Lo Stato Moderno - anno IV - n.2 - 20 gennaio 1947

26 LO STATO MODERNO tra la inevitabilità e il pericolo; bisogna avere il co– raggio di arrendersi alla inevitabilità e di affrontare il pericolo. Era una scelta, e bisognava scegliere. Elu– derla era impossibile, o sarebbe stato possibile solo a prezzo di viltà morale e di insipienza politica. Ma ora bisogna affrontare il pericolo. E il pericolo è che, impegnati i due partiti in una lotta organizzativa tra loro, dimentichino che intanto la vita politica am– ministrativa economica e finanziaria del paese con– tinua a svolgere inesorabilmente il suo ritmo e, se essi non sono presenti il ritmo si svolgerà contro loro, cioè contro la democrazia. Bisogna cioè che i due par– titi socialisti facciano nello stesso tempo organizza– zione e politica. Sarebbe fatale, se essi dimenticassero che il pae– se è nelle spire di una serpentina finanziaria di cui il prestito non è riuscito a modificare il corso se non in misura ridottissima, se non ponessero mente a una situazione internazionale che relega sempre più in soffitta i sogni illusori di una federazione o di una neutralità permanente, se non facessero attenzione alle difficoltà, anche tecniche, in cui minaccia di im– pigliarsi la nostra ricostruzione economica, se non scotessero il torpore che grava sulla Costituente, e non gridassero al paese il delitto di una Costituzione vecchia prima di nascere. Occorre in sostanza che i due partiti socialisti si rendano conto che se essi co– stituivano la riserva democratica dopo il crollo del partito d'Azione, oggi l'esercito popolare è senza ri– serve. Se essi si lasciano sconfiggere e travolgere in questo momento, la speranza di un profondo rinqo– vamento italiano andrà perduta per molto tempo. Quali i modi di azione politica per vincere e su– perare il pericolo? E' qui che può essere opportuno richiamare la accennata identità di logica politica tra la frattura azionista e la frattura socialista. Anche nel febbraio 1946 vennero affrontati temi i cui echi rintronarono poi nelle sale romane del gen– naio 1947: il modo di salvare la libertà di fronte alla pianificazione economica, il problema dei ceti medi e della loro attrazione a fianco dei proletari, la neces– sità di una forte e consapevole direzione dello Stato contro i torbidi e impossibili tentativi d.i ridurre lo Stato a uno strumento classista. La sinistra vinse, ma scomparve come forza po– litica. Anche la destra fu liquefatta rapidamente dal– la mancanza di una tradizionale struttura organizza– tiva, ma rimasero nella realtà, sempre più lucide e intramontabili, le sue istanze politiche. Rimase la ne– cessità di una politica che saldasse « realmente » e non solo verbalisticamente, e soprattutto non solo a fini merament~ elettorali, proletariato e ceti medi; rimase la necessità di una politica interna di intelli– gente conciliazione, basata sull'indeclinabile presup– posto che la storia di domani non può essere ricat– tata dai rancori di ieri, e che essa sarà il prodotto degli sforzi di tutti gli italiani comunque li abbiano fatti i loro errori o le loro virtù; rimase la necessità di una politica economica rigorosamente informata a stretti criteri produttivistici, solo mezzo per impe– dire il progressivo declassamento della moneta; ri- mase la necessità di una politica fiscale che, facendo perno su una economia produttivistica, avviasse il paese a profonde riforme strutturali; rimase la neces– sità di una politica estera snebbiata da vassallaggi ideologici e realisticamente tesa a superare l'isola– mento italiano nelle forme dettate da una realtà in– ternazionale che non chiede a noi il permesso di svol– gersi in determinate direzioni; rimase la necessità di una acuta attenzione ai processi di imbarbarimento morale che percorrono il paese; rimase, sempre più precaria e sempre più minacciata, la necessità di di– fendere, con alacrità con coraggio con chiarezza la posizione di un laicismo spirituale che, rinnovato dalla profonda comprensione dei valori religiosi, ri– vendichi la insopprimibile autonomia dello stato nei confronti dei partiti. E l'associazione non sembri irri– verente, perché se mai la irriverenza è della storia. Ora sarebbe evidentemente di pessimo gusto discutere se queste istanze possano o meno rientrare nell'ambito di una politica che voglia definirsi socia– lista. Lasciamo ad altri il gusto di queste diatribe, contentandoci per noi di registrare che queste restano le esigenze di una attuale direzione governativa della · vita pubblica italiana. In che modo potranno i due partiti socialisti col– laborare alla fondazione di un tale orientamento poli– tico? Difficile appare che un apporto positivo possa essere dato dai socialisti così detti di sinistra; e ciò non tanto per la tradizione e la tendenzialità sita in tale definizione (abbiamo già visto altri sinistri met– tersi a fare la politica dei destri costretti a lasciare il partito), quanto perchè da un punto di vista obiet– tivo il loro contributo sembra dominato da quello del partito comunista, e da un punto di vista soggettivo i suoi capi non sembra abbiano la possibilità di supe– rare nell'azione l'angustia di invecchiati schemi ideo– logici. Così l'affermazione nenniana di avere con– dotto il proletariato al di là dello stato borghese ri– schia (se non ci saral!no dei buoni democratici a sal– var la situazione) di riportare il proletariato al di qua del garantismo borghese, come la tragica fissità di Basso nel contrapporre un mitico stato di classe ope– raia a un mitico stato di classe borghese rischia di assomigliare a una tragicomica fissazione, incapace di distinguere la perenne originalità del flusso del– la storia. Profondamente diversa, con assai maggiore ca– pacità di adesione alla realtà, con più profonda intui– zione dei nostri bisogni, sembra la posizione del nuo– vo partito. La sua marcia sembra gravemente insi– diata da un solo pericolo; in misura minore può sor– gerne un altro. Il primo pericolo è che esso non si renda conto che quanto è avvenuto deve essere de– finitivo; questo significa non soltanto rinuncia ad ogni allettamento unitario (e la storia deila frat– tura socialista è là a dimostrare la inutilità delle riconciliazioni), ma anche accettazione e consape– volezza della serietà di quanto è accaduto. Se fosse accaduto soltanto che dei socialisti si sono separati per motivi contingenti o metodologici, ma restando ognuno nel solco (che è una prigione) della tradì-

RkJQdWJsaXNoZXIy