Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

158 LO STATO MODERNO versari del piano, per ragioui che non è necessario che io stia qui a chiarire. Ma se gli avversari del piano, tanto per usare un ter– mine generico e non di pertinenza elettorale, hanno commesso que– sto sb:-,glio di impostazione, bisogna che noi se ne avverta tutta la necessità e eh• non ci si lasci incantare ·dagli inviti, come ho pii, sopra detto, a)/a pigrizia. Gli uomini della terza forza hanno pii, volte 'affermato, e a mio modo di vedere con ragione, che era .,..""'n'écessario ed opportuno che il piano Marshall non venisse mono– polizzato dalle destre, tenuto conto del fatto che gli aiuti derivano da tutto il popolo americano e non da particolari formazioni po– litiche. E questa è una impostazione essenzialmente ragionevole, che po– trà avere buoni effetti psicologici, ma sulla quale non è necessa– sario dilungarsi eccessivamente. Invece il problema politico con– creto sorge nella considerazione della utilizzazione degli aiuti e nella nostra dignità nella utilizzazione stessa. Confesso che leggen– do la esposizione del Segretario di Stato americano alla Commis– sione del Senato di politica estera per la illustrazione del piano Marshall, mi sono in un certo modo commosso, perchè mi ha .,c,l– pito l'affermazione, (che del resto si trova ripetuta nel discorso del Presidente Truman e in quelli contenuti in q[!el gioiello di in– dagine di un specifico problema economico che è il rapporto del Comitato Harriman) della essenziale dignità politica e civile dei paesi europei che chiedevano gli aiuti del piano. «Noi abbiam da fare con governi democratici, disse Marshall. Una delle ma!{giori giustificazioni nel chiedere al popolo americano di fare i sacrifici necessari in base a questo programma, è l'interesse vitale che gli Stati Uniti hanno nel contribuire alla preservazione della demo– crazia in Europa. Come governi democratici, essi sono resp msa– bilo, come' lo è il nostro, verso i popoli dei loro paesi. Noi non possiamo aspettarci che nessun governo democratico si assuma ob- CHI SIAMO, CHE A configurare la e terza forza > nella sua inconfondibile accezio– ne italiana - e fissare quindi possibilità e limiti di intese e colla– borazioni - stanno da un lato la sua particolare posizione politica, dall'altro la sua particolare concezione della democrazia. Circa la posizione politica - e qui si prescinde dall'esaminare l'aspetto internazionale - il nome stesso di < terza forza>, in sè criticabile, non deve generare equivoci. Non si tratta di una po– sizione, statica e passiva, di medietà tra due antagonistici blocchi interni, più o meno rispecchianti i blocchi internazionali che dita– cerano il mondo. E non si tratta nemmeno di una limitata funzio– ne di permanente mediazione e conciliazione tra di essi. E' invece una _posizione autonoma, dinamica, polemica, con una sua pecu– liare éd insostituibile e comune ragion d'essere - tenendo p:e– sente che essere in politica significa lottare. E' appunto questo che della < terza forza > consente di delineare abbastanza agevolmente i confini - non certo ristretti al P.R.I., al P.S.L.I. ed alla Unione dei Socialisti, quando tante altre forze non inquadrate in partiti concorrono a formarla - ; e di valuta, ne la consistenza e di tracciarne le direttive di marcia. E' una po– sizione, la nostra, determinata in fatto dalla necessità di con– quistare quella democrazia senza aggettivi, fondata sull'effettivo esercizio delle libertà politiche e sulla concreta attuazione della giustizia sociale (su cui, credo, tutti concordiamo) fronteggiando ad un tempo due avversari che ne impediscono il raggiungimento. Di questi, l'uno è il conservatorismo, il quale forse va al di là del– l'azione e degli interessi classisti della borghesia italiana, per tanti versi cosi arretrata, così parassitaria, così impacciata, quando non assume addirittu1a - e non basta il richiamo alle condizioni del Mezzogiorno - deformazioni manifestatamente reazionarie. L'altro, smentendo in pieno il tradizionale principio e pas d' ennemi a gauche >, è il comunismo negazione sostanziale, per la ·sua ge– nesi bolscevica, di ogni autentica istanza democratica, inciampo ed ostacolo, con i suoi mascheramenti, la sua inerzia e ad un tempo il ·suo pseudo rivoluzionarismo, ad una reale e concreta azione di sinistra. Credo sarebbe sterile - ed è comunque abbastanza ovvio - stabilire la differenziazione ideologica tra la e terza forza> e que- blighi o accetti condizioni che vanno contro il sentimento fonda– mentale del suo popolo. Questo programma domanda la liber., col– laborazione tra le nazioni, ecc. ecc. > Mi pare che questo pass~ sia essenziale per la definizione di una concreta politica italiana nei confronti degli Stati Uniti per quanto riguarda la esecuz,one del programma e per quanto concerne la idoneità del nostro paese a valersi di altre forme di aiuti creditizi americani per la realizza– zione della ricostruzione della nostra economia. 