in uno Stato comunista a carattere totalitario come la Russia, dove il dirigismo è portato agli estremi e tutto il ciclo della pro– duzione e del consumo è programmato e controllato sulla base di una pianificazione; quale restava nella stessa concezion~ leninista che riconosce la spontaneità del fattore rivoluzionario r:spetto al– la meccanica sociale che nel particolar~ determinarsi del rapporto rra espropriatori ed espropriati, giunto il capitalismo all'ultima fa– se di sviluppo, dovrebbe provocare la crisi. Nella socialdemocrazia la politica cessa d'essere funzione per venir riconosciuta come sfe– ra autonoma, mondo di valori a sè stanti. Senonchè la differen– iiazione del momento economico dal momento politico, e la su– bordinazione del primo al secondo, non può· fondarsi che sulla ri- MODERNO 83 f • • , duzione della politica a etica; riduzione che nonpertanto nulla ha a vedere con lo S'tato etico, con lo Stato cioè che s'investe di una missione superiore e pretende imporla alla comunità che orga– nizza, trasferendo a sè un assunto improprio perchè l'eticità della storia è opera della storia medesima, procede dalla dialettica del suo divenire, non risiede in questa piuttosto che in quest'altra na– zione, in questo piutto;to che in quest'altro compimento. A una concezione etica della politica si richiama invece, nella sua neutralità politica e culturale, lo Stato agnostico che lungi dal restringere il · suo contenuto a un mandato amministrativo, come cercò di soste– nere la polemica fascista, garantendo un'eguale possibilità di espli– cazione a ciascuno consente a tutte le forze che• la storia porta nel suo grembo di affacciarsi alla luce e fa sì che il progresso della libertà si compia attraverso la libertà, che sia la libertà stes– sa a instaurare quella suprema moralità che in essa si celebra. Ebbeue, questa concezione etica della politica, implicita nelle direttive d'azione della socialdemocrazia - e Saragat, nel suo discorso al Congresso de; P.S.L.I., non ha fatto, con più con– sapevolezza e coraggio, che precisarle - è un tratto caratteristico della mentalità liberale. Nell'atto in cui la socialdemocrazia a quel– la concezione accede e ad essa ispira il proprio programma, il pun– to d'incontro con il liberalismo è raggiunto e il compito ch'essa svolge è un compito liberale. ••• Sorge però il dubbio quanto di socialismo resti nella socialde– mocrazia e se essa non rappresenti così una forza meramente }i... berale destinata a sostituire, nella difesa delle istanze politiche pro– prie al liberalismo, i vecchi partiti liberali che quelle istanze troppo spesso sacrificano agli interessi conservatori di cui sono espressio– ne. Ora è chiaro che in una revisione critica dei proprii orienta– menti e dei proprii postulati qual'è quella che il socialismo subi– sce, delimitando la propria sostanza, attraverso il travaglio socia!-. democratico, il motivo propriamente $Ocialista viene a ~ser subor– dinato al motivo liberale; ma llOn per ciò resta soppresso. Tutto dipende dai termini in cui è concepito il socialismo: se esso sia non solo nei mezzi del1a sua attuazione, necessariamente politici, ma anche nel suo fondo un problema politico: se lo sia cioè in senso istituzio11ale. La risposta contenuta nell'atteggiamento della social– democrazia, in quanto essa ripiega, da questo lato, sulle posizioni liberali, è di fatto negativa. Ma qui appunto è la sua originalità: nell'aver compreso l'universalità delle forme politiche eli.borate dal liberalismo riconoscendole valide anche per una società socialista: quelle forme che sono, sì, un portato della storia borghese, ma che trascendono la vicenda storica di una classe. E' merito della so– cialdemocrazia aver inteso il socialismo come puro contenuto so– ciale. Il socialismo non è un nuovo ordine politico e quindi un nuo– vo tipo di Stato, ma un diverso rapporto tra le classi. La stessa diversità del criterio regolativo nella produzione e distribuzione dei beni è in funzione di questa diversità di rapporto diretta a inverare sul piano economico la conquista giuridica, consacrata nel campo civile, dell'uguaglianza. Appare lecito piuttosto chiedersi come una concezione siffatta possa ac~ordarsi con il marxismo, con il suo concetto della rela– zione tra sottostruth,ra e soprastruttura (4), del dato economico che informa di sè gli ordinamenti giuridici e politici, destinati pertanto a mutare col wutare di quello per rifletterne la diversa sostanza. La risposta è che il socialismo non è tutto Marx:• vi rientra ma non lo esaurisce. Così il principio dell'umwaltzende Pra.ri,r, che pu– re è .la chiave di volta del materialismo dialettico, non ha un rilie– vo specificamente socialista. Il concetto che la vita storica dell'u~ manità reagisce sull'ambiente, al tempo stesso che n'è condiziona– ta, appartiene a una problematica antropologica, se è proprio del– l'antropologia studiare il nesso che intercorre tra l'attività umana e l'ambiente sociale in cui questa si muove; mentre il socialismo come elaborazione dottrinaria appartiene a una problematica so– ciologica in quanto non ha per oggetto ~na fenomenologia dell'uo– mo ma una fenomenologia della società puntualizzata nello studiò di un particolare complesso morfologico. E le sue interferenze con (4) Il legame tra rivoluzione sociale e rivoluzione politica - Intesa quest'ultima non solo come passaggio òel potere da una cla■- se a un'altra, ma altresl come mutamento d'istituii - è ricono– sciuto da Marx anche In modo d.Jretto. Vedt: Krili.tche Randglouen %U d~m Artikel: Der K6nlg von Prcussen und dle Sozlalreform Toa cfnem Preussen - Vorwéirt.t di Parigi, 7-10 agosto 1844.

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