Lo Stato Moderno - anno IV - n.11 - 5 giugno 1947

LO STATO MODERNO 253 nuovoprogramma come una formula « a sinistra del centro ». E questo è, di per sè, significativo. L'evoluzione· dell'atteggiamento dei conservatori non è peraltro un fenomeno isolato. Esso si inquadra in quel reali– stico adattamento alla situazione economica di fatto e all'evo– luzione dell'opinione pubblica, di cui già a ~ine marzo s'era avuto un sintomatico episodio con la pubblicazione di un me– rnorandum della Federat-ion o/ British lndustries, che, pur criticando la politica governativa, esplicava tale critica solo in senso moderatore, accettando la necessità di una organica pianilicazione economica e limitandosi a chiedere una più ocu– lata graduazione di tale pianificazione, nonchè più stretti con– tatti consultivi fra gli organi di governo ad essa preposti e gli ,unbienti industriau interessati e competenti. li tutto, conclu– dern il memorandum, nel quadro ed ai liini di unà più effi– ciente produzione. E con questo possiamo dirci giunti al nocciolo del pro– blema. L'affermazione di Butler, e dei conservatori in genere, secondo la quale questi ultimi disporrebbero di uomini meglio qualificati dei laburisti per la condotta della cosa pubblica, può ben considerarsi motivo di banale propaganda. Così come motivoprettamente propagandistico può considerarsi l'afferma– zione di Attlee al recente congresso laburista di Margate, ~econdola quale i conservatori difetterebbero di un program– ma costruttivo, ove non derivassero frammenti e briciole dal programma di nazionalizzazione socialista. Il fatto è che sia i laburisti, sia i conservatori, sia gli esponenti della Federa- zione delle industrie, sulla base di una sana impostazione pra– tica - anzi usiamo pure la parola empirica - dei problemi dell'attuale momento economico-sociale inglese, hanno, nel corso degli ultimi due anni, notevolmente ravvicinato le loro concezioni e i loro programmi: gli uni frenando il ritmo della loro silent revolution e gli altri accettando i dettami della nuova realtà di fatto e psicologica maturata in Inghilterra. Il che equivale a dire che, ravvicinandosi, essi compiono con– creti passi per sempre meglio enucleare e precisare quella « terza via » della quale tanto, noi continenta1i, abbiamo astrat– tamente discorso. E in pari tempo, sia gli uni che gli ailtri, sempre meglio e sempre più accentuano il leit-motiv della necessità di un incremento produttivo (si ricordi l'appello, pure recentissimo, di Morrison al congresso di Margate). Tutto questo è tipicamente inglese. Non privo però di un interesse, e anche di un insegnamento, che potremmo ben dire generali. Interesse e inse\namento che vanno peraltro intesi nel quadro delle differenze specifiche fra mentalità e metodi politico-dottrinari dell'ambiente europeo continentale (e in particolar modo latino) e mentalità e metodi pratico– sociali dell'ambiente ànglese. E' questo un argomento annoso. Sul quale ad esempio André Siegfried ha scritto, anni or sono, alcune delle pagine conclusive del suo Tableau des partis de France. Un argomento annoso ma pur sempre vivo, sul quale sarebbe ben che noi, democratici continentali, cercassimo di riflettere. BRUNO PAGANI DE GAULLE CON11NUA PE1AJN? Il generale De Gaulle 1wn disarma il suo movimento cu resistenza per la pace ». Movirnentlo chiaramente naziona– liJtico-autoritario, con un centro tetorico - la Francia di Giovanna d'Arco - singolarmente simile al mito unitario a11tipartitico,e a11tisociolistico del Marescia&.'oPétain. Due 1J\OISW'i collnborowri, Mrichek Ronchetti ,e CesMe Spe/lanzon, illustrano qui la comurle ra;;liceideologica (Maur– ras), e la comune base cli pubbliche