Lo Stato Moderno - anno IV - n.24 - 20 dicembre 1947

LO STATO MODERNO 567 ciale, mal pagati, poco nutriti, senza una vera casa, con la fame alla mercè di ogni cattivo raccolto, senza lavoro per 100-150 giorni ogni anno, onusti di figli e di miseria. Questa è la vera piaga, questa la vera vergogna del meridione: quan• ta parte ne sia da imputare alla natura e quanta agli uom:ni. non è qui il caso di indagare. Ma cos~ come per il feudo ed il latifondo e la presunta feracità della terra e l'imputata ignavia delle genti, anche il bracciantato è mal noto, concetto nebuloso e viziato da er• rori, figlio dell'ignoranza. Il bracciante è proletario solo nel significalo demagogico o:trechè etimo:ogico, non anche in que::o scientifico, cioè economico-socia:e. E' troppo noto che il proletariato è in rapporto di in– terdipendenza necessaria col capitalismo, al punto che non potrebbe e istere senza di esso, e reciprocamente. Proletari, sono gli strumenti di lavoro dell'industria, cioè le forze che il capitale adopera e sfrutta, in una coordinazione se.mpre più razionale e sempre più disumana: essi formano le grandi mas– se organizzate al servizio di una direzione onniveggente, da cui sono pagate appena quel tanto che basti per poter so– pravvivere, continuare la loro fatica, riprodursi, mentre tutta l'eccedenza del loro rendimento confluisce ad aumentare la ricchezza e la potenza del capitalismo. Questa, la sintesi della definizione che da Max ai suoi stanchi epigoni si ripete ormai monotamente. Dal canto suo il fenomeno capitalista forse da nessuno meglio che da Som• bart è stato analizzato e descritto (3) come la unione dei por• tatori di lavoro e dei portatori dei mezzi di produzione, al fine del guadagno e sotto il segno del razionalismo economico. Quest'ult:mo è l'elemento sostanziale e differenziatore del vero capitalismo, e si identifica nello sforzo continuo e continua• mente rinnovato di superamento, nella ricerca di nuovi pro• cedimenti tecn:ci, di migl:ori e p:ù abbondanti prodotti, di cicli produttivi più redditizi, di nuovi mercati. Come è ravvisabile questa struttura ag:le e forte insieme ne:Ja, in tanta parte. ancora sonno:enta agricoltura meri• dionale? Bene spesso il solo • capitale» è rappresentato dalla ter• ra, senza strumenti e for.te che valgano a renderla ferace; al· trettanto spesso il • capitU:ista » divide con il « pro:etario » la fatica di ogni giorno e il molto sudore e il poco pane. Con grande, per non dire grandissima, frequenza egli abbandona all'altro la direzione dell'azienda, cedendoglieia in fitto, in entliteusi, a colonia parziaria, e cioè accontentandosi di un reddito che è ben a:tro cosa di que::o del capita:e propria– mente detto, a prescindere dalla sua esiguità. Ino:tre, gli stru– menti di lavoro, dall'um:le zappa insostituibile al prezioso mulo sono sempre tutti di proprietà del contadino, cosa in– concepibile in regime capitalistico, nel quale macchine e mezzi sono deli'imprenditore, mentre l'operaio si presenta nudo al· l'opera. macchina e mezzo egli stesso. Nè si vede come possa, sul piano economico, parlarsi di capitalismo a proposito di una così grande frarrunentarietà del «capitale», che per 2/3 è nelle mani proprio di coloro che, per essere imprenditori autonomi, sono da equipararsi agli artigiani deU'industria. Infine, mai o quasi ma(nel pigro mondo dell'agricoltura meridionale, si assiste al travaglio di razionalizzazione, d'in• novaziol\e, d'invenzione che abbiamo visto essere l'aspetto di· stintivo del capitalismo (4). E' quindi esatto affermare, come tra gli altri fanno il Dorso ed il Lucare1li, che questa economia è tuttora precapi· talistica, perchè non vi si riscontrano i fattori pecu:iari del cap:talismo, checchè si dica con facile e superficiale esem• plificazione da parte di qualche altro. Del 