Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

154 LO STATO MODERNO la rendono necessaria dipendono, al di sopra di ogni contingente motivo, dalla permanente modificazione intervenuta nell'equilibrio del mercato mondiale. E' stato infatti il dislocamento del centro economico del mondo da Londra a New York che ha creato le vere ragioni di una più intima collaborazione europea. Nel siste– ma economico che è oggi un ricordo, l'Inghilterra è stata la più grande esportatrice di manufatti e di capitali e la più grande im– portatrice di materie prime industriali ed alimentari. Attorno a questo suo possente ricambio si imperniava l'equilibrio commer– ciale del mondo, equilibrio fondato sul fatto che il compensato bi– lancio di questa grande partita di dare e avere non ha mai lasciato li mondo a corto del mezzo prevalente di pagamento: la sterlina. Ma l'equilibrio è stato bruscamente rotto dall'impoverimento della Gran Bretagna e dalla ascesa iperbolica della prosperità ameri– cana. Il potere economico dominante è passato cosl nelle mani di un colossale mercato caratterizzato da un grave sbilancio fra im– portazioni ed esportazioni. L'America vende e impresta molto più di quanto compera, il che genera sui mercati dipendenti quella scarsità di dollari che assume l'aspetto e la gravità di un difetto permanente nel ricambio internazionale e che la generosità ameri– cana non potrà permanentemente sanare. Non un disegno politico, ma una ferrea necessità pratica impo– ne dunque queste nuove forme di raggruppamento economico fra le nazioni europee. E' la legge di ricerca della minor resistenza che entra in gioco portando le valute deboli ad evitare il con– fronto con le valute forti, i mercati deboli a coordinarsi su dimen– sioni proporzionate ad un bilanciato rapporto coi mercati forti. La situazione che risulta da questo radicale ed improvviso spo– stamento del centro di gravità di un tradizionale sistema di scambi, non può• essere sanata se non in un radicale processo di riadatta– mento a cui l'Europa è chiamata a contribuire provvedendo ai casi suoi e valendosi di ogni possibile soccorso. Il Segretario di Stato Marshall parlando il 21 Marzo a Los An– geles ha riconosciuto questa verità ed ha rivolto ai suoi concitta– dini un monito egualmente valido per noi. Egli ha detto': « Nel passato le nazioni sono salite a posizioni di comando at– traverso un graduale processo che si è normalmente misurato in secoli. Noi in questo paese non abbiamo avuto una simile oppor– tunità. In una sola decade gli Stati Uniti sono stati proiettati in una posizione che implica responsabilità più grandi, forse, di quelle 'toccate a qualsiasi paese nella storia moderna. Ricchi e potenti come siamo noi non possiamo permetterci di disperdere i nostri sforzi ad un grado che li· renderebbe inefficienti >. «Noi non possia– mo J>iÙ contare sugli aJtri per portare il peso iniziale della salva– gtiardia della nostra civiltà. Essi potranno dividere con noi questo peso, ma ora la responsabilità principale è chiaramente nostra>. Consapevole di questa responsabilità, l'America si prepara, non senza esitazione di fronte alla grandezza del sacrificio, ad una gigantesca infusione di materie prime e di strumenti di 1,rodu– zione destinati a rimettere in moto la macchina europea ed a [ar sl che il continente rianimato nelle sue singole unità solidarizzi in un congiunto piano ricostruttivo. Consapevoli per parte nostra del dovere che ci spetta di divi– dere il peso della responsabilità americana, noi vediamo nel Piano Marshall l'incentivo alla unione Europea per l'indipendenza Euro– pea, il mezzo di riassunzione della nostra prosperità per il raggiun– gimento di un più alto livello di esistenza equamente assicurato a tutti i paesi e a tutte le categorie sociali nel quadro ed in difesa di un modo di vivere conforme alla nostra civiltà. Per un ordine nuovo Così, contro tutte le distorsioni che tendono a sfigurarlo, il bloc– co delle nazioni occidentali si manifesta ai giudici di buona fede nel suo carattere economico, pacifico, ricostruttivo, non diretto alla offesa di nessuno, ma alla sopravvivenza nostra ed al bene ge– nerale di quella che dovrà essere l'Europa unita. D'altro canto la rottura delle dighe che hanno tenuto per un quarto di secolo il sistema economico russo praticamente isolato da quello europeo, porta in primo piano un nuovo gigantesco fat– tore. E' certo che la sba influenza potrà trovare sulle vie