Lo Stato Moderno - anno IV - n.2 - 20 gennaio 1947

LO STATO MODERNO 27 zione antica, l'importanza dell'avvenimento sarebbe minima e precaria. Se Saragat crede veramente che i' ceti medi ade– riranno a un partito che continui a definirsi classista_ e operaista, temiamo che si sbagli di grosso. Hic Ro– dus, hic salta. E' chiaro che la logica stessa dell'azione politica porterà il nuovo partito fuori del solco. Ma se mancherà la consapevolezza dei capi, l'azione poli– tica ne resulterà gravemente ritardata e inceppata, mentre il tempo incalza e la chiarezza urge. . Una constatazione positiva è che questa volta la scissione non è un caso personale; non si è ripetuta l'operazione riuscita a carico di Bissolati. Questa vol– ta è un esercito che presidia una linea di battaglia. Il secondo pericolo che insidia la vitalità del nuo– vo partito è quello di pèrdere i contatti con la massa operaia e contadina. • E' il pendant del primo, ma qui il pericolo ap– pare minore perchè molti organizzatori hanno se– guito la secessione. Occorrerà però una forte ed ener– gica politica sindacale, severamente anti-demagogica e piena di spirito liberale, capace non di involgere il cittadino nel lavoratore ma di svolgere dal lavora– tore il cittadino. Il che precisamente significa salvare nella democrazia sociale la democrazia politica. E poi governare, e poi amministrare. Ricordate il Lamennais? « En France aujourd'hui les lois ten– dent à la democratie, et l'administration au despo– tisme ». Anche in Italia, oggi, è così. Il nuovo partito socialista dovrà pensare ad amministrare con demo- •crazia e a governare per la democrazia. E' il compito di oggi. l\lARIO PAGGI Le • • del contrasto A Congresso socialista conchiuso, possiamo diTe che esso abbia significato una chiarificazione della situazione dernocrati– ca italiana, o ne abbia al contrario accresciute Je incognite? La stampa del « Partito Socialista Italiano" accusa ,gli scis– sionisti di aver preso la via più facile. Sul!' Avanti! Jacometti ac– cusa la minoranza di non aver avuto la pazienza di intraprendere tutte quelle vie 4unghe e rngolari con le quali una minoranza con– quista Ja maggioranza. In alt-re parole, è un'accusa di desa demo– crazia. Del resto in Congresso (vogliamo dire nel Congresso del– l'aula magna dell'Università) abbiamo udito ripetere a sazietà dai congressisti della sinistra che essi, re fossero rimasti in minoranza, avrebbero accettato da legge della maggioranza. Queste accuse e queste professioni di democrazia Jasoiano quadche sospetto che la sinistra non abbia abbracciato fino on fon– do la portata del dissidio. Visto ,nella sua realtà ideologica e poli– tica, il chssidio non poteva se non difficilmente essere composto. Forse l'unica via per dirimerlo sarebbe stata quella di un inter– vento risolutivo del gmppo pa~lamentare: ma non già all'U:tima ora, secondo la proposta (.;reppi, ma a'ila fine di novembre. Infat– ti intorno a:! dissidio deI.:e due frazioni si era creato tutto un alone di dissensi e di equivoci che non riguardavano più soltanto gli iscntti al Partito ma J';ntera opinione pubblica del paese. Si po– trebbe dire che ormai Tegnava un mailllteso pericoloso tra il Par– tito in quanto Partito e il suo corpo elettorale. E proprio perciò sarebbe stato legittimo affidare la composizione e lo studio della crisi ai deputati, in quanto intermediari per elezione tra Partito e corpo elettorale. Ma è anche chiaro che un tale intervento avreb– be esautorato il Partito' in quanto 'Partito, gli avrebbe tolto (o al– meno ne avrebbe minato) ,una parte della sua autonomia e di quella funzione di grande soggetto della politica moderna che tut– ti i partiti si arrogano, e più di ogni a1tro un paFtito di massa. Si osserva da parte degli •unitaristi che non sussisteva al– cuna sostanziale divisione i':leologica tra le due &azioni. E' ve– ro invece il contrario, e solo una .