Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

LO STATO MODERNO 157 questo a prescindere dal fatto che l'afflusso degli aiuti, come si viene dimostrando per il nostro paese, costituisce di per se stesso un aiuto potente agli sforzi di stabilizzazione monetaria. Nei confronti di questi problemi particolari e del 1>roblemagene– rale della collaborazione economica europea, un atteggiamento di terza forza non può che dirigersi nel senso della collaborazione a fa– ,·ore del superamento delle posizioni tradizionali, le quali appunto, come l'esperienza dimostra, costituiscono ostacoli decisivi al benesse– re e alla prosperità dei paesi d'Europa. Naturalmente con questo non si vuol dire che, se potessimo supporre che da un momento all'al– tro si realizzasse la assoluta collaborazione economica e politica tra i 16 paesi, tutti i problemi sarebbero risolti e tutto si svolge– rebbe senza difficoltà e senza impacci come in un nuovo paradiso terrestre. Giacchè è chiaro che i problemi fondamentali rimar– rebbero quelli che sono, ma sarebbe spianata la via alla loro so– luzione più rapida, più sciona e meno impervia di sacrifici. Jmportante da un punto di vista politico concreto, rimane l'al– tro ordine di impegni, e cioè quello di far servire gli aiuti del prc– gramma di ricostruzione europea nel senso effettivo della rico– struzione, senza disperdimenti particolari e sezionali, con !a vo– lontà decisa di superare le difficoltà di ordine transitorio; e que– sto appunto perchè è più che mai necessario che alla scadenza del piano, anche se non potremo trovarci nella situazione che vien fatta sperare nei rapporti di Parigi e nei documenti americani di esame del rapporto stesso, non ci si trovi nemmeno nella situa– zione cli disfunzione attuale. Pericoli da evitare lJi passata occorre o~servare che solamente attraverso ;·.~-,;ione nel senso delineato nei vari programmi di ricostruzione, verrà ere.i– la la possibilità per i vari paesi europei di ottenere gli altri finan– ziamenti necessari, diversi, come affermano i documenti americani, dalla semplice concessione di aiuti da parte del Tesoro degli Stati Uniti. Ossia, soltanto se i vari paesi aderenti al 1>iano,e in parti– colare il nostro, mostreranno la possibilità e la volontà di realiz– zare gli obbiettivi di produzione stabiliti nel piano, verrà a de– terminarsi la possibilità di crediti di ricostruzione e di sviluppo da parte della Banca Internazionale, per settori diversi da quelli considerati nel programma di aiuti; potranno essere ottenuti nuo– vi crediti dalla Export lmport Bank, e soprattutto potrà essere attivata in linea normale la corrente degli investimenti privati. E non c'è bisogno di dire che una attivazione di queste tre diverse fonti di credito, è la sola che consente la prospettiva cli un risa– namento delle varie economie, al di fuori del sistema puro e sem– plice della çoncessione di aiuti straordinari. Ma, continuando l'osservazione che abbiamo fatto in precedenza, è il caso di dire che vi è più di un· sintomo che fa pensare al peri– colo che prevalga una certa tendenza nullificatrice degli sforzi del piano; ed è appunto qui che una seria volontà politica di rico– struzione e di ripresa economica e civile, può farsi acconciamente sentire nell'interesse generale. In sostanza si ha l'impressione che negli ambienti più decisamente conservatori, la sistemazione che sembra necessaria alle varie economie in esecuzione agli impegni del programma di ricostruzione europea non sia considerata con eccessiva simpatia. Si preferisce, o si preferirebbe senza dubbio, un semplice afflusso indiscriminato di aiuti, che non sia tale da impegnare un certo programma pubblico di ricostruzione, perchè sembra che ciò comporti lo svilup1>0di fom1e economiche di stam– po non tradizionali, e anche l'impostazione di soluzioni ai pro– blemi particolari in senso affatto nuovo, senza preoccupazioni ec– cessive per gli interessi precostituiti e di carattere sezionale. Anche qui, mi sia consentito rifarmi all'insegnamento di una esperienza ciel passato, e precisamente ali'esperienza della Germa– nia tra il 1924 e il 1930. Tutti rammentano che allora il capitale americano considerò in modo assai favorevole la possibilità di in– vestimenti in Germania, e che notevole, ma disordinato, fu l'af– flusso verso la Germania di capitale americano per gli investimen– ti di varia natura, eia quelli pubblici e semi-pubblici a quelli pri– vati. Quegli investimenti, tuttavia, come è stato poi dimostrato tra il 1930 e il 1931, avevano preso direzioni in buona parte sbagliate: in qu:into nel settore privato furono essenzialmente destinati a esa– gerare gli sviluppi anormali di certe industrie che si erano pure