1"esto,lo stesso Marx non è giunto a dich:arare au– tomaticamente applicabili all'agricol.ura le sue conc:us:oni; ed a ben guardare non avrebbe potuto estenderle a mani• festaz:oni tanto diffonni da que;(e prese a base per gli svi• luppi della sua teoria. Il capitalismo è un punto di arrivo, cioè il portato di tutto un processo evo:utivo, dopo i: quale può esservi, più o meno estesa, la socializzazione; l'attività agricola-in gran parte delle regioni meridiona:i è ben lungi da questo tr.iguardo, so:o dopo aver raggiunto il qua:e potrà in:z:arsi la fase u:tima. Es– sa ~i trova ancor oggi ferma, o quasi, su posizioni che non am– mettono il fenomeno del vero proletariato, perchè non Jo cono– scono. Dove sono :e masse operaie strappate a:le trad:zioni ed ai paesi, e costrette a vivere nei sobborghi delle città indu– striali, dove il profondo mutamento di abitudini, dove il CO· stante contatto - durante e fuori il lavoro - deg;i operai tra loro, dove il dipendere del so tentamento loro dalle for• lune del padrone o dal suo· capriccioso arbitrio? Le p:ebi rura:i vivono come vivevano, ne:Je stesse anti– che borgate. immutabilmente, e trascorrono so;itarie la vita ml campicello avaro, senza quasi alcun rapporto ,rec:proco, legate col proprietario della terra al:a medes:ma vicenda del sole e delìa pioggia. E « proletari ,. non sono certo i titolari di gran parte dei 3 mll:oni di partite catastali, di modeste o minime propor• zioni, anche se molti di essi siano anche fittabili o coloni o debbano «vendere» il loro -:avoro esuberante, ingrossando così le sch:ere dei salariati. Si pensi che ne:l'Italia meridio• nale e insulare il reddito riferito alla p:ccola proprietà è del• 1'85 o/o rispetto al 15 o/o per la grande e la media: questa massa imponente di agricoltori, redd:tuaria sia pure in misura esigua ed insufficiente, ha realizwto già in embrione il sogno antico di tutti i contadini, accomunando proprietà e lavoro, e per ciò stesso non può far parte di una categoria che al processo pro• duttivo partecipa solo con il lavoro, e che non ne è l'imprendi• tore, ma che questo si trova di contro, diverso da lui, da lui diviso, a lui nemico. E se queste osservazioni ancora non bastassero, una ne soccorre, risolutiva. Qual'è il programma fondamentale, quale la meta ultima del comunismo? Dal « Manifesto» ai giorni nostri la vera dottrina marxista non si è mai smentita: si tende aJ:a conqu...sta dei mezzi di produzione da parte del proletariato innumere ed anonimo. Non sono ammesse e nemmeno previste soluzioni par• ziali: si vuole la socializzazfone dei capitali, e quindi anche di quello particolarissimo che è costituito dalla terra. Ma la storia delle agitazioni agrarie sta a dimostrare che il contadino lotta per fare esc:usivamente sua la terra, sua e non della collettività, anche se per secoli si è acconciato alla soluzione transattiva degli usi civici. Il latifondo si è lentamente eroso, e migliaia di parti• celle hanno rappresentato la prima conquista di altrettanti agricoltori, che sono scesi dall'Appennino impegnando una battaglia d:sperata contro la natura, i baroni, i borghesi, il fisca. Tanti altri dopo decenni di permanenza all'estero hanno investito tutti i loro poveri risparmi di emigranti in qualche palmo di terra, per continuare la pena di -sempre, ma sulle zolle divenute loro. Le cooperative ed i gruppi sociaH non si sono affermati nemmeno in misura minima. per l'individualismo esasperato d) SOMBART H mode-nw ,,.. pttc:h.!mO, va::ecch1. (4) Rare ecceZ:1on191 r.s-:ontrano nel:e zone ccst!ere della Pug1Ja e dei.la S~cll:a, non~hè tn a:cune p:aghe d'e:la TErra di Lavoro: trop– po poco ,per gliust.!ficare la t,acc1a di • eap~taUsta • att'ribu.!t.a da taluno ;..l'agricoltura mer.dionale.

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