Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

LO STATO MODERNO 155 Aspetti politici del Piano Marshall Probabilmente l'esortazione cli Ugo Foscolo alle !storie non è presente nell'animo degli italiani. Ma se è rara l'inclinazione alla storia, a noi sembra manchi pure, da parte loro, la facoltà di usare della memoria della loro personale esperienza dei fatti che sono acca– duti, per così dire, sotto i loro occhi. Così, adesso che il piano Mar– shall è al centro delle più animate controversie politiche, pochi sono quelli che ricordano il larvale tentativo di un piano del tipo Mar– shall ventilato nel 1937 dalle democrazie occidentali in favore di quelle che allora si chiamavano le potenze dell'Asse. Vi fu tra il maggio-giugno del 1937 la così detta missione Van Zeeland, che fu una specie di assaggio del terreno per riconoscere se i governanti di Roma e di Berlino avrebbero accettato l'idea di mettere in se– sto, in maniera naturale e con il reinserimento nel circuito mon– diale, le loro economie. La missione del Van Zeeland, che era stato presidente del Consiglio belga e che si era conquistato una certa fama per la sua conoscenza dei problemi economici internazionali, fallì sul nascere perchè tanto a Roma, quanto a Berlino si ritenne conveniente cercare con altri mezzi lo scopo che avrebbe potuto essere realizzato probabilmente con modi pacifici: e cioè l'eleva– mento e la garanzia del tenore di vita in Italia e in Germania. Il male più profondo Questa digressione della memoria, deve pur servire a qualche cosa di più concreto che a un iniziale parallelo impressionistico. In sostanza, da parte degh uomini più avvertiti dei problemi economici internazionali, si riconobbe in quell'epoca che vi era nella strut– tura economica dell'Europa, tenendo presente appunto l'importan– za dell'economia italiana e di quella germanica, un essenziale squi– librio che non poteva essere ovviato coi modi normali della poli– tica economica, e cioè con il libero riafflusso dei beni dall'estero, mediante il sistema dei finanziamenti privati, e magari pubblici. La guerra e le distruzioni che le hanno fatto corona, hanno aggravato e h'ànno diffuso quella condizione di squilibrio, in maniera che ora non pesa solamente la disfunzione strutturale delle economie d'Italia e di Germania, tanto più che questa è divisa in due tronchi, ma anche quella di quasi tutti i paesi dell'Europa, e particolar– mente di quelli dell'Europa occidentale, e fra questi anche di quei paesi che nel 1937 sarebbero stati in grado di offrire un loro con– corso a una misura parziale di riassetto economico europeo. Se la logica ha ancora una certa validità, questa constatazione ci porta a intendere che non vi sono soltanto le rovine della guerra da riparare in Europa, ma che vi è da guarire una situazione di scompenso, che ha radici più profonde e più lontane. E di conse– guenza appare naturale, a chi non si lasci guidare dal sentimento o dalle rigide impostazioni di parte, che, come non sembrava rias– sestabile la situazione particolare nel 1937 con i metodi normali, altrettanto e ancor più non è immaginabile che l'Europa possa uscire dalle presenti difficoltà nell'ipotesi dell'azione pura e sem– plice dei fattori che potremo considerare normali, e cioè l'intrec– cio dei rapporti internazionali, commerciali e creditizi, e nell'ipo– tesi del mantenimento puro e semplice delle attuali configurazioni politiche nazionali. In definitiva, se il fondo economico dell'Euro– pa fosse stato sano, gli aiuti che finora sono pervenuti d'oltre Atlan– tico a titolo di sollievo e cli riabilitazione avrebbero dovuto essere sufficienti a avviare i paesi sulla via della perduta prosperità. Ma questo non è vero, ed è appunto sulla base di un tale ,riconosci– mento fondamentale che è nato il suggerimento del Segretario di Stato americano per un piano di ricostruzione economica europea. Un attento esame della situazione economica dei paesi europei aveva convinto nella scorsa primavera il Dipartimento di Stato che la concessione di aiuti, sotto forma -di crediti o di donazioni da parte degli Stati Uniti ai vari paesi che più ne avevano bisogno, non sarebbe stata sufficiente al fine del riassestamento economico dell'Europa, anche perchè tali aiuti avrebbero necessariamente avuto per scopo di fronteggiare situazioni particolari di emergenza, supe– rate le quali altre se llé sarebbero riprodotte con la stessa incisi– vità e con la stessa urgenza. Per gli uomini di Stato