Lo Stato Moderno - anno V - n.15-16 - 5-20 agosto 1948

346 LO STATO MODERNO può permettere l'insegnamento di teorie eterodosse con lu stessa larghezza con cui lo può permettere quando lo stes– so regime si è ormai radicalo nel modo stesso di pensare e ,di sentire di tutto il popolo. li vero liberale non è uno scettico, per il quale tulle le risoluzioni sono egualmente buone o, il che è lo stesso. egualmente cattive. Ha una sua concezione generale rlel mondo, un suo jde_ale di civiltà, che cerca di 1·ealizzare; ed ogni metodo di governo gli appare buono o cattivo a se.conda che, nelle circostanze del momento. gli sembri idoneo o no a tale realizzazione. Questo ci insegna la pratica di lutti coloro che consi– deriamo maestri di liberalismo, cominciando dal Cavour. Il liberale ha una concezione dinamica della vita po– litica; vuolé che ad essa partecipino legalmente anche le forze .che gli sono avverse, perchè sa che solo la critica degli oppositori può rendere manifeste le malattie dell'or– ganismo sociale in tempo per curarle senza crisi catastro– fiche; perchè considera la concorrenza al potere dei di– versi gruppi la.più efficace garanzia contro gli abusi della classe governante; e perchè nel contrasto aperto delle varie ideologie vede uno stimolo ad una vita pubblica sempre più rigogliosa e sincera. Ma dire che ammette la parteci– pazione delle forze avversarie non significa che sia di– sposto a dare ad esse le armi cli cui si sen•irebbero per instaurare un regime opposto al suo ideale. Fare una bel– la strada larga, su.Ila quale i veicoli, eia chiunque condotti, possano muoversi in tutti i sensi senza un orario presta– bilito, e non una strada forrata sui cui binari possano correre solo i treni guidati dal personale autorizzalo, nt!l senso e nel minuto prestabilito, va bene; ma una strada ci vuole pur sempre, e la strada implica l'esistenza di li– miti, oltre i quali sia proibito di andare. Io penso che anche il Mondolfo, se avesse dovuto da– re praticamente attuazione al < diritto di cittadinanza nel– la scuola ad ogni convinzione onesta e sincera>, avrebbe dovuto correggere, con delle reticenze e delle eccezion i, l'assolutezza dei suoi principii. Avrebbe, ad esempio, det– to e non onesto> l'insegnamento ciel maestro sinceramen– te convinto della bontà delle teorie omosessuali del Gicle, e e non sincero> l'insegnamento del maestro che onesla– m-ente avesse voluto presentare la storia del nostro Ri– sorgimento nella luce degli apologisti cattolici del potère temporale dei papi. Dato che un cerio indirizzo deve necessariamente es– sere stabilito all'insegnamento nelle scuole pubbliche, con– sentirebbe forse una maggiore sincerità ai maestri, e sa– rehbe più formativo del carattere dei giovani, il metodo ehe lasciasse libero il maestro di dire dalla cattedra qua– lunque cosa rispondesse alle sue convinzioni (aù es. che Vittorio Emanuele Il'' fu l'iniquo usurpatore dei dirilli del– la Chiesa}, ma lo obbligasse poi a preparare i giovani agli esumi secondo i programmi governativi (nei quali, ad es., Vittorio Emanuele Il" è presentato come re galantuomo,; p:idre della patria}? Basta, mi pare, porre così la questione per riconoscere l'assurdità di rispettare la libertà di coscienza del mae– stro, come la intendeva il Mondolfo. Secondo il Mondolfo i maestri entrando in una scuola , di parte e vendono l'anima>; se non vogliono risehinre l'espulsione devono fingere di avere una convinzione che non hanno. Solo la scuola pubblica potrebbe essere una scuola libera, e quella che al maestro domanda onestà e coscienza nell'adempimento della sua funzione; ma perciò appunto riconosce· di doverne rispettare e lasciare libera la co– scienza. Libera di avere la sua fede o In sua convinzione; libera di sentire