Lo Stato Moderno - anno IV - n.17 - 5 settembre 1947

LO STATO MODERNO 399 di aver superato completamente la cns1; però si può affer– mareche per essi già comincia a spuntare il sereno. La fiducia è in rapido aumento, assai favorita dalla stabilità politica. Nonostante il turbine rivo'.uzionario dei tempi attuali, le mo– narchie di queste cinque nazioni son forse più stabili ora che non prima della guerra. Durante g:i anni dell'occupazione le monarchie formarono il punto di convergenza dei movi– menti di resistenza. Dopo la liberazione favorirono la ripresa normale del!'attività parlamentare, svolgendo la loro missione con dirittura e con imparzialità. A queste nazioni fu quindi risparmiato il travag:io di una nuova costituzione, che ha tur– bato la vita po:itica de!la Francia e dell'Italia. Esse sono tor– nate al:e loro tradizionali abitudini e al governo democratico, che si dimostrò un valido baluardo contro le tendenze estre– miste di destra e di sinistra. Questa atmosfera di normalità politica è stata un forte sedativo per i nervi delle rispettive popolazioni, le quali hanno potuto dedicarsi al proprio lavoro senza badare troppo a:la politica. In ciò sta la maggior parte del segreto de:la loro ripresa. E' inutile aggiungere che la Svizzera e la Svezia sono prosperose e stabili. Le loro preoccupazioni derivano più dal– l"eccessodi ricchezza che dalla povertà. Ciò conferisce a que– ste nazioni uno stato di invidiabile distinzione nel continente impoverito; ma è anche un'opportunità per collaborare !ll:a ricostruzione, con prestiti e con l'acquisto dei suoi prodotti, come fanno in modo particolare g:i svizzeri. Mentre questi rilievi valgono per le piccole nazioni oc– cidentali, lo stesso non si può dire per :a Francia e per l'Italia. Nè !"una nè l'altra hanno ancora trovato il proprio equi:ibrio po:itico; ma se si considerano i disastri subiti da questi paesi per la guerra e per la disfatta, è lecito ritenere che abbiano superato il momento più critico. Dopo un periodo di mara– ,ma, durante il· quale il pericolo di un movimento rivo– luzionario era incombente, vi sono indizi che fanno sperare che ambedue queste nazioni abbiano trovata una base su cm srolgere il tremendo compito de:Ia propria ricostruzione. Economicamente :a Francia soffre in gran parte dei me– desimi guai che affliggono la Gran Bretagna: enormi danni causati dalla guerra, perdita di investimen\i a:t'estero, man– canza di mano d'opera, impianti vecchi o consunti, alto costo del:a produzione, attività dipendente dall'importazione di carbone, benzina, rame, cotone e lana, disorganizzazione di vasti settori dell'industria, causata dal passaggio della pro– prietà privata al:o Stato. La Francia ha ottenuto dagli Stati Uniti un prestito di 480 milioni dollari, la maggior parte dei quali è stata spesa entro :·anno scorso. A suo credito tuttavia si può mettere la ricostruzione deJ:e ferrovie e delle strade, completamente distrutte durante ia guerra, i porti devastati rimessi in efficienza, e il rapido aumento de:la produzione del carbone, de; ferro, deil'acciaio, dei tessi:i e dei prodotti agricoli. Ma il futuro è legato a:!'esecuzione del cosiddetto piano Monnet, un progetto d'insieme studiato da personalità de:J'industria e dei sindacati, il quale contempla la ricostru– zione dell'economia naziona:e; il successo dipenderà dalla vo– lontà dell'investitore francese, che dovrà fornire le enormi somme necessarie per rinsanguare le finanze e l'attrezzatura delpaese. Se avrà abbastanza fiducia nel franco e nel:'avvenire della Francia, la mèta potrà essere raggiunta; tuttavia non si potràiniziare nulla di consistente finchè non saranno e:iminati il mercato nero e la cors~ inflazionistica• La condizione della Francia è ancora pre?iccupante, ma in passato i francesi hanno dato prova più volte di una sorprendete forza di ripresa, e chi li conosce bene confida che ciò si ripeterà ancora. L'Italia dovette iniziare la sua dolorosa ascesa da uno stato di disordine economico e politico ancora peggiore. Al pari de:la Francia fu lacerata da contrasti interni, ma ancor Più gravi; e tuttavia è riuscita a dominare le forze disgrega- trici che