ade8ioni, che avvicinano loro malgrado i due mi/it{ITli -rremici, e li associano nel pro– porrp alla Francia un paradigma politico pensato oorne uno ichema difensivo d'erriergenza del Paese di fronte ai più pro– fondi confl'it!ti ~ociald, re!igiosl, i~bemazionali. E' singolare come due pur ra.pide indagini, condatte ,l'una su testi ideo– logici, l'altra su una diretta osseroazi-One dei fatti, vengano a chiaril'euna ·identica interpretazione del degdllis-mo, come mo– Gimentole cui sorti. sono ilegate non ,tanto all'interno travaglio dialettico della democrazia francese, quanto piuttosto alla fatalità di una Frandia che, uroita da una guerra, ne attende, come inevitabile, un'altra. La sorgente in Maurras Nel 1941 veniva pubblicato in Francia un libro che non so se in Italia sia stato letto quanto merita: • La seul<0Fra– ce•. Le osservazioni e i ,propositi che Char:es Maurras di– ,11:gava a1lora andrebbero ICOnsiderati .atbentamente anche oggi; sono propositi ch'eg:i ha in parte mantenuto, inviti ohe la Francia ha in pMte rnccolto, ma che forse continua ad asco:tare. La vittima ufficia<ledi tal modo d'intendere è stato :'uomo che :a • seu:e Foranee » •ha prima aoolamato e poi con– dannato alla pena di morte. Maurras indicava in Pétain H so'.o uomo deKa Fmncia tradiziona'le patriottica, della sola Francia' possibile; la competente autorità capace d'lntuire gli interessi del popolo, e di svolgere questi interessi, che la pol– vere della politica voleva· offuscare, in risultati pratici, posi– tivi. in succes.,i. La profezia di Maurras è caduta, e Pétain è in carcere. La Francia ha diversamente vinto: altrove, e in altro modo. E' però gravoso notare come siano g;i stessi, o molto simili, gli é.ementi che hanno oonoorso nelruno e nell'altro capo a formare il risu:tato positivo, come siano simili le affermazioni dei "ittoriosi a quelle dei vinti. Leggiamo ciò che scriveva Maurras. A mcite fra le do– mande che gli si potrebbero rivo:gere, egli risponde nel corso · del suo Hbro, dove una certa logica scorre pur tra scarti e urti. Le sue teorie, che non hanno. della teoria che l'aspetto, dipendono tutte da alouni principi, capisaldi non più discussi di un pensiero ohe, se minaccia di disperdersi in particolari indifferenti quanto precisi, torna pur sempre alle sue origini, mai discusse e mai Tinnegate. Poche :e legg1 di una vasta casistica, leggi che ora raffiorano e vengono riproposte se pure quar'.che esempio è mutato; leggi e corol:ari ancor man– tenuti anche se il loro necessario risultato fu questa guerra. Scrive Maurras: « Ci sarebbe stato bisogno di un so: capo, come si cQDvienead ogni grande Stato: concentriamo lo sforzo :à <love può dare, in tempo Telativamente breve, dei buoni frutti; mettiamo in guardia il Paese contro ogni sban– damento, trasciniamolo, o manteniamolo ne:Ia direzione dei risultati favorevoli: Politique d'abord ». Ma qual'è, si potrebbe chiedere qui a Maurras, qual' è questa po:itica della riuscita, del cavaKo vincente, de:rautorità che vince perchè è unica; non è forse, ovviamente, proprio il contrario del pensiero po– litico? Qua:e il contenuto politico di quei « risultati favore– voli » cui perverrà un organismo, la nazione? « Bisogna concepire, intraprendere, org.anizzare, questa pd.itica nuova, e forse rea!izzarla in breve». E Maurras pro– pone rl « lavoro come la ,più umana del'.e leggi e la migliore de']e abitudini»; ma non si comprende quale significato po– trà avere il lavoro se, com'eg1i vorrebbe, un regime sociale su di esso fondato d_ovràdivenire realtà so!o « quando avran– no taciuto le prediche de!(a lotta· di classe e de11auguaglianza

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