Lo Stato Moderno - anno IV - n.9 - 5 maggio 1947

200 LO STATO MODERNO razione del D'Annunzio, con iii suo cattivo gusto d'antiquario. Il suo modo d'intendere il popolo dtaliano è balordo e ba– r~, ci dà· il fastidio di troppe derivazioni foancesi, è nu– trito di troppi fermenti equivoci, w di mistificazione, ma non è banale, anche se è stato ban'<!Jlizzato !I)6r primo dall'autore. La nazione italiana, per lui, è un risultato biologico, un ca– polavoro' di selezione e di incrocio, ricca di tutte .le doti, come un frutto cairico di sucx:hi, di sapori e di semi. Ossia, il suo concetto del popolo coincide con il suo amore per ciò che è vitale e mulmforme. In questo sentimento, che è la ima ispira:llione,rientra ~ si spiega ,anche il suo gu&t:oper la :fomia, per il turgido e lo squisito, il suo marinismo, come fu chia– mato dai professori: perchè la 51.la . ispira:zrione è proprio lo scoppiare della vita nel/e forme, una lussuria di forme. Il suo gusto della forma non è s-olo un· atteggiamento stilistico, è un nunziana del popolo, della nazione. della storia. così labile atteggiamento. III. Non è il caso di stringere troppo quella intudzione dan– nunziana del popolo, de1la nazione, de:Ja storia, così labile che a isolairla dalla sua veste rettorica si decompone subito: mn'ile a certd organismi che muiono appena fuori del loro ambiente ·e non si possono studiare. Più che una concezione, fu una velleità. Comunque, per malviva o malcresciuta che fosse, un'ispirazioJ;)e: un ,sentimento, un'auscultazione deHa storia, anche se dietllantesca e estetistica, una forma nuova di simpatia col passato, mteso come carico di avvenire, come wtale: una « laus vitae». Il ISUO nazionalismo è un aspetto di questo sentimento. Inutile ripetere ciò che è risaputo, osia quanta parte vi ebbe una torbida avidità di successo, di godimento, di emozione. Si può affermare che quella era la vitalità dei fermenlii, la fosforescenza della putrefazione, un pantano. Comunque non si può_dire che i giov:vii vi si tuf– farono imperturbati e che ne uscirono asciutti. E ·questo ci importa. Tutti ne furono intrisi, molti ne uscirono tossicchianti per tutta la vita. Il nazionalismo, è noto, si 'innesta per lo più su un sen– timento primitivo, quello che il Vico chiamava la « boria delle nazioni». Questo sentimento presuntuoso è oomune a tutti i popoli ed è più vdvo nei giovani. Vi è poi. boria e boria: . la determinano il sangue e il clima, ,le tradizioni e ·le sib•"– zioni .Stando al nostro caso: qua!e è iJ. terreno psicologico in cui ha affondato le sue radici la rettorica dar.nunziana? Ra– dici poco profonde, che hanno assorbito poco alimento, mal– grado l'avidità deJJa pianta, se è cresciuta così! ~ussureggiante ma ste~ile. Non ha prodotto nè un <rivolgimentospirituale nè un movimento culturale, non 1 pa creato un mito. Tra il '900 e ,tl '922 il nostro popolo aveva molte pre: sunzioni, a tutti noi famigliari perchè ancora ci rimangono, anche, ,se ,gli avvenimenti le hanno un po' -castigate: 'P· es. di possedere, come Italiani, una mentalità geniale e una psico– logia pronta, e naturalmente un massimo potenziale erotico, ma soprattutto un equiJ.ibrio mora'le perfetto. Quest'ultimo è fo.l'Se il sentimento meno denunciato, ma il più profondo della nostra psicologia. L'Italiano non si •ritiE:11,e il. migliore (non crede all'ecce:lenza e tanto meno alla perfezione), ma il più normale. Questa nomialità, questa mediocrità è il sen– timento che gli dà una tranquilla sicurezza. E' la sicurezza che.si trnduce nel'J.acosidetta cafoneria. L'Italiano è natural– mente cafone. Ecco perchè egli, che viene ritenuto (a torto) un denigratore d,i sè stesso (egli·non