11 riconoscb1ento, come dicevo, della nostra dignità civile e politica comporta speci– fici obblighi da parte nostra. Bisogna, contro la falsa demagogìa Jegli avversari politici del piano e contro la meno scope. ta ten– denza dei ceti conservatori, reagire con la impostazione di un si– curo programma di sviluppo economico, con una definizione pre– cisa di compiti e di mete, senza riguardi per nessuno. Questo l'atteggiamento di terza forza che viene suggerito e con– sigliato da una attenta e meditata considerazione dei lineamenti es– senziali del piano Marshall. E' chiaro che il piano è da noi consi– derato per quello che è, senza esagerazioni nel senso del più e senza drammatizzazioni politiche. Il piano consente un certo respiro, per– mette un certo margine di azione per la soluzione dei nostri proble– mi interni e per la soluzione dei problemi degli altri 16 paesi euro– pei. Ma esso impone necessariamente sforzi e compiti nuovi, com– porta la mobilitazione delle varie energie nazionali, e soprattutto dei non sopiti istinti di collaborazione fra i vari paesi europei. Rap– presenta quindi una premessa politica di prim'ordine, ma costrin– ge anche ad una considerazione attiva dei problemi particolari a ogni paese, giorno per giorno e in modo concreto, con assoluta spregiudicatezza oer le posizioni astratte e precostituite. Obbliga cioè, secondo il nostro modo di vedere, al paziente esercizio. di quella che è la direttiva di giudizio e di azione della terza forza. SILVIO POZZANI COSA VOGLIAMO sti suoi immanenti e pervicaci avversari. Preme assai più met• tere in evidenza la ragione politica del contrasto. Noi concepiamo la democrazia come un divenire, una conquista in corso di realizzazione: come una meta che sta dinnanzi a noi, non già come un risultato raggiunto e consolidato. Sentiamo - per realismo politico e non per romantici residui di antifascismo - che la democrazia è liberazione in atto. Essa è ciò che noi so– cialisti chiamiamo auto-emancipazione della classe operaia, o, se non vi piace questo nostro linguaggio marxista, ciò che il com– pianto Adolfo Omodeo chiamava < libertà liberatrice>. Conservatorismo e comunismo Il conservatorismo italiano concepisce viceversa il problema ita– liano in termini di mera restaurazione. Non è il caso di analizzare qui quanto in esso fermenti di autentico fascismo, di nostalgie fa– sciste, o di velleità clerico-fasciste. Basta notare come esso si esplichi nel senso del ripristino delle prerogative e della mentalità e nel quietismo di una vecchia classe dirigente; nel senso di esclu– sione di una più vasta ed attiva partecipazione popolare; nel senso di accaparramento della compagine statale - e teniamo d'occhio a questo riguardo l'invasione, solo in apparenza novatrice, di quella caratteristica e accomodante classe dirigente democristiana, cui tanto seduce, pii, per mentalità che per interesse, quella funzione conservatrice -. Connessi con questo aspetto politico di invadenza e di ingerenza, stanno gli aspetti sociali: e cioè un'aspra e gene– ralmente cieca difesa di posizioni di privilegio (spesso insieme pa– rassitarie e sperperatrici); la preclusione in un mondo esclusivi– stico, solo preoccupato di conservare il proprio dominio ; la man· canza di ogni effettiva iniziativa; la paurosa carenza di qualsiasi senso di civismo e di solidarietà. La stessa nostra concezione de· mocratica si erige contro questa asociale e antisociale visione dello Stato, concepito contradditoriamente come strumento prezioso sin– chè serve a tutelare una posizione di classe, ma come nemico da cui sottrarsi quando tende a far valere i suoi diritti o a preten· dere i mezzi per esplica,re la propria azione; e come v.acca da mun– gere, se e più che è possibile, con ogni sorta di postulaiitismo,

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