Lo Stato Moderno - anno IV - n.5 - 5 marzo 1947

112 LU STATO.MODERNO Abbiamo già fatto parola di quell'accento che risuona spesso ne::a propaganda e nel:'ideologia cÌei movimenti an– g:ossasoni o -svizzeri, ecc., e che li avvicina, fu detto, al vecchio socia:ismo utopistico: un'eco di antichi richiami sen– timenta:i ai principi di moralità e di giustizia che fanno leva sull'aspirazione umanitaria a::a pace, e sotto· a cui natural– mente e giustamente si racco:gono tanti altri intere9&i, Sarà per la nostra natura scettica ormai proverbia:e, o per la no– stra più debo:e tradizione giusnatura:istica, o per altro mo– tivo, fatto sta che le dichiarazioni europeiste ne: nostro paese bOn hanno mai echeggiato in modo mo:to sonoro quegli ac– centi spiccatamente umanitari e pacifisti. Non che venissero trascurati, o che noi si sia cinici o be[icosi; erano piuttosto sottintesi. Imp:iciti in a:tri principi. Impliciti ne: concetto di progresso politico o di progresso storie-O. ~ Chiameremo progresso po:itico que[o che risolve deter– minati problemi e contraddizioni e conf.itti de::a società; progresso storico que:Io che porta a conc:usione :e direttive di un'epoca. E si intende, quello contingente, questo prov– visorio. Ma due concetti differenti, frutto di due mootalità, che sono que::e appunto (a'.meno ci sembra) che separano oggi in due correnti i federalisti. Ne: giudizio di progresso po– litico è imp:icito un criterio tecnico, i: principio del meg:io, assente viceversa nel giudizio s'.orico. A: progresso storico, di origine idea'.ista, invece è più essenziale i; carattere di pro– cesso, di svi'.uppo, anzichè di mig:ioramento. Comunque sia, la contraddizione inerente ad ogni politica storicistica consiste nel fatto. che il suo appel– larsi al processo storico significa riferirsi a una numerosa e comp'.essa serie di fattori, coordinati gli uni con g:i a:tri come sono :e direttive di una civi.:tà, ma riso:ubili so:o al– i'infinito. li determinismo del:a ,storia ha un senso so:o al limite, dove coincide con la libertà. La considerazione po:i– tica viceversa iso:a un gruppo di fattori, tra j quali vuo'.e cercare un preciso rapporto, ossia attribuire al:e parti quel determini-smo che va:e so'.tanto per i: tutto. Da ciò la ne– cessità per uno storicista avveduto di mantenersi più che mai su::e generali e di intingersi appena e non immergersi mai nel:a po:itica. Quando sia troppo fiducioso nei <SUoi con– cetti lo storicista diverrà proclive a un determinismo analitico, sil:ogistico_ o dia:ettico, e non esiterà a fare del processo storico una dottrina, e poi a -stendere _praticamente :a dottrina in ideologia. Dopo di che sarà costretto a comp'.icar:a e a ampliar:a laboriosamente, ossia a corregger:a in sede di ese– gesi, per motivi teoretici o pratici, fino a d:ossolver:a. E' ciò che vediamo ogni giorno. E' que:Io che è accaduto alla « realpolitik » come al ma"'iffllo, aI.:a po:itica de:~o storici– smo dialettico e a que:Ia de: materia:ismo storico, due dot– trine imperniate su due fattori iso:ati de:Ja società (il mili– tare e i' ·conomico), che si mostrarono insufficienti sia a esau– rire deterministicamente la storia, sia a produrre fonnu:e pratiche che non suscitassero insaperabi:i repu:sioni. Il Campagno:o, ci sembra, partecipa proprio di questo atteggiamento. Quel senso tecnico che è pr.oprio di ogni politica pro– gressiva, eg:i l'ha bensì inteso acutamente, come appare anche da un passo apparso di recente su Stato Moderno (n. 15 de:' 1946; lo scritto è stato pubb:icato pure ne: primo numero de1- l'Actio,i federaJ.iste européenne, ed. La Baconnière), :à dove prende di petto una federazione europea intesa come « una tecnica de::e relazioni intemaziona:i che permette di risolvere prob'.emi insolubti coi metodi ordinari». ( 0 ) Ma ha il torto di confondere e <li accomunare una tecnica