anormalmente gonfiate attraverso il gioco dell'inflazione,/ nel set- tore pubblico, furono destinati alla diffusione di certi agi e di certi confort popolari entro schemi, più che di amministrazione socialistica, di tradizioni essenzialmente paternalistiche. Orbene cl~ quell'ins~amen_to, a prescindere dal fatto c.he esso prova, pc; gh avversari del piano, che un certo flusso straordinario di aiuti creditizi da parte di un certo gruppo di paesi non comporta de– viazioni essenziali degli scambi, né - come purtropp0 la gue .. " ha insegnato - impegni di carattere straordinario nei con– fronti del paese che consente i crediti, deriva una lezione valida anche per noi e della quale gli americani, pur con il loro scrupolo della libera iniziativa privata, sembrano aver tenuto tutto il conto possibile. Questa lezione, riguarda a1ipunto l'opportunità di un certo indirizzo economico essenziale nello sviluppo dei piani di ricostru– zione, con l'intervento dell'autorità politica, al di sopra, per quanto non in contrasto - naturalmente quando ciò è possibile - con gli interessi privati. In sostanza a Parigi i 16 paesi hanno delineato programmi di sviluppo dei rami economici fondamentali; e sono questi program– mi che si devono realizzare attraverso nuovi investimenti, ne11e forme che l'esperienza farà ritenere pi1'1 opportune, senza tener contro degli eventuali ostacoli di natura privata e senza preoccu– parsi se in conseguenza di tali programmi, saranno rafforzate certe tendenze verso le imprese pubbliche o semi-pubbliche, o eventual– mente il contrario. Qui però dov-r"ei fare una osservazione di carattere del tutto personale, che si riallaccia a una notizia di questi giorni nei ri~ guardi di• certe dichiarazioni del Sottosegretario del Dipartimento di Stato americano Lovett. Egli avrebbe dichiarato alla stampa che « l'esecuzione del piano M.arshall dovrebbe comportare l'acce– lerazione della ricostruzione economica dell'Italia meridionale>. Dobbiamo dire che siamo in proposito meno ottimisti; e ci richia– miamo a una impostatlone che abbiamo dato al problema nel nu– mero speciale della Rivista e Negotia > dedicato al piano Marshall, nela quale abbiamo sostenuto che il problema del Mezzogiorno do– veva di preciso essere inserito nel piano Marshall come un caso particolare di ricostruzione delle zone depresse europee. Lo studio che abbi~o avuto occasione di fare sin qui dei do– cumenti italiano, parigino e americano relativi al piano Marshall, non comporta indicazione alcuna circa la ricostituzione delle aree depresse, e in particolare non comporta accenni al problema del nostro Mezzogiorno. Ed è da escludere che l'ammontare degli aiuti genericamente previsti per l'Italia, consenta possibilità a questi ri– guardi. Bisogna però tener conto che la esecuzione del piano, se– condo le indicazioni autorevoli del Segretario di Stato, avrà ca– rattere di estrema flessibilità e sàrà adeguata di quando in quan– do alle cricostanze, lasciando possibilità di scelta e di decisione a quegli che sarà l'ammi11istratore dell'Ente americano che verrà costituito per l'amministrazione degli aiuti. Sarà necessario quindi e sarà opportuno stabilire un preciso programma di rinascita del Mezzogiorno in relazione alla esecuzione del piano Marshall, con la possibilità, appunto prendendo a pretesto le dichiarazioni del Lovett, di ottenere qualchecosa di concreto. Per il resto, il proble– ma particolare della nostra politica economica riguarderà, come abbiamo detto più sopra, la onesta utilizzazione del fondo lire che deriverà dalla cessione delle merci che affluiranno gratuitamente nello schema. del piano. Dignità e responsabilità Abbiamo detto che qui è necessaria la onestà politica; e adesso chiariamo meglio il nostro pensiero, affermando che non bisogna che il piano Marshall sia un incentivo a uria certa pigrizia di at– teggiamenti mentali e politici, e soprattutto un invito alla procra– stinazione, che è un po' un difetto nazionale, a un indefinito rinviò della soluzione dei vari problemi, a cominciare da quello fiscale: senza tacere della necessità di un rinnovamento dell'apparato bu– rocratico, soprattutto in relazione ai compiti economici che ormai incombono con tanta gravità e con tanta responsabilità allo Stato. Deriveranno appunto da un deciso atteggiamento di terza forza la possibilità, o meno, della soluzione di questi problemi e il mante– nimento, essenziale alla nostra vita politica interna e internazio– nale, della nostra linearità di atteggiamenti. Se la buona fede po– litica fosse ancora una moneta spendibile, era in fondo su questa linea che avrebbe dovuto esercitarsi la polemica degli attuali av- i I

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