della « terza alternativa> la sola possibilità di concorrere al riordina. mento ed al progresso economico cui tutti, sempre che si rispetti– no le libere regole di gioco, hanno il dovere e il diritto di parteci– pare per il bene di tutti. Se sotto l'influenza di questo dinamico fattore le nazioni dell'est europeo potranno risollevarsi ad una congiunta prosperità e, in un clima di distensione, avranno domani la possibilità di riavvicinare il loro lavoro a quello delle na– zioni dell'ovest, allora l'Europa, a dispetto di tutto, non tarderà a rioccupare la sua posizione di custode ed animatrice di una civiltà rinnovata sotto l'impulso di due diverse interpretazioni. Del resto le guerre di religione, che hanno· dilaniato in passato il continente, hanno pur esse ceduto allo spirito di tolleranza in cui si è liberato e sviluppato il più grande progresso della no– stra vita intellettuale e materiale. Così nessun ostacolo insupera– bile vieta che questa nuova guerra di religione e di imperialismo ideologico perda gradualmente asprezza e si spenga sotto la spinta liberatrice di una terza alternativa. Riassumendo, io penso che compito della e terza forza>, nei suoi possibili effetti sulla unificazione europea, è di vigilare che il carattere economico e pacifico della e piccola Europa occidentale> non perda ma accentui, resistendo alla pressione delle avversità immediate, la sua lungimirante influenza conciliativa. Compito pa– rallelo è quello di provocare una distensione politica fra i due blocchi che, attenuando sospetti e antagonismi, consenta alla « pic– cola Europa orientale> di riprendere posto nella famiglia ·a cui pur sempre appartiene. Esaurita la lunga distruttiva fase di schermaglie e di ritorsioni, i due stessi grandì protagonisti avranno in definitiva un uguale inte– resse a questa riconciliazione. E' una prospettiva più realistica ed at– tuale di quanto non possa apparire agli scettici ed ai rassegnati che credono esaurite le soluzioni normalizzatrici che la storia, vo– lenti o nolenti gli uomini, getta come ponti di passaggio sulle più profonde crisi del suo svolgimento. Così vedo sul piano intern;zionale la funzione di una « terza forza > la quale facendosi largo fra gli elementi negati.vi di questa tragica congiuntura, colga l'opportunità positiva che tuttora offre e attorno ad essa sollevi gli animi e le volontà verso un energico raddrizzamento di rotta. Una « terza forza> che non si limiti al compito prudenziale di rimuovere le ragioni immediate di urto ar– mato fra due mondi, ma si assuma la creazione di un ordine nuo– vo che rappresenti la stabile componente fra due sistemi politici, economici, sociali ora volti ad espandersi in modo esclusivo da due opposti centri di irradiazione. Oggi il concetto di democrazia è soggetto a due interpretazioni ed a due metodi di realizzazione. L'uno considera l'eguaglianza so– ciale come una conquista in continuo movimento affidata alle for– ze elastiche e compensate della libertà individuale e della varietà politica. L'altro considera l'eguaglianza sociale come una realtà statica, generata e chiusa in schemi rigidamente preordinati, im– posta dall'autorità statale e accettata dalla uniforme sudditanza po– litica. La complessità e le esigenze crescenti della nostra vita pon– gono oggi i diritti dell'individuo e quelli della collettività ad un difficile confronto. Ora, di fronte a questo dilemma, non a caso questa nostra pri– ma espressione di « terza forza> si è realizzata nell'accordo fra correnti socialisticamente e liberalmente originate, sostenitrici tra– dizionali le une della disciplina sociale, affermatrici tradizionali le altre della libertà individuale. Non a caso in testa al _processo de– mocratico di unificazione Europea sta oggi la Gran Bretagna for– te del suo maturo esperimento laburista che la pone socialmente sullà e terza via> in cui si soddisfano, moderandosi e raffor– zandosi reciprocamente, le esigenze della vita libera e della con– vivenza organizzata, i diritti degli individui ed i doveri dello Stato. Liberale di tradizione e uomo di questi tempi, saluto con animo rassicurato questo primo incontro in cui socialismo e liberalismo qui rappresentati nella loro più larga ed indipendente espressione convergono nella difesa di un ideale comune sotto il segno della e terza forza>, per la resurrezione italiana e la riedificazione Eu– ropea. ICOLÒ CARANDINI

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