Lo Stato Moderno - anno V - n.3-4 - 5-20 febbraio 1948

50 LO STATO MODERNO proprio al momento--,- tanto per mantenerci in chia– ve di metafora - culminante della battaglia? La ve– rità è che siamo ridotti a dare un nome eccezionale a quello che dovrebbe essere il modo normale di' vi– vere della democrazia; •e questo spiega molti dei no– stri problemi e delle altrui paure ed angosce) quanto dai motivi sostanziali per cui tutti i partiti hanno aderito alla proposta avanzata da TeMacini. Infatti, in una situazione internazionale che svolge i suoi temi sulla c~rda di un instabile equilibrio, nessun partito ha interesse a dare il via a una situazione greca. E anche perchè l'Italia non è, sotto nessun punto di vista, la Grecia. Intanto 'strane analogie si inseguono, con episodi che sembrano tra loro diversissimi, nel campo inter– nazionale ed interno, capaci di influire profondamente sullo sviluppo e sull'esito della lotta elettorale. I fatti di Cecoslovacchia e la pastorale di Schuster stringono veramente in una morsa, che appare assai difficile da schivare, ogni coscienza democratica. Si tratta di non arrendersi passivamente nè all'una nè all'altra leva, di mantenersi sulle posizioni raggiunte dalla cosèienza europea che debbono considerarsi co– me definitivamente acquisite, di rifiutare la inelutta– bilità del drammatico cozzo delle antitesi, se non si vuol cader~ in inquietanti esperienze. E' chiaro che qui non si vuol consigliare a nessuno di chiudere gli occhi di fronte alla realtà che è proprio questa; ed è proprio questa anche la colpa di una classe dirigente democratica troppo spesso miope e pavida, parte della quale ha finito col seppellire sulle scene del Merca– dante una possibile unità democratica, sacrificata in onore di una illusoria, indefinibile e inafferrabile unità socialista. La crisi cecoslovacca può inserirsi intelligente– mente (e non istericamente) nella situazione eletto– rale italiana con due insegnamenti. Il primo 'è che al– leanze formali di gruppi e di partiti non .servono a nulla nei momenti di tensione definitiva (o servono solo al più forte anche contro gli alleati) se non sono tra forze equilibrate, omogenee e dotate di quadri di– rigenti di valore non troppo dissimile per quanto riguarda capacità di intuizione e rapidità di decisione politica. Il che significa che se, nella evidente eclissi di una politica socialista, è comprensibile l'alleanza tra il Partito Socialista Italiano e il Partito Comuni– sta Italiano, assolutamente aberrante e priva di senso politico si rivela l'adesione data al Fronte p_opolare dai gruppi minori, o addirittura da isolati democratici, i quali non si sono resi conto che essi - lontani dagli ideali comunisti, alieni da certi schieramenti interna– zionali, amanti della libertà e della civiltà così come sono state definite dalla nostra storia - hanno scam– biato la cronaca di un loro anche giustificato risenti– mento anticlericale con la storia di un conflitto che ha prospettive ben più vaste dei loro casi di coscienza. La seconda lezione è che la democrazia, se vuol sopravvivere, deve introdurre delle fondamentali ri– forme nel campo dei propri organi di rappresentanza, oltre a quelle con obiettivi economici e sociali. Non ci si può più attardare sulle posizioni eredi– tate dall'Ottocento. Partiti e sindacati hanno oggi una posizione tale di fatto nella vita del Paese che è asssurdo non prenderla in considerazione agli ef– fetti della organizzazione costituzionale. Tutto il sistema della tradizionale divisione dei poteri è da rivedere assicurando una superiorità di manovra all'Esecutivo, e concedendo fortissimi poteri al Giudiziario. 'I1utta la riforma dovrà poggiare sul sacrificio del Legislativo che da gran tempo ormai è battuto sul terreno della tecnica che gli dovrebbe es– sere proprio, e non riesce a mantenere nemmeno il suo prestigio di controllore po_litico del Governo, che .è trasferito alle direzioni dei partiti. Sono realtà che possono apparire spiacevoli, ma che non perdono di efficienza solo per questo. E' chia– ro che quando un istituto vive ormai da decenni di capito1azioni come sta accadendo al Padamento ita– liano, esso va non già frettolosamente abolito o sosti– tuito, ma pazientemènte e profondamente trasforma– to, sotto pena di saltare completamente al primo urto. Alla pastorale Schuster per me, disinteressato osservatore della sua perfetta aderenza al legalismo cattolico, non c'è che un rimprovero fondamentale da muovere: che è quello di contribuire a rinsaldare di motivi anticlericali la posizione del Fronte popo– lare. In questo Paese che par rispondere solo agli sti– moli della tradizione, della fame e delle sciocchezze demagogiche, è gravemente pericoloso rimuovere acque antiche e stagnanti. Quanto all'accusa di indebita ingerenza della re– ligione nei fatti della politica, peggio per chi non co– nosce la storia d'Italia e l'intervenzionismo cattolico pur in ogni più minuto atto della vita individuale. Anche qui l'Italia bisogna bene che si decida; e se vuol essere cattolica per paura del comunismo con– vien si rassegni ad esserlo sino al fondo morbido, come se vuol farsi comunista per paura dei cattoli– cesimo converrà si rassegni sino al fondo duro. E in un caso e nell'altro gli amanti della libertà critica che credono di difenderla affidandosi alle spa– de degli uni o degli altri dei suoi dichiarati avversari, sono esonerati sin da ora dal narrarci i loro postumi e tardivi pentimenti. MARIO PAGGI

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