Lo Stato Moderno - anno III - n.17 - 5 settembre 1946

uO STATO MODERNO .J • 401 in una visione liberale moderna que:Jo che per il liberalismo classico era la dottrina del deismo, il cu'.to de:Ia natura e de::a ragione, ossia quel sistema di pootu:ati dai quali discen– deva la re:i~one della libertà. Que:la antica libertà era la difesa de::a persona, devota a sua vo!ta a quegli ideali. La libertà nuova sarebbe difesa della persona senz'altro, co:ti– vazione -de:I'individuo. Non si può ritornare a quella posizione precedente così dogmatica, ma non si può nemmeno rima– uere su questa così provv15oria. Tanto andava detto per capire lo spirito del liberalismo di Fi:ippo Burzio, e soprattutto perchè il suo programma po:itico, come in genere tutto il libera:ismo d'oggi, ci sembra fondato su un equivoco. Quando I autore si richiama ai principi delle più ll'ecenti dottrine sociologiche, in particolare a quella della classe poli– tica o delle élites del Pareto e del Mosca, e vuo:e adope– rar:e a rincalzo di una rinnovata ideologia libera:e, ci sembra che incorra ne:lo stesso illegittimo sçambio di coloro che facevano del sistema delle leggi natura:i economiche un me– todo di applicazione politica. L'economia po:itica, non è il caso di ripeterlo, non è po:itica economica. Da:l'economia di Adamo Smith e di Ricardo escono il liberalismo come il marxismo, la politica della concorrenza come que:la della protezione. Quando Benedetto Croce dichiara che il libera– lismo non è un sistema politico ma il sistema politico per ecce:Ienza, dice appunto che non è un partito, ma un regime o un metodo, dentro il quale il programma liberale non è più legittimo, ossia più libera!e, di tanti a:tri. Difendere oggi il programma libera:e come que:Jo fondato su postu:ati scien– tifici, come la funzione deHe élites, ecc., significa operare una trasposizione impropria, travasare il sistema in un programma. I _Qrincipidel libera:ismo -sono talmente penetrati nella politica moderna che non vanno nemmeno pi~sotto il nome di libe– ralismo ma di democrazia. L'opposizione tra liberalismo e asso:utismo del 1815, oggi è tra democrazia e totalitarismo: e l'uno come l'altro accettano la dottrina de:Je élites. Nessun democratico, fautore de!la democrazia diretta; ossia de:J'eser– cizio delle iniziative economiche e politiche da parte delle masse, pensa che quelle funzioni, che esse ~ivendicano come diritti, le possanp esercitare, se non affidandole a minoranze da loro ·espresse, a élites. Democratici come comunisti, si accusano vicendevo:mente di favorire la prevalenza di una c:asse sul!e a:tre.: ma questa classe privilegiata, borghesia o pro'.etariato, non è senz'altro una « classe politica», ma sol– tanto una couche della minoranza di governo. r; proletariato industria:e ne:l'U .R.S.S. come la bo~ghesia ne:lc. democrazie occidentali costituiscono due tipiche c:assi privi!egiate, le qua:i non escludono altre c!assi, i contadini per esempio, ma parzialmente ie sfruttano e in cambio le dirigono. Una c:asse dirigente è sempre guidata da una minoranza politica, e dirige e sfrutta altre classi subordinate. Che a questo risU:tato arrivi operando direttamente sulle leve del comando, o con indiretti mezzi economici, fa la differenza di metodo tra totalitarismo e liberalismo. Anche se quest'u'.timo consente un giuoco di iniziative e di imprevisti più ricco de['altro, rimane asso– dato che ambedue possono fondarsi su::a dottrina delle élites. Le éli't'es si conservano ina:terate, come costanti ineliminabili, ·Sia in un regime di individualismo sia di antiindividualismo estremo. Altra cosa è l'istanza del!a democrazia. Non si può dire perciò che la dottrina delle él1ites costituisca una base teorica nuova a sostegno di un programma liberale. D'altra parte che ia élite funzioni o:tre che come un fattore gerarchico nel sistema dei ceti, come motore finale di spon– tanea selezione in ogni ceto, io ogni c:asse, in ogni categoria ed ambiente, questo se mai fa del!a dottrina de:Ie élites più un