Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

LO STATQ MO:OERNO 153 ; gono le prime basi alla sua unificazione di domani ed intanto ad una sua, parziale ripresa di iniziativa. Non esiste esempio di UTI'I comunità di nazioni che sia sorta per libero iniziale consenso dei partecipanti.• La pressione di una guerra, di una rivoluzion~. d: un fattore coercitivo estraneo, la convinzione derivante dalla paura, hanno creato sempre le condizioni e lo stimolo iniziale. Lo spirito di famiglia, il consenso, il provato interesse vengono poi. I processi di formazione delle comunità: americana, sovietica, bri– tannica lo insegnano. L'Europa non aveva fin'ora trovato nè lo spirito nè le condi– zioni necessarie ad un simile rinnovamento di struttura. Solo la concorde volontà delle tre grandi potenze supernazionali vittoriose avrebbe potuto, al termine di questa guerra, farle superare senza resistenza le abitudini di un millenario frazionamento, La loro discordia ha provocato invece inizialmente l'effetto opposto so– vrapponendo alle divisioni nazionalistiche eS1stenti una profonda spartizione fisica e ideologica in due distinte aree di influenza. Ma proprio con l'aggravarsi di quella discordia, il processo di disinte– grazione europea si è rovesciato risolvendosi nella organizzazione interna di una « piccola Europa orientale> e di una « piccola Eu– ropa occidentale>, oggi gelosamente separate, ma destinate, prima o poi, a riallacciarsi per una incancellabile affinità naturale, per una abitudine e necessità di integrazione culturale, politica, eco– nomica, infinitamente più forti di un artificiale confine. Esaminiamo ora obiettivamente cosa sta succedendo al di quà, e al di là della linea di demarcazione che corre fra Stettino e Trieste. Piano Molotov e Piano Marshall , Il processo di raggruppamento internazionale che procede a grandi passi nell'Europa occidentale sotto l'impulso del Piano Mar– shall, trova il suo riscontro in Europa orientale sotto l'impulso del Piano Molotov. li consolidamento orientale ha preceduto più rapidamente e decisamente perchè attivato da una potenza effetti– vamente dominante e facilitato dalla imposta prevalenza di un partito unico. Comunque, sotto l'aspetto tecnico della creazione di un primo consorzio di nazioni nell'area d'Europa più soggetta a permanenti perturbazioni nazionalistiche, il risultato è stato po– sitivo. Non sarà inutile elencare ,per ordine cronologico di nascita l'in– calzante seguito di trattati bilaterali che, senza soluzione di conti– nuità, uniscono oggi le sette nazioni della riserva orientale e ne collegano il complesso alla Russia : 1 2 Dicembre 1943: Trattato fra Cecoslovacchia e Russia I I Aprile 1945: > » Jugoslavia e Russia 21 Aprile » Polonia e Russia 1915: > 19 Marzo > Cecoslovacchia e Jugoslavia 1946: > 2 Luglio > Albania e Jugoslavia 1946: > ro Marzo » Polonia e Cecoslovacchia 1947: > 27 Novembre » Bulgaria e Jugoslavia 1947: > 8 Dicembre » Ungheria e Jugoslavia 1947: > 16 Dicembre » Bulgaria e Albania 1947: > 19 Dicembre > Jugcslavia e Rumania 1947: > 16 Gennaio » Rumania e Bulgaria 1948: > 4 Gennaio :> P.t,mania e Ungheria 1948: > 4 Febbraio » Rumani .. e Russia 1948: > 18 ~1arzo » Bulgaria e Russ,ia 1948: > Tutti questi trattati sanciscono la integrale collaborazione poli– tica economica, militare degli Stati interessati. Di questi 14 trat– tati 9 collegano fra loro i paesi dell'Europa orientale e 5 stabilisco– no un contatto essenziale fra l'intera riserva orientale e la Rus– sia. Dico contatto essenziale perchè esso riguarda tre paesi che si affacciano sulla frontiera russa e uno che si affaccia sull'Adria– tico come posizione avanzata verso il mondo occidentale. Al fatto compiuto di questa rete di accordi fra nazioni sovrane si aggiunge la prospettiva, annunciata recentemente da pubbliche dichiarazioni del Ministro degli Esteri polacco, di un collegamento economico fra elementi della riserva orientale e la zona tedesca di occupazione russa. Sono sceso a questi particolari per il necessario raffronto con quanto sta succedendo in Europa