americani fu chiaro quindi che sarebbe stato necessario, caso mai, mettere cia– scun paese ,d'Europa in grado di riprendere la propria capacità di produzione con un sistema di aiuti non destinato alla particolare emergenza, ma con più ampi limiti nel tempo. Ma questa constatazione ne portò essenzialmente un altra: e cioè che in parte gli aiuti concessi sarebbero venuti a elidersi l'un l'altro in efficacia e in utilità, perchè ciascun paese avrebbe cercato di realizzare programmi di produzione e di espansione commerciale che sarebbero andati quanto meno a ridosso dei correlativi pro– grammi di altri paesi concorrenti, ciò che poteva anche non sem– brare incongruo nella situazione dei vent'anni tra le due guerre, quando l'afflusso dei crediti era regolato da considerazioni priva– tistiche, e in sostanza un gruppo finanziario poteva anche ignorare quello che faceva l'altro gruppo, o ritenere conveniente di batterlo per mterposta persona. Ma, come ho già detto, nella primavera del 1947 apparve chiaro che chi poteva consentire quel largo afflusso di aiuti erano sola– mente gli Stati Uniti e più precisamente il Tesoro degli S. U.; e quindi esso avrebbe dovuto consentire dei crediti destinati a dar vita a imprese e iniziative che poi si sarebbero scontrate fra di loro, annullandosi a vicenda. Quindi il suggerimento cli Marshall ebbe, in sostanza, due obbiettivi: ottenere dall'opinione pubblica americana l'assenso a una concessione di crediti con obbiettivo a lunga sca– denza e non cli semplice sollievo normale; realizzare, attraverso questa concessione di crediti, il risanamento dell'economia euro– pea, e particolarmente l'eliminazione delle disfunzioni protezioni– stiche e autarchiche, l'ammodernamento dei sistemi di produzione mediante l'allargamento dei mercati, l'abbattimento di talune for– me desuete di produzione e di scambio. Il piano Marshall in sè è tutto qui, per lo meno è tutto qui il suggerimento iniziale; e se poi le circostanze della politica inter– nazionale hanno talmente aggravato i rapporti europei da rendere sempre più alto e sempre più minaccioso il muro che divide i due blocchi, ciò non deriva necessariamente dal piano. E si po– trebbe anche osservare che, come all'epoca della Missione Van Zee– land, vi fu chi fece calcolo di servirsi della miseria del proprio popolo come di una leva su cui agire a favore della guerra, così nel caso del piano Marshall vi è stato e vi è, indubbiamente, chi ha gio– cato e gioca a puri fini politici, sul mantenimento indefinito di una situazione patologica dell'economia, e quindi della politica dei paesi europei, al fine di particolari vantaggi politici di parte. Non può esservi altra interpretazione plausibile, anche se questa cozza con– tro il comune giudizio; ma l'esperienza ha cfunostrato che cozzava contro il comÙhe giudizio anche l'atteggiamento dei governanti di Roma e di Berlino negli anni di vigilia del secondo grande disa– stro mondiale. Saggio interesse americano Prima cli entrare nella delineazione dello schema essenziale del programma dì ricostruzione ~onomica europea, sarà il caso di de– finire in modo chiaro l'interesse americano in proposito. E' evidente che se gli Stati Uniti d'America si accingono a rea– lizzare un. programma di aiuti tanto importante- come quello che è stato approvato in questi giorni dal Congresso, un certo loro in– teresse devono pur averlo. Ma si tratta di un interesse di natura particolare e che deriva dal riconoscimento, che nori può essere considerato che saggio dagli uomini onesti e di buona volontà, che tutto il mondo ha da guadagnare da una situazione di diffusa pro– sperità; mentre, l'esperienza del ventennio fra le due guerre ha insegnato che le crisi economiche non hanno manifestazioni pura– mente locali, ma si diffondono su più ampia area e in tempo re– lativamente breve, con danni sensibili, anche se indiretti, per gli stessi paesi che in un primo tempo potevano sembrare del tutto in– dipendenti. Una restaurazione di un certo livello cli prosperità europea, è la premessa indispensabile di una ripresa seria e sicura dell'attività economica mondiale; e quindi vi è certamente un legame tra una prosperità normale americana e la prosperità cli rutto il mondo, e vi è quindi un legame tra la prosperità americana e quella europea. Evidentemente in una situazione di prosperità, maggiori possono essere gli sbocchi all'estero delle produzioni americane, anche se

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