si condanna mai, si mette semplicemente a verbale), in fonclo è ruomo pm }ibero da veri complessi o da paterni d'animo, ìl meho malato <!i auto– critica; e anche ,per questo, di tutti i popoli, egli che ride sempre, il meno umorista. Questa mentalità. nomi.aie, e semmai prudentemente uni– versalistica (o che tale a'.meno si ritiene), ma non singo!are nè egemonica, non ero certo il terreno propizio per coltivarvi superbie imperiali, impulsi di eversione, o ,sogni avventurieri. Tanto basta a spiegare i frutti rachitici del dannunzianesimo, che frondeggiò con abbondanza, come fanno le piante nei terreni aoquosi e poveri, ma· senza risu:tati. Vi era troppa incompatibilità fra lo spirito equilibrato e scettico degli Ita– liani e quei sogni di avventura, che non uséirono mai dallo stato di velleità immaginarie, ma ~imasero sempre compensa– zioni e sfoghi di animi caSfuinghi, prudenti, un po' torbidi e molto fiacchi. Quelle velleità immaginarie ·traboccarono, è vero, fuori de'.la letteratura, ne'.Ja vita politica. Proprio questo distingue il dannunzianesimo da altri fenomeni di decandentismo let– terario. E per ,spiegarlo si può ricorrere al persistente residuo umanistico della ciw:,tà italiana; ma soprattutto è bene, per spiegarlo, ridurlo alla sua giusta misura. La corruzione della nostra vita sociale degli ultimi decenni non è tutta dannun– zianesimo. Questo fu in parte un'illusione, ma molto di più un alibi e un inganno, proprio come un equivoco fu l'aspetto • politico det'umanesimo nel Rinascimento. E si intende, que– sta volta mille metri sotto. Ma certe attitudini si fissano nei popoli, divengono gesti decaduti e obbligatori, atavismi storici; quando sembra che ritornino, in realtà si riacutizzano soltanto, a intermittenza, come certe malattie. Nelle circostanze ne vanno cercate le occasioni. Ma a noi non interessa di studiare i prete!>ti sotto i quali il ,gusto dannunziano contribui a creare '10 spirito fascista. Proprio perchè, secondo noi, il fascismo è stato un fenomeno ben più complesso, anche sotto raspetto culturale, e vi confluirono se mai altre correnti· irrazionaHs,tiche, come il mito della vio– lenza del Sorel, J!attLvismo sindacalista, il pragmatismo poli– tdco crociano ecc. Tutte sono corresponsabili (se ciò ha un senso) di qu~lle conseguenze. A noi importa segnalare proprio l'aspetto contrario: come que'.la rettorica dell'avventura, quello spirito rinascimenta~e si inserisse a stento sulla nostra pru– denza e sulla nostra mediocrità controrifomiiste. Quei due metalli del nostro carattere non si' amalgamarono, non fecero lega, donde il suono fesso di tanta nostra cronaca recente. Questo fu il disagio dei giovani durante il ventennio. Il partito li chiamava all'i11iziativa, ed essi vi si davano con diffidenza; ,i invitava all'entusiasmo e rimanevano freddi; non si erano mai sentiti costi scarsi di impulsi, così calcolatori. Nel gridare, essi che amano gridare, ·li -prendeva l'impaccio. Adoravano le divise, i oordond, i pennacchi, e nelle uniformi fasciste si trovavano fuori della loro pelle. Mai si erano sen· titi così borghesi, oosì•figli di famiglia. Sappiamo che il di· sagio sd trasforma spontaneamente in rancore. La resistenza ,del carattere traduceva natum:mente queg:i impegni in im– pieghi, que~'.i onori in forma'.i adesioni, quegli incarichi in proHtti. Questo equivoco li corrompeva, ma es,si avevano un alibi, se non mora:e, sentimentale: gettati nella vita pubblica, si sentivano più che mai private persone, e si lasciavano gui– dare daJ;'interesse privato. Questo era i'. loro cosiddetto cinismo. (Ccmbinua) GUIDO MORPURGO TAGLIABUE

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