Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

110 LO STATO MODERNO h loro durata, hanno rafforzato in lui, nonostante i sacrifici cui è stato sottoposto, questo suo orgoglio e la sete di dominio. li fa– scismo e l'hitlerismo avevano, forse inconsapevolmente, con,preso q1,csto lato assai triste del carattere di questo ceto su cui fcnda– MIIO le loro fortune e che condussero alla definitiva catastr~fe. Il I ic~olo impiegato, il mediocre avvocato, il mediconzolo e l'use ere del Ministero diventarono tutti capi di qualche cosa, comandar0n~ tut.t, a qualcuno. Naturalmente erano, a loro volta, :;ott~uùslt ad altri che comandavano più cli loro e vivevano alle loro spalle: ma ir.t;;nto ognuno di essi si sentiva capo di una ~chiera ~•., pure c•:– gua: aveva sotto di sè persone tenute ad ubbidire, cJ3trette a te– ni1.~:-!o, propenso a carezzarlo e disposte, il che non gu .\,;ta mai, a comprarne il favore o la condiscendenza in moneta sonante. Tal– vÒlta queste persone erano di rango più elevato, di condizione so– ciale ed economica superiore : ma la legge delle gerarchie le co– stringeva all'ubbidienza. Questo soddisfaceva il suo mediocre istin– to di dominio, residuo, avanzo, del grande orgoglio borghese. Coscienti d'esser deboli, i piccoli borghesi pensano di diventar forti organizzandosi : oramai la borghesia, piccola o grande, ignora che la sua forza fu, tutta, nell'apporto che essa dette alla ribel– lione dell'uomo all'organizzazione medioevale. Organizzarsi però si– gnifica oggi «far massa>, appartenere ad un partito di massa. Ci si organizza in una fede e si fa una Chiesa, o intorno ad un in– teresse e si fa un partito che è una chiesuola. E, si noti, l'inte– resse non può che essere un interesse universale, non troppo ben definito e, in conclusione, un po' generico. Il medio ceto, la pic– cola borghesia, non ha invece se non interessi particolari che, al massimo, si spingono non oltre il limite di una categoria; ed anche nell'ambito di questa, si qualificano e differenziano a seconda dei gradi di un impiego, o la fortuna di un commercio e di una pro– fessione. Il medio ceto è quindi irriducibile alla condizione di in– teresse universale che abbia struttura e forza unitaria. E quanto all:!. fede, all'infuori di una osservanza, più che superficiale, del culto, che spesso si restringe a momenti eccezionali, e cioè matri– ntc.ni, nascite e morte, la piccola borghesia ne manca affatto: e~sa la confonde con l'interesse o con l'egoismo, e la sbandiera ill forme puramente retoriche. I nuclei essenziali sui quali organizzi re il medi" ceto mancano affatto. Inoltre esso non ha interesse a con– servarsi come tale: ha, se mai, l'interesse opposto: a sopprimert ogni forma, religiosa o politica, che ponga limiti alla sua possibile ascesa e lo mantenga nella sus. inquieta penombra. Esso è perciò negato a costruire quella 01ganizzazione di partito di ma3sa che invoca a gran voce, e resta diffidente e ringhioso innna,i a tutte le. porte sulle quali è scritto: ingresso al medio ceto. Individuo e masse Quel che dunque ci interessa del medio ceto non è il suo nume– ,o ma la s~a crisi. E pensiamo che in un partito di larg:, ispira– zic,ne liberale e di ampia visione sociale una parte di essn possa trovare l'espressione adeguata che ne soddisfi le esigenze e ne calmi le inquietudini. Appunto perchè siamo convinti che in questa erigi del medio ceto, nella mancanza, in esso, di una form,1 poli– tica sia una delle ragioni della instabilità politica, noi il\tendiam, fare appello alla parte di c,;so che può sentire la ispirazione libe– r.i1e, non co~ì come vorreblx,, o coloro che pensano di trar profit– to della sua inquietudine ,om• di un fermento che non pc,trebb! Sé non sboccare in un assa'to totalitario allo Stato democr~.tic,,, ma in un inquadramento volto all'azione per mett~re capo ad ampie e positive riforme. Nonostante quanto si è detto, il medio ceto ha nelle sue basi più umili la forza del suo rinnovamento. Esso può attingere dal lavoro manuale dell'artigiano, dalla nuova morale deUa tecnica, la forza per conservare il suo valore umano e, prima o poi, trasferirlo nei ceti nuovi che la politica di massa viene for– mando. Due fatti sono caratt~ristici e meritano di essere analiz– zati; la resistenza di questa parte di· esso a disciplinarsi nei rartiti e ad accettare il regime della produzione 'Ili massa; ed il suo scetticismo laico avverso le grandi promesse. L'allontanamento dai piccoli partiti è, infatti, l'aspetto politico rleil'allontanamento dell'individuo da sè stesso. E' l'aspetto di un nuovo conservatorismo. Mentre una volta l'individuo, nella fami– g-lia. nella religione, nella patria e nello Stato cercava