dei rapporti interna- ziona'.i e una tecnica dei rnppqrti interstata'.i. Egli ha ragione facilmente de!:-aseconda, almeno sul,a carta, non de::a prima. Tutta la sua confutazione si rivo:ge a quella, non a questa. Ciò significa che una concezione unitaria de['Europa non si deduce necessariamente da una dottrina storicistica; e che una mentalità tecnica o empirica (adoperiamo volentièri questa nomenclatura) non porta necessariamente a una visione astratta, contradditoria e utopistica. Con ciò ci sembra di aver somma~iamente disegnato il principale motivo di distacco tra due tendenze, se non pro– prio tra due momenti, del M.F.E. Non è un motiv9 program– matico, perchè proprio il programma è rima•sto ina:terato (e ciò non è tr:iscurabi'.e), ma diremmo, se non ci sembrasse esa. gerato, ideo:ogico. PTeciseremo: superfluamente ideo:ogico. Non perchè ogni contrasto ideo:ogico ci sembri superfluo, ma questo contrasto ideo:ogico. Una ideo:ogia infatti è efficace so:tanto quando si risolve in una robusta e origina'.e imposta– zione dottrinaria formu:ata o anche so:o pres~tita. E qui non è il caso. Gli atteggiamenti che abbiamo cercato di rias– sumere sono seri e legittimi come manifestazioni personali di temperamenti, ma non da prendere sU: serio come ideo:ogie. Sono residui di uno storicismo già remoto e convenziona:e, o anticipi di un empirismo spontaneo, ma ancora vago e istin– tivo. Possiamo co:tivarli come stati d'animo, non come dottrine. Si può conc:udere dicendo che la primitiva impostazione del M.F.E. era troppo po:itica, la Tecente troppo dottrinaria. E non sarà un farsi ma'.evoli i: considerare quella politica an– cora acerba e fantasiosa, e questo dottrinarismo rugoso. Que:Ja considerava il superamento de::e sovranità nazionali, dentro un'area (non abbastanza determinata), come l'espediente mi– raco:oso capace di risolvere con un co:po so'.o l'antinomia del- 1' età moderna, quella de:Ia concentrazione economica e del libero scambio: una specie di mos,a rapida e magistra:e che darebbe scacco matto al sezionalismo ,al col:ettivismo e a::a :otta di c:asse, i tre malanni de:!a povera Europa. E non è escluso che a parecchi non desse ,ui nervi que:Ia vocazione da Bellerofonte. A sua vo:ta una giusta formula giuridica, come que:.:a de::a sovranità indivisibi'.e, quando si trasforma in un principio dottrinario perde i vantaggi che ofhiva come sussidio al:a politica, e per volersi fare indispensabi'.e o addi– rittura essenzia:e, si fa superflua; a'nzi dannosa, poichè con– duce a uni'.atera'.i conseguenze tatticne. I suoi pericoli sono evidenti. Il settaTismo nasce sempre dal dottrinarismo. In questo ca~o un dottrinarismo scarso e formalistico che produrrebbe (non stupiamoci, siamo in un campo di po:itica ancora professorale) un settarismo meto– do:ogico. Atteggiamento questo tutt'altro che innocuo e astrat– to, non ci si illuda. I principi forma:i sono suscettibi'.i di tutte le possibili app:icazioni e si riempiono .di tutti i possib-:i con– tenuti. In nome di una ragione storica o di una coerenza :ogica ci si può orientare verso qua:Sivoglia visione politica, nel caso nostro verso qualsivog:ia visione europea. All'inizio di questo discorso, si ,par'.ava di democrazia. Ed è noto che il pubblico democratico, a: pari dei se:vaggi (secondo quel che raccontano g:i esploratori) è partico:armente accessibile a due suggestioni, quella de::e formule magiche e quel:a delle per:ine di vetro, de'.'.a paccotig:ia. I dottrinarismi sono una cosa e l' a'. tra. • GUIDO MORP~GO TAGLIABUE (') n più recente sag,g:lo, • Popo::t" 'COTI!f!'CS50 •, mc!to nel numero del 20 gennaio scoroo di • stato Moderno •, ~uando questo art.icoJ.o, (scrU!o dopo i: cortl!ll'OSSO di Veneua) era già composto, si mantiene au \.m terreno teorico e non t.:1titico.

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