Lo Stato Moderno - anno V - n.15-16 - 5-20 agosto 1948

- – e .. – a l - a - /i /i , LO STATO MODERNO 347 Il p1ano Fanfani riveduto e peggiorato Scrivo queste note non appena la Camera dei Depu– tali ha terminato, con rapida procedura estiva, l'esame <lei disegno di legge del ministro del Lavoro, Fanfani: < Prov– vedimenti per incrementare l'occupazione operaia agevo– lando la costruzione di case per i lavoratori >. Non può dirsi che questo esame sia stato soddisfacente ed appro– fondito: aiutando lo spirito gregario da un !alo e la cri– tica aprioristica dall'altro, e in molti l'impreparazione e l'improvvisazione, il progetto è staio approvato con quelle - e con altre - modifiche che la commissione parlamen– tare aveva introdotto, alterandone profondamente le linee originarie. Comunque un'analisi obbiettiva può sempre giovare, non fosse altro per fissare sui problemi concreti le responsabilità della classe politica cui spetta operare in 11110 dei momenti più travagliati della vita economica e sociale del nostro paese. Tra le due finalità cbe il progetto si prefiggeva, è appar– sa prevalente nelle intenzioni dell'ideaiore quella di lenire la disoccupazione, anzi di < prevenirla > concentrando < tulle le risorse possibili in un punto nevralgico del si– < stema economico nazionale in modo da ottenere ... un e generale movimento tonificatore favorevole a una ri– e presa produttiva >. Spiacerà forse all'amico Di Fenizio, che non mostra rii credere all'efficacia dell'edilizia come industria-chiave, di vedere che il ministro del Lavoro è partilo da una con– vinzione opposta. Pure cosi è, e in complesso noi profani, C'henon siamo solo spettatori e osservatori dell'esperienza • rconomica, ma attori e pazienti, ci sentiamo più d'accordo ,·ol ministro che con l'economista. < i\la - continua la relazione - con l'intervento bi– • sognava non creare un pericolo nuovo d'inflazione. E « pertanto, scartalo l'immediato diretto e massiccio ri– e corso alle finanze statali, non restava che prendere una < via non facile, quella del risparmio obbligatorio>. Fatte queste premesse, il provvedimento è ordi– nato con una certa complessità. Nel suo schema esso è analogo a quello delle società nate in Inghilterra 170 anni or sono, e a cui fu poi dato il nome di Building Socielies. Un gruppo di aspiranti al\a proprietà della casa mette in comune i propri risparmi, e· costruisce una parte delle case richieste: con sorteggio o con altri metodi, si attribuiscono i primi alloggi costruiti ad alcuni degli aspiranti. i quali diventano cosi debitori degli altri, non favoriti nell'assegnazione, e si impegnano a pagare a rate il loro debito. L'invenzione, nata in alcune le~lc che portavano la parrucca col codino, è utilizzabile ancora. .\le! piano Fanfani i fondi necessari erano forniti - dico erano, percbè la Commissione e la Camera hanno mes– so a soqquadro questa parte del programma - da accan– tonamenti obbligatori di una parte della 13• mensilità, e da contributi graduali dello Stato e dei datori di lavoro. Si stimava che nel settennio previsto per la durata del Piano i lavoratori avrebbero contribuito per 350 miliardi. datori di lavoro e Stato per 17,5 miliardi; in più lo Stato antidpava, salvo conguaglio di interessi e ammortamenti, lOfi miliardi, di cui sessanta a carico del Fondo-lire deJ Piano E.R.P. Cosi nel settennio si irvestivano più di 450 miliardi, nella prevista costruzione di 1.250.000 vani. Gli alloggi costruiti sono ·da sorteggiare fra i lavora– tori, e gli assegnatari pagheranno per 25 anni il canone Pre,isto dal piano di riscatto, dedotto un contributo dello Stato del 3% (e del 4% per gli statali) sul costo previsto di L. 400.000 per vano. Un dipendente da ,ditte private dovrebbe pagare per un alloggio di clue camere, cucina, ba– gno e accessori circa L. 67.000 all'anno oltre le spese di ge– ~lione, che valuterei in 8.000 lire. I lavoratol'i non favoriti dalla