Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

LO STATO « li11eagenerale». Dove :si stà, come è tvoto, in un modo solo. Jl/a c'è di più. Non è il caso di far qualche differenza fra le due chiese? L'una, la sintesi del reale, e cioè la sua chiu.mra (l'illibertà), la rimanda ai c.ieli; l'altra, la opera 11ell' e1npirico, nella, politica realizzaia come autorità esclu– siva d'ima, classe<dirigente. Ed è certo più propensa alla autonomia delle forme, prospera di libertà, una si11tesi predata, ma nelfo stesso teni.po rimandata in quanto non legata all'empirico, che u11a sin.tesi legata a un grado, e 11e111meno a una forma, se ben si badi, dell'empirico. E c'è ancora mia esigeuza politica fondamentale che MODERNO 109 impone la distinzione ( o la saparazwne ?) dal comprOl»Ws– so marxistico. E' chi-aro che col romutiismo attuale la ten– denza della democrazia è d'esprimersi ttttta, amutllando le distinzioni, nel baliwrdo extrapolitico della religi.one. A ·ragion veduta, in certo senso : perchè il comimismo, at– t•ro1r.d<JS'i w11ie totale concezione della vita, sposta la lotta politica stt 1m piano dove la democrazia non può agire. Nel che stà il davvero tragico problema della libertà oggi. Lct scelta del Fron.te allora cosa fmò significare: sarà il c.aso ·d'ascoltar, certe chiacchiere che vengono da Pisa? Dove va cerca11do libertà il Russo? Perchè si è fatto turco? MARIÒ ALBERTINI . UNITA' DEMOCRATICA E RIFORMESOCIALI Il discorso che Mario Ferrara, direttore della « Nuova Antologia>, ha tenuto il 28 febbraio alla Casa della C11lturaper invito degli amici di « Stato lvfodemo >, è stato un altro notevole co11trib11to al– la impostazione del problema politico iu ordine alle idee e per lo schieramento delle forze dalle qi;ali dovrebbe sorgere quel graHde partito democratico - o quel raggruppamento di partiti democratici - capace di realizzare in uuo Stato di libertà le ri– for,ne che i tempi 111Muranoper la pi,ì ampia gi1'slizia sociale. Crediamo pertanto di far cosa gradita ai lettori della Rivista p1<bblica11do11e "" ampio riassunto. .\li sforzerò di chiarire alcuni punti del programma politico che ha spinto me ed altri amici a tentare di aprire una via al movi– mento liberale italiano. Abbiamo lasciato la vecchia casa e ci siamo separati da vecchi amici, mossi dal convincimento che sia necessario chiarire le po– sizioni dei partiti politici italiani ed assumere responsabilità pre– cise. Non è amore del paradosso quel che mi spinge a dirvi che noi abbiamo inteso aiutare coloro che sono rimasti nelle file del par– tito liberale a costituire quel partito conservatore verso il quale da gran tempo si volgevano le loro speranze, e per tal uni, le loro nostalgie; e quando dico partito conservatore, intendo dire una formazione politica che abbia una solida struttura, salde basi nella tradizione, visione chiara di un metodo che si inquadri negli ordinamenti liberali e democratici dello Stato. Circa un secolo fa Stefano Jacini, in un suo. libro che trattava della necessità della costituzione di un partito conservatore in Italia, osservava che con la sua costituzione molti equivoci si sarebbero chiariti e che molti che militavano nella Destra sarebbero passati a sinistra, e vi– ceversa. E', mutate le circostanze, quanto noi vorremmo che av– venisse: che programmi concreti aiutassero le coscienze incerte a leggere chiaramente in sè stesse, e agli equivoci ed ai compro– messi si sostituisse una contrapposizione netta di metodi e di pro– grammi. La speranza di Stefano }acini fu, allora, delusa ed il trasformismo determinò quella situazione che consentì di asserire, non senza ragione, che la vecchia Destra era stata molto più pro– gressista, audace, e persino quasi rivoluzionaria rispetto alla Sini– stra. Il nostro non è tempo di