avrebbero potuto essere fatali alla sua ricostruzione. Dopo un breve periodo di demoralizzazione e cli disperazione, gli italiani cominciarono a lavorar sodo. Verso la fine del 1946 iJ traffico ferroviario raggiunse quasi il livello prebel.iico. La ricostruzione industriale, sebbene gravemente ostaco:ata dalla mancanza di carbone inglese e tedesco, era bene avviata. L'agricoltura raggiunse il 65 per cento della produzione nor– male. li commercio estero riprese con inattesa rapidità. C'è abbondanza di inano d'opera, e le finanze, sebbene lasciate in condizioni disastrose dai fascisti e dalle rovine del:a guerra, potranno esser gradua:mente risanate mediante un severo spirito di sacrificio, specie non essendo più gravate da forti spese di armamenti e da co:onie improduttive. l'er quanto il trattato di pace sia accolto mò:to sfavorevolmente dalla popolazione, non v'è ragione cli credere che esso debba pre– giudicare la ripresa economica. L' lblia ha tutte le possibilità cli superare :e proprie difficoltà, che duè anni addietro pare– vano insormontabili. Io complesso le prospettive per l'Occidente son migliori cli quanto ci si potesse aspettare; ma nel centro de:J'Europa c'è una zona letargica, un vuoto. Non vi potrà essere una comp:eta ripresa del/economia del continente finche la Germania non tornerà ad esserne parte integra:e. Sia come produttore che come consumatore, questo popolo di 70 milioni costituisce un fattore indispensabile. U maggiore impedimento alla ricostruzio– ne europea è la mancanza del carbone. La Gran Bretagna, che una volta forniva circa il 44 per cento delle importazioni eu– ropee, ora .non dà· alcun contributo, ciò che indebolisce grave– mente la sua influenza politica ed economica sul continente. Data questa situazione, il carbone tedesco è ancora più indi– spensabile ai Paesi Bassi, alla Francia, alla Svizzera e all'Italia; ma le esportazioni tedesche, che una volta fornivano il 40 per cento delle richieste europee, ora son ridotte cli più della metà. Finchè non solo non torneranno al precedente live:lo, ma non lo supereranno di gran lunga, vi sarà una grave deficeoza cli car– bone, e quindi cli forza, che inciderà sulla ripresa dell'economia europea occidentale. Ma anche l'Oriente ha bisogno della Germania. Prima del– la guerra questa forni~a una gran parte de: macchinario e dei fertilizzanti impiegati dalle nazioni agricole, che in cambio trovavano nelle grandi città industriali tedesche un mercato per l'eccedenza dei prodotti alimentari. Ii problema è cli sapere quando l'Europa orientale sarà in grado di produrre di nuovo generi alimentari in quantità sufficiente per l'esportazione. Una volta che l'Unione Sovietica abbia superato la crisi agricola, non avrà più bisogno -dei cereali e del bestiame dell'Ungheria, della Romania e della Jugoslavia; e d'altra parte non sarà in grado di fornire a questi paesi trattori od altro materiale di cui hanno urgente bisogno, dovendo risolvere il problema della ricostru– zione della propria attrezzatura industriale. La Gran Bretagna potrà certo fare qualcosa per soddisfare le loro richieste e per assorbire le loro esportazioni; ma si prevede che col tempo sarà difficile che essi possano godere di un vero benessere senza la ripresa del commercio prebellico con la Germania. Non è questo il luogo per discutered problemi presi io esa– me a Mosca; e cioè fino a qual punto l'industria tedesca possa essere rimessa in efficenza senza pericolo, e come possa venire efficacemente controllata; cioè come possa servire l'Europa an– zichè dominarla. Ma tutti riconoscono che essa è un fattore in– dispensabile non solo per la ricostruzione europea, ma, giudi– cando dalle insistenze sovietiche riguardo alle riparazioni, anche per la stessa ricostruzione russa. A molti questa conclusione sembrerà paradossale e persino ripugnante, dopo gli sforzi oom– piuti per annientare la potenza germanica; ma è un fatto eco– nomico da!' quale non si sfugge. L'industria tedesca è un com– plesso senza il quale l'Europa non può sperare -di tornare alla sua antica prosperità, e tanto meno cli superarla. Se le energie

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