Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

LO STATO MODERNO 101 l'Europa, ch'essa costituisse una zona neutra, una spe– cie di enorme « Stato cuscinetto» che servisse ad evi– tare il troppo brutale attrito di un contatto diretto. E questo tanto più ci sembrava probabile ed auspicabile pere!iè,sapendo che nessuno dei due futuri contenden– ti avrebbe potuto abbandonare all'altro il dominio e– sclusivo della Germania, geograficamente il cuore del Continente europeo, ci sembrava assurdo ed insensato che si dovesse altrimenti arrivare ad una sua sparti– zione. Ci spiace che la vita tumultuosa di quei giorni del– l'agosto-settembre 1944 non ci abbia fatto allora fer– urnrc sulla carta tali concetti che la dura scuola dell'e– sperienza 1945-48 ha reso familiari e persino banali. Tuttavia, chi scorresse la nostra rivista dal 1944 ad og– gi potrebbe rintracciare ,in fatto di politica internazio– nale, tutta una serie d'interpretazioni, generali e par– ticolari, che si inquadrano in quella visione generalis– sima dell'equilibrio europeo che non tiene conto di si– stemi politi.ci ed economici, di capitalismo e di ditta– tura del proletariato. di democrazia «occidentale» e di « democrazia nuova» o «progressiva» od orientale, e ria dicendo. L'ideologia è solo un aspetto, e neppure il più importante anche se il più spettacolare, della nuo– ra lotta per i1 dominio del mondo che pone oggi di fronte ·washington e Mosca. Questa lotta oggi si ma– nifesta attraverso tutti i problemi che ogni giorno si presentano al nostro esame; siano problemi intcrnazio– nnli. siano problemi che la tradizione ed il diritto co– stituzionale vorrebbero definire come « interni ». Oggi, in misura assai più grave che mai in passato, l'indi– pendenza dei singoli stati «minori», e fra questi in moltissimi casi comprendiamo persino e nonostante tut– to anche la Gran Bretagna, è compressa entro limiti t•;tremamente angusti, tanto angusti che basta un non– nulla per farla sparire completamente: un rimpasto go– rernativo (Cecoslovacchia), un pattò" di assistenza mi– !ita1·e(Finlandia), la necessità di aiuti economici e mi– litari per reprimere un'insurrezione armata (Grecia). ••• Ora gli avvenimenti di questo marzo ci banno por– tato ad una svolta importante di ()Uesta lotta: il di– scorso di Truman, venendo subito dopo l'inserimento riifatto della Finlandia e della Cecoslovacchia nel bloc– co sovietico - inserimento che- prima era solo poten– ziale - ha indubbiamente fatto assumere al contrasto aspetti che paiono piìt vicini alla soluzione militare che a quella diplomatica. Ma ciò non vuol dire affatto che la guerra sia inevitabile; ciò significa soltanto che sia– mo prossimi ad una prova di forza politica in cui la Russia, che aveva avuto sin qui l'iniziativa politica, si troverà costretta alla scelta: o mantenerla, affrontando la prova militare, o perderla, ,consolidando le conquiste fatte e conservando la pace. Per arrivare a questa pro– ra il mondo occidentale ba impiegato parecchi anni; la mancanza di una classe politica americana all'altez– za della situazione di potenza mondiale conseguita da– ~li Stati Uniti ormai sin dal 1917; i postumi dell'otti– mismo rooselvet'.iano circa i rapporti con l'Unione so- 1ietica; la posizione mondiale della Gran Bretagna; la ambizione della Francia di svolgere come « grande po– tenza» una funzione mediatrice tra Est ed Ovest; le nostalgie neutralistiche dei piccoli Stati, anche di quel– li la cui neutralità era già stata calpestata una o due volte in trent'anni; le complicazioni e le incertezze e le inevitabili « contraddizioni» di ogni società demo– eratica; ecco altrettanti motivi del lungo ritardo nel- l'elaborazione di una politica coerente nei confronti della Russia. Poi, gradatamente, attraverso la politica di « pazienza e fermezza » dell'ultimo periodo di Byr– nes, e quella, meno paziente ma assai più ferma, del generale Marshall succedutogli come Segretario di Sta– to - il fatto stesso di un militare alla direzione della politica estera americana è stato assai significativo - attraverso la « dottrina Trnman » e il « piano Mar– shall », si sono andate sempre più riducendo le possibi– lità di manovra dcll'U.R.S.S. e delle sue lancie spez– zate, i partiti comunisti dei vari paesi. Checchè si dica, tra il flemmatico Stalin e il non meno flemmatico Marshall, nel 1947 l'americano ha avu– to la meglio. T,a Russia ha realizzato, è vero, tutta una serie di operazioni di « allineamento » nella sua sfera, stroncando tutte le forze a lei ostili - istituti, partiti e classi sociali -, ma non ha potuto fare nulla: al di là della «cortina» di ferro. In Grecia come in Turchia, in Austria come in Germania, in Italia come in Fran– cia. essa non ha potuto più progredire; ha migliorato le sue posizioni in Cina, ma le sue quinte colonne si so– no alquanto indebolite in tutto il resto dello scacchiere asiatico: Indocina, Indonesia, Iran, Giappone, India. I primi mesi del nuovo anno sono sulla linea del prece– dente; ·ai progressi russi a Praga e ad Helsinki, gli avversari possono opporre il varo al Congresso del « Piano E.R.P. », il patto di Bruxelles. il protocollo italo-francese per l'unione doganale. un notevole irri– gidimento anticomunista. quindi praticamente antirus– so, dei tre Stati nordici. Si tratta di operazioni non per– fettamente paragonabili fra di loro. ma che hanno un significato tuttavia convergente verso un unico scopo: l'avviamento alla costituzione di un'unione occidentale. la quale ha fatto indubbiamente enormi progressi, ove si tenga presen_te la situazione iniziale d'anarchia e di rivalità tra gli Stati da cui si è partiti. ••• Una delle maggiori poste di questa battaglia gigan– tesca tra est ed ovest è ,certo la direzione della politica italiana: in questo senso il ]8 aprile ha un significato che va bene al di là del nostro paese. Una vittoria del Fronte democratico popolare vorrebbe dire, nel miglio– re dei casi, il franamento del sistema politico europeo e mediterraneo su cui gli Stati Uniti fondano la loro stra– tegia diplomatico-militare. Non vogliamo sottovalutare l'opera del conte Sforza. affermando che i successi da lui indubbiamente conseguiti negli ultimi mesi sono la conseguenza della nostra attuale fondamentale :nmzio– ne di stato cerniera. Crediamo ,che gli anglosassoni ri– terranno logico. e direi giusto se non fosse in politica parola troppo spesso sprecata. che. nel quadro del– l'unione occidentale in cui ci avviamo ad entrare nel caso che il responso delle urne conforti del consenso degli italiani l'attuale governo, siano soddisfatte quelle necessità di collocamento di mano d'opera esuberante che èostituiscono e costituiranno per lungo tempo an– cora uno dei maggiori ostacoli all'assestamento econo– mico e sociale del nostro paese. Sotto questo rispetto le colonie ex-fasciste rispondono assai scarsamente àllo scopo, tanto più se nei prossimi anni il panarabismo doves"se « palestinizzare » la Libia. E' compito dell'on. Sforza insistere energicamente per la tutela dei nostri interessi, che non sono poi, a ben guardare, solo nostri. Quanto a Trieste, l'offerta di restituzione da parte dei tre «grandi» occidentali, ha un duplice significato: uno, di rottura del comp1·omesso concluso a nostre spe– se col quarto «grande», la Russia, quando si sperava

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