e trovava sè stesso, oggi che ha, praticamente, perduto tutto questo cerca di ritrovarsi nei grandi incontri collettivi. Prima di essere un fe– nomeno economico e politico, questo delle masse operanti su scala se.111pre più vasta ed in ogni campo della vita è un fenomeno re– ligioso. Un fenomeno, sostanzialmente, anticristiano. I primi cri– stiani si adunavano per sentirsi fraterni nella· presenza del Cristo presente ed operante in ciascuno di loro. La fede era individuale :ome individuale la promessa della salvazione. Il regno sareb~ venuto per tutti: ma tutti, s'intendeva essere coloro nei quali la grazia aveva operato ; e il Paracleto portava, sì, i suoi doni a tutti i fedeli, ma singolarmente ad ognuno di essi. I nuclei della fa– miglia, ed i più vasti della Chiesa e dello Stato, assicuravano al– l'individuo la sua sicurezza e la sua salvezza come individui. E' notevole come la società cristiana abbia conosciuto classi e non caste. Lo stesso sacerdozio cattolico conobbe momenti in cui ebbe carattere e funzione di classe dirigente, ma non mai di casta. Il clero cattolico non ha mai conosciuto un reclutamento di casta: è stato sempre aperto a tutti. La sua gerarchia, anche se rigo– rosa, riproduceva la gerarchia del nucleo familiare; il pontefice è il santo padre, i fedeli sono i suoi figli. II rito supremo è, prima che un rito sacrificale, un rito di partecipazione. In questo principio generale di partecipazione l'individuo trovava la disciplina anche la più severa. Ma era una obbedienza che ve– niva dalla partecipazione. La scomunica religiosa, come la disere– dazione del padre di famiglia, accentuava il carattere della par– tecipazione, con la pena dell'esclusione. Escludere l'individuo era rÌC(olloscerneil carattere autonomo, la figura singola, la personale responsabilità in seno alla società religiosa ed alla società fami– hare. La città antica e la città cristiana si erano fuse a perfe– zione su questo punto. La società feudale, l'età cavalleresca conservarono gli stessi ca– ratteri. La divisione feudale er1 una divisione di servizi: una ri– i'arti,ione di oneri. In fondo alla servitù feudale c'è una libertà da ci...terminatipesi. L'indiviJ•10 perde quel tanto di autonomia per quel t?.nto di servizio a cu; rinuncia, e acquista tanto di autorità quanto maggiori sono i servizi che si assume. Il nucleo sociale resta stretto intorno .il pt incipio dell'individuo che può riscattare sè, riscattando le cose cui si lega. Una più vasta società, la so– cietà comunale, garantisce all'individuo maggiore autonomia, ma ri– stabilisce nel comurte l'etica collettiva. In ogni età, dalla religione dei deiunti alla speranza cristiana della resurrezione, era l'indivi– duo che apportava la forza della sua fede e delle sùe opere alla collettività e riceveva da questa una morale e una disciplina. Era anzi l'mrliv:duo che creava la morale stessa e la stessa disciplina accostandosi alla collettività. Erano come una corrente alternata che ;.ss,curava alla società la sua dinamica, e garantivà il suo equi– iibrio. Le dottrine egualitarie partivano dal principio che a taluni indi– vidui fosse 6egata questa partecipazione alla vita morale colletti– va: e misero la libertà al se~izio dell'eguaglianza. Naturalmente di qui doveva scaturire il problema della economia e della pro– duzione come un problema autonomo. L'economia politica nasce non da un calcolo matematico, ma da una esigenza morale. Prima di chiudersi nello schema, l'economia politica predica la ricchezza delle nazioni come n'ascente da un interesse del singolo che si ri– sdve in un dovere verso l'umanità. La dura etica protestante non mette capo alla carità od alla elemosina, ma al lavoro ed al do– vere del lavoro. Ma il senso dell'individuale non si perde mai nel crollettivo: l'individuo non diventa mai anonimo; il suo lavoro non è una parte assegnata del lavoro di tutti. La divisione del lavoro è il fatto tecnico, la conseguenza, il frutto di una invenzione cl,, l'uomo ha fatto; è una scoperta che moltiplica e non annulla i va– lori umani.' Crisi dello stato Ma da queste conquiste di libertà è nata la contradizione, la crisi di oggi. Il contrasto tra iniziativa privata e i compiti dello Stato, finisce per ridursi, oggi, allo stretto campo della produzione industriale. Sembra un'osservazione banale, ma si vedrà che non lo è ove si rifletta che la grande polemica investiva i rapporti del cittadino con · lo Stato in materia dl istruzione, di risparmio, di pubblica bene– ficienza. Ogni volta che uno di questi problemi veniva risolto, l'egua– glianza dei cittadini aveva fatto un passo avanti, in diritto alme-

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