occidentale. Noi, al di qua della barriera Stettino-Trieste, se sotto altri aspetti guardiamo con profondo turbamento a quanto avviene nella marca dell'est, non abbiamo nulla da ec pire al fatto che le na– zioni, che diremo d'oltre confine, depo gano i loro inveterati an– tagonismi e si sostengano in un ree' oco coordinamento di risorse, e neppure al fatto che esse stringano necessari accordi con la grande potenza continentale verso cui politicamente ed economica– mente sono costrette o si adattano a gravitare. Non abbiamo al– cuna eccezione da fare per la semplice ragione che rivendichiamo a noi la stessa esigenza e lo stesso diritto ad un raggruppamento supernazionale che, dal lato nostro, non è sottomesso ma affian– cato alla grande potenza continentale verso cui a nostra volta gravitiamo. Se mai possiamo stupirci che la tardiva nostra imitazione del– l'esempio fornitoci alla luce del sole dal consorzio orientale desti in quel campo sospetti ed ostilità tanto ingiustificati quanto peri– colosi. Che cosa succede all'ombra del Piano Marshall di tanto più mi– naccioso di quanto è avvenuto all'ombra del Piano Molotov? Francia e Italia hanno firmato un accordo commerciale su vasta economico-militare col patto di Dunquerque. Belgio, Olanda, Lussemburgo hanno unificato le loro economie col patto di unione doganale che va sotto il felice nome di Be– nelux. Sedici nazioni, fra cui l'Italia, stanno difendendo la loro so– pravvivenza economica in una Organizzazione per la Cooperazio– ne Europea, si propongono la creazione di un Organo permanente di coordinamento e prevedono di stipulare con gli Stati Uniti sedici patti bilaterali collegati. A Bruxelles è stato firmato un patto economico e militare a cin– que fra le nazioni del Benelux, Francia e Inghilterra. Un avvicinamento si sta pronunciando fra Grecia e Turchia. I paesi scandinavi stanno discutendo la possibilità di una unione doganale. Franci,a e Italia hanno firmato un accordo commerciale di vasta portata ed un protocollo di unione doganale. Le tre zone di occupazione in Germania occidentale sono in via di integrale unificazione e sono state ammesse a partecipare ai piani ed agli apporti ricostruttivi europei. In realtà è avvenuta una cosa molto semplice: dovendo decidere se perire separatamente p salvarsi congiuntamente, le nazioni del– l'Europa occidentale hanno fatto la seconda scelta. Necessaria pre• messa al successo di questa impresa comune è stata la deliberata riaffermazione britannica di appartenenza alla famiglia europea, logica conseguenza ne è stata la chiamata della Germania occiden– tale a collaborare alla comune ricostruzione non sul piano delle riparazioni forzose, ma su quello del normale ricambio economico. L'intesa occidentale Qualunque riserva si voglia fare sulla finale possibilità della uni– ficazione europea, sta di fatto che il sorgere di questi due sepa– rati consorzi supernazionali sposta intanto il problema della im– possibile saldatura di un frammentario mosaico alla possibile con– giunzione di due grandi unità. Congiunzione possibile semprechè i due consorzi riescano a m'antenere un carattere pacifico ed eco– nomico, e a persuadersene reciprocamente. La intesa fra le nazioni occidentali che hanno formato e for– mano il nerbo pensante e operante dell'Europa, tende, secondo lo spirito ed il metodo di una « terza forza>, al fidente mutuo soste– gno di popoli troppo prostrati per acquistare isolatamente la si– curezza, la prosperità e la indipendenza necessarie al loro sviluppo, troppo maturi e capaci per adattarsi a passare in clientela di chic– chessia. Questa intesa ha carattere pacifico perchè sorge fra elementi che hanno pagato alla guerra un sufficiente tributo di sangue e di miserie, perchè il sistema politico che la governa è la democrazia cioè il meno minaccioso dei regimi, perchè le finalità economiche che stanno alla sua base non possono essere raggiunte che nella conciliazione delle ideologie e nella pace del lavoro. Questa intesa ha carattere economico perchè le condizioni che

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