-agione ideologica, un com– plessg di convinzioni 'intorno al modo. di far ,politica e di far democrazia, ha diviso ll Partito. Vogliamo noi stessi concorda– re tanto con Nenll'i quanto con Saragat quando affermavano che non si trattava e non era in giuoco alcuna quastione di am– bizioni personali. Ciò che era in giuoco éra 'll1l dualismo difficil– mente conciliabile, che è emerso soprattutto nel divario e nel contrasto tra i discorsi di ·Saragat e di Basso. Discorsi ricchi am– bedue di attualità, e miranti ambedue, secondo il verbo socia– lista, alla « emancipazione dei lavoratori ». Ma la differenza sta in qu~to: che per Basso il Partito deve essere effettivamente una IQaCChina f-errea e senza indulgenze, un organo rivoluzionario al quale ,1 ,proletariato affida fa propria disperata volontà di spez- zare ,le catene del regime capitalistico. Ogni socialista, che è per Basso un militante, un soldato, si abbandona alla segreteria, alla direzione, fa blocco, grazie alla politica della direzione, con tutti - gli alliri. Questo enorme strumento di bat-tag)ia che è il Partito creerà la liberti per i singoli; nel Partito stesso, ognuno conta per la sua competenza tecnica. Il respiro di Saragat ha una diversa libertà. Il socialista non accetta supinamente un ordine di battaglia e non fa del Par– tito un· soggetto di tattica. Ogni iscritto interviene con la respon– sabilità della sua coscienza nella poliaca di emancipazione. ra Par– tito inon può nè al suo interno nè nei rapporti con gli altri soggetti d<!la politica disconoscere la persona umana. Al centro della con– ce-zione saragatiana è un personalismo democratico, che include in sè i fini del marxismo, ma richiede una applicazione costante della democrazia formale o politica. Il IJ9me stesso, di riformismo non si addice pienamente alla posizione di Saragat, se per rifor– mismo si intende una sorta di « ritocchismo », di prudente rap– pezzamento dei guai e dei mali della situazione sociale. S.aragat aspira a trasformazioni sociali non meno di Basso, ma il metodo deve essere queI.:o della democrazia come Jibera discussione, come assenza di pressioni ,da parte della burocrazia di partito. Saragat vede la democrazia sociale come la forma più concreta della de– mocrazia politica; ma .non accetta una democrazia sociale senza democrazia politica. Nenni invece ha spiegato con ogni chiarezza nel suo primo discorso al Congresso che per lui la democrazia politica, piuttosto che un metodo costante, deve essere un punto di partenza e di distacco verso mete ulteriori. Per Saragat la de– mocrazia politica diviene quindi metodo immanente; per Nenni è un momento storico che già si allontana per dare tl passo a mete ulteriori. Di.e che su questa base non .vi foss~ro differenze ideologiche è miopia. Ma in ciò stesso sta la risposta alla domanda che ci eravamo ,posti. Quali che siano ora per alcuni mesi i-turbamenti di coscienza e di posizioni nella vita del Paese, abbiamo gùada– gnato in chiarificazione. Il Partito Socialista Italiano si stringerà viepoiù ai comunisti, dai quali solo Mosca li divide (ma il comu– nismo non è certo alle prime armi nell'arte di addolcire le sue pretese per raggiungere il fine del Partito unico dei lavoratori). Il riuovo Partito di Saragat assume - doVTebbe assumere - in– vece in Italia quella funzione di progressismo, ma insieme di ga– ranzia degli istituti e del costume democratico ohe nessun par– tito ha sinora esercitato. In questa sua funziooe, awà sufficiehte arte politica da inon lasciarsi sopraffare nè dai residui di mitolo– gia rivoluzionaria nè dalle -lusinghe di voci borghesi, abbastanza scopertamente interessate per essere avvertite ed eluse? UMBERTO SEGRE

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