sorte al termine del llellennio riavranno gradualmente le somme accantonate con l'interesse del 5%, che per i primi sette anni è ri– tardato al 7° anno. Organismo realizzatore è un comitato presii,duto dal Ministro dei LL.PP . e composto di rappresentanti dei Mi– nisteri del Tesoro, Finanze, Lavoro, Industria, dell'Isti– tuto Nazionale Assicurazioni, di cinque rappresentanti del laYoratori, e di due dei datori di lavoro. La raccolta e gestione dei fondi è demandata all'I.N.A.. Gli accantonamenti sono regolati con una casistica complessa, secondo che si tratti di dipendenti dallo Sta– to o da ditte private, di impiegati o di operai, di lavora– tori occupati solo provvisoriamente ecc. Allettamenti par– ticolari sono offerti agli accantonamenti facoltativi. Corrispettivi degli accantonamenti saranno i buoni– casa, che sono titoli nominativi per il settennio, e com– merciabili solo tra gli obbligati all'accantonamento. Essi possono, dall'assegnatario sorteggiato, essere dati a de– con lo del prezzo dell'alloggio. Particolari facilitazioni sono previste per. i lavoratori divenuti invalidi e per i casi di premorienza dell'obbligato. Gli alloggi saranno di quattro tipi e costruiti nei vari Comuni, in proporzione anche dell'ammontare dei buoni in proprietà dei lavoratori residenti nel Comune. Durante il venticinquennio dell'ammortamento, cioè dal 7° al 32° anno, la spesa (decrescenle dai 1G a 2 mi– liardi annui) sarà iscritta nel bilancio ordinario dello Sta– to. Le costruzioni saranno eseguile dall'I.N.A., dall'I.N. C.I.S., dagli Istituti per le Case popolari, o da altri enti che il Comitato riterrà idonei. I sacrifici richiesti ai 4 milioni circa di lavoratori occupati, e a cui corrispondono equivalenti sacrifici della collettività attraverso gli aiuti dell'Erario, sono chiesti anche per diminuire ai lavoratori stessi il rischio della disoccupazione e dar lavoro a parie dei loro colleghi di– soccupati; la Repubblica - cosi conclude la relazione - può richiedere ai cittadini, secondo l'art. 2 deJJa Costitu– zione, l'adempimento dei < doveri inderogabili di solida– rietà economica e sociale>. .Il piano F:mfani era nel suo insieme lastricato pi buone intenzioni (ma le buone intenzioni non bastano); ed era forse il primo provvedimento, dal 1945 in poi, che apparisse sgombro da preconcetti demagogici. Quando ricordiamo che oggi i lavoratori salariati so– no giunti a farsi attribuire sul recidilo nazionale, ridotto al 76% del 1938, una quota sufficiente a toccare un reddi– to individuali: medio del 106% <lei 1938 (deprimendo così, fino al 6C%, il reddito degli altri 15 milioni di popolazio– ne attiva), non può non riconoscersi giusta l'imposizione ad essi di un risparmio obblig~torio. E qui si può subito fare un appunto circa la non equità di imporre un uguale o maggiore sacrificio ai lavoratori della mente, che sono ben lontani dall'aver raggiunto coi loro stipendi il livello toc– cato dai lavoratori del braccio. Il secondo punto per cui il <Piano> meritava appro– vazione è la spinta che vuol dare all'autoproprieti1. ossia alla attuazione del principio: < la casa sia di chi l'abita >. Principio santissimo, bandito su queste colonne fino dal '46, e a cui nessuno, neppure fra i più accesi sostenitori del regime capitalistico storico (cioè arretrato) oserà op– porsi, e dal quale possono derivare .i più benefici effetti sulla stabilità dell'assetto sociale. Era facile però prevedere che il e pian.o > sarebbe sta– to avversato o modificato sopratutto in questi due prin– cipi; infatti gli emendamenti introdotti hanno per pri– ma cosa - indulgendo all'andazzo di moda - escluso il rilevante prelievo sulla 13• mensilità, e hanno ridotto la quota di risparmio obbligato dei lavoratori, aumentando il contributo dello Stato - con riflesso sulla pressione trìbutaria - e degli imprenditori ~ con riflesso sui prez-

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