incertezze e crisi di orientamento, e ùi mutarsi e volgersi in allrn direzione; libera appunto per– l0hè possa essere sincera ed onesta, convinta cd efficace I per l'anima che infonde viva ed aperta nell'opera sua, e per l'esempio di lealtà e di dirillura che offre all'imita– zione dei discepoli >. Sono belle parole, ma quella libertà, come ho detto, è inconcepibile in quasiasi scuola pubblica. D'altronde a me sembra che la richiesta ai maestri di un cerio conformi– smo non possa essere considerata un.a coazione delle co– scienze, perchè nessuno è obbligalo a fare il maestro se i programmi scolastici non corrispondono alle sue idee. Similmente non è una coazione delle coscienze richiedere la profes~ione di certi sentimenti patriottici a chi vuol fare la carriera militare. Nessun.o richiede all'internazio– nalista di fare l'ipocrita. Gli si chiede di non fare l'uf. ficiale. Perchè il maestro possa insegnare sinceramente, con tutta l'anima, quello che viene richiesto dai program– mi - qualunque essi siano - è sufficiente che, prima di iniziare la carriera, abbia riconosciuto la loro corrispon– denza alle proprie ideologie. Se poi ha una crisi di co– scienza e non crede più alla verità di quello che deve in– segnare, od è cambiato sostanzialmente l'indirizzo della scuola col mutare de111a classe governante, si dimetterà. Se non si dimette è segno che è un'animella poco adatta, in tutti i modi, qualunque fosse la libertà che gli venis– se concessa, ad educare veramente i giovani. La Jiber.tà di coscienza non va presentata come una comoda poltrona Frau. E quanto alla efficacia dell'insegnamento non credo che neanche nelle scuole dei gesuiti i maestri fossero me– no sinceri di quelli nelle scuole pubbliche. Bastava che il meccanismo della selezione fosse tale da portare alla cat– tedra solo coloro che erano convinti della verità dei pro– grammi stabiliti. Nonostante la rigidità della ortodossia richiesta, molti maestri nelle scuole cli gesuiti erano Ji fallo uomini di carattere, capaci di infondere le loro con– vinzioni nei giovani con la sincerità dell'insegnamento. ERNESTO ROSSI La colpa di Voltaire E' quella ben 11ota d; attribuire alle filosofie le colpe della politica. « Filosofia borghese>, « co11serva/rice >, «progressiva>, e via dicendo. A I che si risponde che la filosofia, non conserva e flOn increme11ta che i propri co11cetli, e che solo indirettm11P11le se ne possono derivare co11segue,r:,e politiche; mentre gli accusatori, rifa· cendosi daccapo alla teoria aleoretica dell'errore, e ad. un cerio pragmatismo, ribadisco110 che la filosofia è sempre ideologia rive– latrice di una politica di classe, e via dicendo. Ora la questicne, mi sembra, 11011 si potrà dibattere con cl1ia– re::ca finchè ncm si riprendano i11 11ra110 i termini della distin::io,ie tra metodologia e metafisica. Finchè si mantenga alla filosofia un carattere metafisico, essa sarà sempre tacciabile di c011servatori.Mn o progressismo: una metafisica contime .sempre ele111e11ti di visio– ne religiosa, e perta11to un finalismo irrazio,ralistico, che può gui– dare i11 u11senso o nell'altro la società di una determinata epoca storica. Al co11trario, per una filosofia strettamente intesa come metodologia. Se11011chè direi che appunto la distim:ione deve essere riesa1111· naia, per accertare se sia rigorosa1ne11lepossibile una metodolo_qio senza i11tmsioni metafisiche, come u11~metafisica che non sia on• che suo malgrado una metodologia. Scientificamente la e colpa di Voltaire> deve oggi essere dissolta o risolta con u11a ricerca di questo ge11ere. Altrime11ti si continuerà, nella nostra pubblicistica, a contrapporre Croce a Gra,nsci e Gramsci a Croce, scieglie11do '"" fine secondo la prefere11::adel smtimento. u. s.

RkJQdWJsaXNoZXIy