Lo Stato Moderno - anno V - n.15-16 - 5-20 agosto 1948

,I' LO STATO MODERNO 345 lottaideologica in Italia, della educazione delle masse e delle gio– vani generazioni, perchè non intese le ragioni storiche del fasci– smoe della sua propria sconfitta nell'altro dopoguerra. In queste condizioniil lungo viaggio rappresenta davvero il segno della ri– nascita morale, come riscatto dalla servitù, come lenta conquista della libertà implicita nell'uomo e soffocata in Italia, come autoe– ducazione,come esperienza autonoma e profonda, capace di ope– rare con nuova intelligenza e tenacia nell'esausto ambiente italia– no l'attesa opera di rinnovamento dall'intimo. Zangrandi rappresenta questa intelligenza del momento stori– coda cui potrà nascere il germe del nuovo: ~ Sul piano spirituale, un disastro. La nostra generazione, già per sua naturale ventura, non si era trovata a sbocciare in una di quelle epoche storiche ,portanti>, nelle quali un complesso di idee, di sentimenti o <li situazioni politiche ed economiche in maturazione impronta di sè qualche decennio e costituisce il lievito delle gener:i.zioni giovani, che trovano in ciò il loro scopo ideale e la loro funzione sociale. Noiabbiamo avuto venti anni in una epoca di decadenza, o quanto meno di stasi; in un periodo di trapasso e più ancora di attesa fra due civiltà. li trentennio fra le due guerre è stato, da un punto di vista filosofico e culturale, "" periodo grigio, di sosta, di ri- Scuola liberale e Sul numero del 20 maggio-15 giugno 1948, Stato Moder– no ha pubblicato un breve mio saggio: Liberalismo e Giaco– binismo che avevo ritrovato fra mie vecchie carie scrille nel 1940 a Ventotene. Sempre sullo stesso argomento ho ora trovalo, oltre a queste mie noie sulla scuola dell'agosto 1941, parie di una lunga, vivace polemica che ebbi co11un altro confinato, sempre a Ventotene. /11 questa polemica mi pare risultino ben chiare le diverse posizio11i che si possono assumere nei conf~onti dei problemi pratici du– rante una crisi rivoluzionaria, a seconda che si intenda il liberalismo solo i11senso formale (rispetto di certe 1·c– gole di gioco eguali per lutti i concorrenti nella lolla po– litica), od anche i11senso sostanziale (creazione di u11or– dinamento giuridico-economico che renda possibile lo svi– luppo di un cerio tipo di umanità). La metà delle pagine in cui era trascritta questa polemica è andata distrutta; ma mi riprometto di dare a Stato" Moderno le pagine 1·i– manenti, che, con quelle già pubblicale, possono coslilufre un piccolo contributo alla revisione c1·itica dei conce/li del liberalismo tradizionale. e. r. II Mandolfo (') ha messo chiaramente in rilievo l'equi– voco della formula « libertà della scuola >, che i cattolici continuavano ad adoprare per dare un.'apparenza libe– rale alla loro richiesta che lo Stato sussidiasse le scuole private e desse vflore giuridico ai loro diplomi. Di questa libertà neppure io saprei proprlo che farme– ne. I soldi dei contribuenti non devon servire a sovvenziona– re le scuole dei preti, nè lo Stato può lasciare ai privati la concessione di tiloli scolastici che servono all'abilitazio– ne per le diverse carriere. Ma non sono d'accordo col Mandolfo che contrappone– va alla scuola privata e di parte> la scuola pubblica, « neu– tra ed apel'ta a tulle le correnti >. La scuola pubblica è sempre stata, anche nei regimi più liberali, una scuola di parte, indirizzala a foggiare la mentalità dei ragazzi se– condo la ideologia falla propria dalfa classe governante. Per non essere tale la scuola pubblica dovrebbe limitarsi all'insegnamento delle scienze esatte, delle scienze natu– rali e della metodologia. Dovrebbe escludere tutto l'inse– gnamento umanistico, e specialmente la storia. Se· nella scuola pubblica dovesse avere diritto di citta– dinanza e ogni convinzione onesta e sincera> - come so- (•) RODOLFO MONOOU'O - Libertà della scuola, uame di stato e Problemi di scuola e di cultura - Ed. Cappelli - Bologna, 1922. 