argomento a favore di un'intelligente visione conservatrice del:a società che di una visione liberale. Appunto perchè l'istanza liberale oggi non può essere, nella sua originalità, che un'istanza conservatrice: a tutela di una diversità, di una' mo:tep'.icità, di una originalità, che è nelio spirito del demiurgo di conservare. La concorrenza e il conflitto di tanti motivi costituiscono appunto la ricchezza della persona:ità come eg:i la concepisce. La personalità demiurgica di F. Bur– zio è libera'.e per definizione, perchè po:ivalente, e po:ivalente perchè animata da uno spirito raffinatv di amorosa conserva– zione. Il libera!e demiurgico saprà anche essere intransigente, ma per autopedagogia, per igiene, come sa alzarsi dal desco con un po' di nostalgia per i cibi. In questo atteggiamento è il segreto e il limite della sua attituallle const:rvamce, non meno che della sua capacità di innovazione. l'er g.i stessi motivi per i qua.i è tanto sensi– bhe a1 va1ori consuetudillan, non sapra ne~arsi a..e attratti.ve del nuovo. Sarà aperto ai progresso, non soltanto per un sapiente ca.co.o conservatore, per una consideraz1ont: deile convemenze dei tempi, della necessità di sacrihcare una parte di pnv11egi a ìar -sa.vo 11sistema, ma anche pt:r JJ tasclllo Slffi– patico cne su di Jui esercitano certe ruorme umane. Perciò sara capace di gettare a mare il grande cap1ta.1smo, troppo anonlffio, e• actenre a!ia naz1onauzzaz1one de..... e ,industne– ctuave: e col l\upi<e e con l .t.maud:J auspicrierà i:l ntomo al regime di concorrenza come a una condiz10ne prossima a una economia misurata, più umana; inc,lllerà alla di.tesa del capita.ismo, ma concùiando.o con la compartecipazione azienda.e, mediante l'azwnar;at,:> operaio; in tutti i casi ditti– derà de.,a ·mentautà sc1enWica e dei suoi svhuppi troppo consequenziari ne.la società. li suo programma ,sembrerà quello di un socialismo libe– rale, ma il s·uo idea,e sarà diverso: non di so!;evaie il live!;o deha persona.ità de.le masse, ma di salvare la personalità de.le el.ites. (,/uesta e non a.tra è la distinzione sostanzia.e tra ·1atteggiamento ,iberal-conservatore e que.Jo social-comuniita, La cuco1az10ne de,le élites è accettata come un diver.so.espe– diente per dar soddistazione a .un inestirpabi:e ideale, que1!o de..a g1ustiz1a,ma soprattutto come un mezzo bio.og1co per il necessario rirlllovamento <leLe éi.ttes. ·Ciò che mancherà sem– pre a queste étites è invece il s_ensodi servire le masse, di esercitare una funzione non socia.mente egoistica. Si può denunciare l esistenza di minoranze privilegiate nell'U,R.S.S., ma coloro stessi che le hannò denunciate, per esempio, il Gide, non negano che esse siano pervase (slllceramente o con ipocrisia, secondo i casi, non ha importanza) dal senti– mento de, serviz·io sociale, da; ,senso de:Ja coLettività. E si intende che tra il dichiarato conservatore e il liberale corre una differenza non minore che tra il socialista e il comunista. Non è questo che ci interessa qui. In questa concezione liberal-conservatrice abbiamo veduto un modo di considerare le élites che non va certo sottovalu– tato, quello di considerarle come termini d'arrivo delle masse, come ~ live:Io al quale miran;J: ed è senza dubbio la fun– zione che esse sono chiamate più natura:mente ad esercitare. li prob:em-; è se lo sono anche più utilmente e.più efficace– mente. Finchè le doti se:ettive di queste c:assi rimangono la forza e l'astuzia, c'è po,co da sperare da esse per l' evo:u– zione della società, per cui si <ritornasempre allo stésso punto. Le élites non possono esercitare una funzione di guida -o di modeko sulle diverse classi, ceti e categorie, se non rinno– vando per prime se stesse: e non possono rirlllovarsi utilmente finchè non si liberano di quel:lo spirito egoistico e soddisfatto che le fa oggi inerti e inefficaci; finchè non si animano di un impulso nuovo di devozione ad un principio superiore e comune. • GUIDO MORPURGO TAGLIABUE

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