Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

136 ,,.. LO STATO MODERNO di sicurezza. Da qui la necessità di metterla in grado di e"Sercitare le sue attribuzioni anche nel periodo che va dall'una all'altra sessione. Anche le facoltà di investiga– zione che il progetto americano vuole dare al nuovo _or– gano deriverebbero da quelle date genericamente all'As- smblea dagli art. 11 e 13. · Riassumendo: l'istituzione dello I. C. rientra perfetta– mente nel quadro dei poteri regolamentari dell'Assemblea, che per di più trovano espressa consacrazione •nella' Carta. Questa tesi, che abbiamo accennato nei suoi tratti prin– cipali, è stata controbattuta dagli Stati slavi che si sono giovati di diversi ordini di considerazioni. In primo luo– go, essi hanno obiettato, il Comitato non può essere defi– nito un organo sussidiario dell'Assemblea; esso infatti è composto dagli stessi Stati membri dcli' Assemblea, ha delle facoltà che talvolta vanno al di là di quelle delJ' Assem– blea, come quella di promuovere investigazioni. Lo I. C. viene aroÌnpere il delicato equlibrio stabilito nella Carta tra Consiglio e Assemblea a tutto svantaggio del primo al quale la Carta attribuisce, come è noto, una posizione di netta preminenza. Nè vale dire, come si fa da parte dei fautori di questo nuovo organo, che dalle proposte isti– tutive stesse risLùta che esso non potrà esaminare le que– stioni poste all'o.d.g. del Consiglio. Basta in falli il voto di sette membri qualsiasi del Consiglio per togliere un ar– gomento dall'o.d.g. di questo, poichè il cosi detto veto altro non è che la richiesta unanimità dei membri per– manenti, alla quale si fa eccezione appunto per le que– stioni di procedura. Cosicchè una volta tolto un argomen– to dall'o.d.g. del Consiglio ne può subito essere investito lo I. C. mentre - ove questo non vi fosse - l'Assemblea ne potrebbe essere investita solo se si trovasse in sessio– ne. Ecco quindi come lo I. C., concludono l'Unione So– vietica ed i suoi alleati, riesce a superare il principio del– l'unanimità delle Grandi Potenze, pietra angolare dell'O. N.U., e ad intaccare la stessa autorità del Consiglio. Nè vale - continuano gli stessi Stati - affermare che il ca– rattere di organo sussidiario appare dal fatto che lo I. C. non' può prendere decisioni ma solo fare rapporto alla Assemblea, dal momento che la sua composizione è ideo– . tica a quella dcli' Assemblea. Tali - in breve - gli argomenti che su un terreno stret– tamente giuridico hanno portato le parti in contrasto. Rimanendo su questo terreno ci sembra indubbio che l'os– servatore imparziale non possa non rimanere assai per– plesso di fronte all'impostazione data dalla maggioranza de.i membri la quale, con 43 voti favorevoli, sei contrari e sei astensioni, ha ritenuto rientrare il progettato Comi– tato tra gli organi sussidiari dell'Assemblea secondo il di– sposto dell'art. 22. E se pure nella polemica si è alquanto esagerato con l'àffermare che lo spirito della Carta ne risulta completamente alterato, è certo che l'importanza dello I.C. va al di là di quello che può essere il peso di un organo puramente sussidiario, a meno che-non si vo– glia dare di questa espressione una interpretazione ec– cessivamente formalistica. L'equilibrio stabilito tra Assem– blea e Consiglio, a tutto vantaggio di quest'ultimo, viene in certa misura alterato, non senza peraltro che al Con– siglio rimanga sempre la possibilità di paralizzare qual– siasi azione coercitiva verso ogni membro che abbia vio– lato la Carta, nel che sta poi il vero contenuto del c. d. e veto>. La preminenza del Consiglio sull'Assemblea viene in– fatti attuata dalla Carta non solo attribuendo istituzional– mente al primo dei compiti di maggiore importanza, ma. anche facendo del primo un organo che può funzionare in permanenza e della seconda un organo che si riunisce in sessioni ordinarie annuali. Minor fondamento sembrano avere altre critiche, quale quella circa i poteri di investigazione ed inchiesta dello I. C., dal momento che questo potrà esplicare tale attività solo con il consenso dello Stato sul cui territorio tale azione si svolge. Così impostata la discussione, appare pienamente sen– sata la proposta del delegato britannico di defln ire la controversia alla Corte internazionale di giustizia, prrnci– pale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite a ,·ui, per l'ari. 96 della Carta, l'Assemblea ed il Consiglio J)Ossono chiedere pareri consultivi su qualunque questione P,iuri– dica. Tale proposta venne, peraltro, respinta dall'Unione Sovietica. La questione, tuttavia, va esaminata anche da un nunto di vista che trascenda i dati meramente giuridici J.CI ' in– tegrarli con argomenti di ordine politico, poichè l) solo sul piano politico che il problema può essere pien'lmente considerato e compreso. Tale punto di vista appare - se pure non dichiarnt,, esplicitamente - dalle argomentazioni degli stessi 1icle– gati degli Stati favorevoli all'istituzione del Comitale-. Si è infatti da questi fatto notare che non sarebbe stato necessario istituire un nuovo organo se il Consiglio avesse in buona fede adempiuto ai suoi doveri, e se da parte del– l'Unione Sovietica non si fosse abusato del diritto di veto. Se il Consiglio si paralizza da sè - ha detto il dele– gato americano Dulles - noi dobbiamo cercare, per rea– lizzare nell'O.N.U. la cooperazione internazion;ile, di su– perare il punto morto. Queste ammissioni, mentre vengono in certo modo arl indebolire le argomentazioni giuridiche circa lo scarso ca– rattere innovativo del Comitato, spostano nello stesso tem– po la materia del contendere sul camno che ad essa è pro– prio, cioè su quello squisitamente politico. Ciò posto, è difficile negare che l'Unione Sovietica ha adoperato lo strumento del veto con una tale frequenza da andare ben al di là - pure osservando la lettera della Carta - dello spirito che ha presieduto alla sua promul– gazione. Sembra implicito infatti che questa arma ecce– zionale debba venire adoperata solo quando sono in gioco interessi fondamentali delle potenze che la usano; chè in· fatti non si può supporre che solo quando gii interessi delle cinque potenze sono identici si abbia una votazione unanime; se le grandi potenze hanno il veto, esse devono anche avere una visione più larga dei propri interessi, così da contemperarli con quelli generali dell'organizza· zione e della cooperazione internazionale. Sotto questo punto di vista l'istituzione dello Interim Committee può essere anche giudicata con favore, come quella di un mezzo che offre la possibilità di uscire da un impasse, ma nulla di più. Le migliori costruzion · giuri– che, nel campo 'politico in generale e in quello interna– zionale in ispecie, sono solo degli strumenti, utili quanto si vuole, posti a disposizione di coloro che operano poli· ticamente. Non è quindi da revisioni della Carta - o almeno non principalmente da queste - che dipende il· futuro dell'O. N.U., ma dall'accordo o, se vogliamo, dal minor disaccor– do tra le grandi potenze. Verità semplice, ma non perciò - ci sembra - meno degna di essere ricordate. FAUSTO BACCHETTI

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