1>ensamenti,spesso di involuzioni. Abbiamo vissuto di rendita sulle conquiste citi padri o, più esattamente, dei nonni: il che è :lei resto perfettamente logico, perchè le loro conquiste devono essere ancora portate a conclusione. Ma, in questo senso, la iattura della nostra generazione si aggrava di un particolare nostro, nazio– nale: il fascismo. L'involuzione che la parentesi fascista rappre– senta, rispetto a quello che avrebbe dovuto essere il naturale svi– luppo delle idee-forza e delle idee-guida create e impostate dalle generazioni che ci hanno preceduto, ha bloccato la nostra in una posizione di arresto e direi addirittura di impotenza generativa> (pag. 120). Il libro di Zangradi si interrompe bruscamente: ma il viag– gio dei giovani continua nell'eterno fluire della storia. Un elemento essenziale sulla direzione di questo flusso ci offre la resistenza antifascista: è il passaggio dal liberalismo al socialismo inteso co– me rivoluzione liberale; è il rinnovarsi dell'emancipazione dal cor– porativismo aucien régime, è l'approdo faticoso al classismo, come mezzo per uua sodetà democratica. Più che un lungo viaggio, dunque: un dramma dell'uomo sul teatro del mondo. ENZO SANTARELLI scuola giacobina steneva il llfondolfo - nei primi decenni dopo l'unifica– zione lo Stato italiano avrebbe dovuto pagare i cattolici perchè insegnassero ai ragazzi che Vittorio Emanuele era l'usurpatore degli stati della Chiesa, Garibaldi un filibu– stiere e tulle le istituzioni che ci reggevano opera del ùe– monio, secondo quello che molli di loro in buonissima fede scrivevano nei libri; e dopo il 1900 avrebbe dovuto pagare i socialisti che, presentando tutta la storia moderna come un continuo sfruttamento del proletariato da parte della borghesia, avrebbero suscitato nei ragazzi sentimen– ti di odio di classe, invece che sentimenti di patriottismo. Solo un filosofo con la testa fra le nuvole può sostenere delle teorie assolute, che porterebbero in. pratica a tali assurdi. Siam sempre lì. Chi fa oggetto di tutte le sue ricer– che dei valori assoluti e si abilua a ragionare per < uni– versali> difficilmente riesce poi a capire che nella vita è sempre questione di più o di meno, di limiti posti !n un punto od in un altro. Anche se a parole accetta la im– po;,tazioue relativistica di tutti i problemi pratici, dav:m– ti ai casi particolari vede poi contrapposizione di con– cetti là dove dovrebbe fare solo considerazioni quanti– tative. La classe governante, secondo me, non può fare a meno di richiedere al maestro un minimo di conformi– smo alla ideologia che tiene come suo fondamento spiri– tuale. Ma sarebbe assurdo tran·e da questa constatazione la conseguenza che la politica scolastica di un Calvino equivarrebbe a quella di un Cavour. « La libertà - scriveva il Mondolfo - è condizione di vita per tulle le idee: ma libertà per gli avversari non meno che per se stessi >. Libertà per gli avversari - dico anch'io -; ma vo– lendo rimanere con i piedi per terra, aggiungo: fino ad un cerio punto. Fino al pun lo, cioè, oltre il quale sarebbe troppo pericoloso per il regime liberale stesso. E la lati– tudine in cui può essere ammessa una tale libertà non può essere affermata in astratto, una volta per sempre: va e– saminata in rapporto alle particolari condizioni del mo– mento. Le circostanze possono rendere pericolosissima una politica di tolleranza che in circostanze diverse po– trebbe risultare vantaggiosa, suscitando nuove energie e rendendo più viva la partecipazione dei cittadini all'at– tività dello Staio. Se, ad esempio, un regime deve ancora consolidarsi nelle istituzioni e nei costumi, la classe governante non

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