Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

172 LO S,TATO rMOD·ERNç> i.hdicano•, sia pure timidamente, che un certo riavvio c'è. ·Ma è un riavvio, come ho lasciato intendere prima, che trova un ostacolo nelle elezioni del 18 aprile. Gli operatori economici, almeno fino a un mese fa, non se la sentivano di prendere decisioni, di fare nuovi inve– stimenti, di combinare affari. Ecco ulteriormente spie– gato come l'attendismo preelettorale rappresenti la coda della crisi psicologica che si è avuta a cavallo del– l'anno 1947-1948. !<'attesi più chiare le prospettive elettorali, almeno dal punto di vista della grandissima maggioranza degli operatori economici, si è verificata una certa anticipa– zione nella ripresa. Sta però di fatto che le elezioni, comunque vadano, lasceranno intatti i gravi problemi di fondo che si pongono alla nostra economia. In Italia vi è uno squilibrio tra beni strumentali e popolazione. Squilibrio non solo qualitativo, ma anche qu;mtitativo. La riconversione delle industrie metalmeccaniche dai bisogni di guerra a quelli di pace è stata scarsamente effettuata, ed i costi di questa mancata riconversione finiscono poi con l'essere sopportati dall'intera collet– tività perchè chi paga è poi in definitiva lo Stato. Il quale paga, quando non ne può fare a meno, allargando la circolazione oppure premendo sul mercato finanziario, facendo concorrenza alle aziende sane nella raccolta dello scarso risparmio monetario disponibile. Ec~o qui un altro grosso problema che si dovrà ben risolvere una volta o l'altra: il pareggio del bilancio. Io non dico che questo pareggio possa essere raggiunto nel giro di uno o due anni; ma sarebbe già impor– tante che si desse la sensazione di volerlo raggiun– gere. Il pareggio del bilancio permetterebbe l'ar! resto nell'emissione cli carta moneta e, contemporanea– mente, l'automatica correzione della discutibile distri– buzione dei redditi. Minori timori vi sono per quanto riguarda la bi- lancia dei pagamenti. Il funzionamento dell'E.R.:r,., l'~o già scritto la volta scorsa, permette certamente di guar. dare con un certo ottimismo alla possibilità di pareg. giare le poste passive di questa bilancia. L'E.R.P. ci consente di respirare con un certo sollievo per quattro anni almeno; ma, non vi è dubbio, non dovremo per. dere questo tempo con investimenti, diciamolo pure, antieconomici. Dovremo, cioè, mutare la nostra bilancia dei pagamenti attuale in un'altra che non esiga l'accat. tonaggio sistematico sui mercati altrui. Per fare questo, però, occorre una certa buona volontà anche da parte degli altri mercati, perchè la nostra struttura produt– tiva è sempre stata impostata sulla elaborazione di ma. terie prime straniere e su una vigorosa esportazione. E' d'uopo, quindi, che i mercati stranieri si riaprano ai nostri prodotti finiti. Mille e non più mille: prnbabilmente molti, il 19 aprile, si troveranno in una situazione spirituale non molto diversa da quella di alcuni nostri lontani e tetri progenitori i qu11li, superato l'ultimo giorno dell'anno 999, videro che il primo giorno dell'anno 1000 non era molto dissimile da quello precedente. Vuole essere que– sta una spinta ottim~tica per tutti gli operatori eco– nomici. Il nuovo Governo dovrà. soprattutto riorg;.iniz– zare il tessuto connettivo dello Stato. Fattore strumen– tale per aumentare il reddito nazionale. Ho sentito molto parlare. in questa vigilia elettorale, di « riforme di strut. tura». Spesse volte sono. queste, cortine fumogene che coprono richieste inconsistenti, almeno per quanto ri– guarda un reale accrescimento del reddito nazionale. Solo in base a questo aumento, che vuol anche dire riduzione della pressione fiscale e nrresto dell'inflazione. si può parfare di una più equa distribuzione del red– dito stesso. LIBERO LENTI CHE COSA VUOLE L'AMERICA? L'anno scorso « Foreign Affairs », la pm notevole rivista americana di politica estera, pubblicò un 11ote– vole articolo sulle relazioni russo-americane, a firma X ... L'idea cent1ale ivi espressa era che gli Stati Uniti avrebbero dovuto adottare nei confronti della Russia una politica « di arresto», capace cioè di opporsi ener– gicamente a qualsiasi ulteriore avanzata sovietica nel mondo. Tradotta in una formula non nuova, ma sempre efficace, la politica proposta del signor X ... si potrebbe definire come la politica del « cordone sanitario»: un anello di sicurezza con cui circoscrivere la infezione co– munista fino a che non si spenga naturalmente. Parti– colare molto importante: il signor X... venne in seguito identificato nella persona di George Kennan, direttore - per gli Affari politici del Dipartimento di Stato. A sua volta, sulle colonne del « New York Herald Tribune», Walter Lippmann ha pubblicato una serie di articoli, criticando vivacemente la teoria di Kennan, soprattutto a causa del suo valore negativo (« essa non ha come obbiettivo niente di più sostanziale che la spe– ranza che il regime sovilltico, tra clieci o quindici anni, crollerà o s'addolcirà ...») e del fatto ch'essa intanto la– sciava ai russi l'iniziativa strategica. Quello che invece il Lippmann proponeva era un programma attivo, com– prendente una fase diplomatica ed una fase di prepara– zione militare. La prima consisteva nel costringere la Russia ad evacuare dalle sue truppe l'Europa. La secon– da nell'adozione di mezzi efficienti capaci di « colpire i centri vitali della Russia, per aria o mediante un at– tacco anfibio», nel caso in cui quest'ultima cercasse apertamente o nascostamente di forzare l'equilibrio in– ternazionale. L'importanza di questa conclusione non deve sfug– gire, tanto più oggi che i fatti sembrano aver dato ancora una volta ragione a Lippmann. Nè è meno im– portante che vi sia arrivato proprio il Lippmann, il principe dei giornalisti americani, giustamente famoso per la sua capacità di rendere elementari i più complessi problemi di politica estera, uomo che gode nell'opinione pubblica americana di una influenza non certo inferiore a quella del signor Kennan presso il Dipartimento di Stato. Dicono infatti gli americani che Lippmann scrive di solito quello che poi farà ventiquattr'ore più tardi il Dipartimento di Stato: faceto modo per sussurrare in un orecchio che egli è « informato » dal governo. Egli è dunque l'uomo più qualificato per tracciare una teoria della politica estera americana. Come ogni politica estera, anche quella degli Stati Uniti si com– pone di una parte negativa e di una positiva. La prima, sempre uguale nel fine, consiste nell'insieme dei mezzi per prevenire il raggiungimento di programmi espansio– nistici, nel campo internazionale, da parte di uno Stato

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