trasformismo. Il suffragio uni– versale, l'estensione del voto alle donne, la stessa rappresentanza Proporzionale hanno reso impossibile un regime che si regga sulla autorità personale di pochi individui e che tutto il giuoco politico esaurisca nella formazione di maggioranze parlamentari. Noi ve– dremmo con simpatia, dunque, il costituirsi di un partito conser– vatore: ma vogliamo dal ~anto nostro essere liberali e non con– servatori, e muovere incontro al popolo italiano che oggi è dive- nuto in ogni sua classe e ceto il vero protagonista della stori,J <!'Italia. Il problema del ceto medio Ne:l';,,itermare questa nostra volontà non siamo vittime •li illu– sioni. Noi non pensiamo, ad esempio, che sia possibile formare il partito del ceto medio, aggiungendo un elemento classista alla lotta di classe che già si combatte in Italia, ed aggiungendo per di più un elemento astratto e perciò stesso politicamente inconsistente. Chi guardi a fondo in questo famoso ceto medio si accorgerà che esso è un elemento fluido, disparatissimo nella ·sua composizione, per– corso da ideologie e passioni contradditorie ed avverse e desti– nato a corrodere e corrompere ogni formazione che voglia essere spt– ritualmente unitaria. Composto di ricchi e di poveri, di ricchi che temono di diventare poveri e di poveri che vogliono diventare ric– chi, orgoglioso od umiliato, potente nella burocrazia e servo al tempo stesso dell'ordinamento burocratico, ricco di senso giuridico in taluni suoi strati e ribelle in altri ad ogni disciplina, -il medio ceto è destinato a deludere chi gli si affida pensando di fare di esso una massa politica ordinata, disciplinata e compatta, da contrap– porre ad altre masse che, se non sono neppure esse troppo omo– genee e compatte, sono almeno disciplinate e ricche di slancio e di fede. • Basterà, alla dimostrazione, un esame sommario. Abbiamo assistito al tentativo di formare partiti democratici .del lavoro, partiti socialisti democratici, partiti democratici liberali: sono tutti succedanei di quello che nell'antico schieramento parla– mentare si chiamò partito radicale e che rappresentava,, la punta più avanzata della Sinistra. Uno per uno questi partiti hanno fatto fallimento : più o meno clamoroso, ma sempre fallimento. Essi rappresentavano il tentativo del medio ceto di svincolarsi dalla du– plice stretta feudale del monopolismo industriale e del protezio– nismo sociale operaio. Ma svincolarsi· dalla prima stretta signifi– cava iniziare un'azione rivoluzionaria o quasi, e dichiararsi pronti ad infilare gli stivali delle sette leghe, del rischio e dell'avventura: ritrovare lo spirito cittadino e l'anima puritana. Lo spirito citta– dino era stato distrutto dall'urbanesimo nel quale la città è scom– parsa e dall'accentramento che aveva distribuito i suoi funzionari con criterio unitario, risolvendo a poco a poco ogni iniziativa bor– ghese nella carriera del funzionario statale, sulla quale si model– lavano quelle delle grandi industrie e delle banche. E quanto al– l'anima pnritana, proprio la sua degenerazione sotto forma di ame– ricanismo, aveva distrutto ogni residuo di saldezza, fosse l)Ure gret– tezza, ogni anelito di fede, ogni dovere intimo di fedeltà; dal la– voro alla famiglia. Era perciò più comodo e corrispondente all'abitudine quotidiana dell'ufficio, e delta carriera nell'ufficio, il trasferirsi nei partiti di massa arrecando la propria esperienza burocratica e ricavando sod– disfa.zioni immediate alle proprie ambizioni ed alla propria sete cli dominio. Quanto più il piccolo borghese è povero ed umiliato e ridotto; talora, agli ultimi margini della società, tanto più è forte in lui •,, sete di dominio. Le due guerre, con i loro eserciti sterminati ,.

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