Lo Stato Moderno - anno III - n.17 - 5 settembre 1946

394 LO STATO MODERNO rono sempre contrdllate e, spesso, rovinate dall'intervento inglese. Questo episodio, che segnò la svolta decisiva del movi– mento separatista, segnò anche l'inizio della sua crisi. Affin– domani de:J'arre.5to di Finoochiaro il fronte del M.I.S. si spezzò: la corrente liberale-indipendentista, si rifugiò nel M.A.S., messo su dai grossi proprietari e dai latifondisti de– mocristiani, liberali e separatisti; •la corrente social-separatista fu assoJibita quasi totalmente dai partiti comunisti e sociS:isti; la corrente laburista-autonomista, che era la più forte, si ri– fugiò nei ranghi del P:S.L., con sede a Palermo, insieme a pochi estremisti, o si sparpagliò nel P.D.L. e nel P.D.l. I fanatici separatisti, di fronte alla rovina completa del movi– mento e al pericolo delfa reazione e persecuzione governati– va, preferirono prender contatti con l'E.V.I.S. e si diedero alla macchia. In breve fu possibile aH'E.V.I.S. passare al contrattacco sferrando la famosa offensiva che si concentrò-, nel dicembre 1945 gennaio-febbraio 1946, principalmente contro le caserme dei carabinieri neHe provincie di Messina, Palermo, Catania, Trapani e Caltanissetta. Inutile far qui oJa storia dell'insurrezione. E' importante però rilevare che la rivolta fu capeggiata da1 bandito Salva– tore Giuliano, passato con amni e bagag'.i all'E.V.I.S. o ad Ol'ganizzazioni similari e ben presto divenuto a~bitro della si– tuazione. Pare che con Giuliano abbiano preso contatto non pochi nobili e feudatari siciliani separatisti, desiderosi di ali– mentare la dimostrazione di forza intesa a premere sul Go– vemo per la Jiberazione di Finocchiaro. I tentativi disperati compiuti dal leat1er del laburismo-autonomista, Patrigni, per porre il P.S.L. sul piano di una grande politica autonomista 'siciliana, operante nella piena legalità, fallirono per ragioni dovute in parte all'impreparazione e all'incapacità dei diri– genti del partito, i quali si servivano della stampa laburisro, non per difendere l'autonomia sici:iana, primo indispensabile passo verso l'autogoverno e forse verso la federazione, ma si preoccupavanp di assumersi le difese dei giovani dell'E.V.1.S. caduti nelle mani della pO'lizia, sferrando una violentismma campagna di stampa contro l'Arma dei Carabinieri, obiet– ljvo contro il quale, sul piano della rivolta a111Jlata, puntava principS:mente Giu!'iano con i suoi banditi. L'azione del M.A.S. si ridusse ad accettare la tesi dell'autonomia propo– sta da Atldisio e approvata daJ.la 1 Consulta regionale. Il resto dei separatisti assorbiti dal P.C.I. e dal P.S.I. dimenticò oJa sua origine e si affrettò a rifarsi una verginità politica. L'iniziativa armata del 1ieparatismo, dopo .Ja cattura di Concetto Callo e l'uccisione del bandito Rosario Avila, era dunque rimasta nelle mani di Salvatore Giuliano, pratica– mente della mafia, la quale cercava di intimorire il Governo, incapace di domare fa rivolta, e di ottenere la liberazione di Finocchiaro. La mafia agì in questo senso, sviluppando una vasta azione presso le più alte personalità politiche e militari isolane. Finalmente, constatato che le poderose truppe in– viate a Montelepre non riuscivano ad agganciare i ribelli e ad annientarli, ma erano anzi soggette ad attacchi audacissimi e ad un lento logoramento, il Govemo accettò il compro– messo, attraverso l'adesione alla proposta di V. E. Orlando di emanare un generale atto di clemenza a favore dei sepa– ratisti. Finocchiaro, Varvaro e Restuccia furono liberati. In parte le correnti fondamentali del M.I.S. si riCQstituirono. Il Comitato nazionale del M.I.S., convocato telegraficamente a Roma, dichiarò la sua nuova posizione di fronte al pro– blema italiano, posizione ispirata alla tesi ~ndi,pendentistica (confederazione di Stati italiani sovrani) in contrasto con la tesi se.pàratista (separazione totale). Fu questa, naturalmente una manovra. 'Finocchiaro concesse un centinaio di intervi– ste ai giornalisti italiani e stranieri. Si affrettò a ritrattare molti atti di cui, nei mesi passati, non si era peritato di van- tarsi. pomposamente In una· intervista con il quotidiano ro– mano L'Indipendente (27 marzo 1946) dichiarava infatti di non aver mai chiesto appoggio nè agli ing:esi nè agli ame– ricani e che sempre aveva sostenuto la necessità che il po– polo siciliano conquistasse da sè la propria indipendenza. Mentiva in maniera sfrontata. Basteriibbe ricordare ciò che scrisse il 20 luglio 1944 e precisamente nell'Appello alle Na– zioqi Unite presentato a S. Francisco (... « le nostre sofferen– ze, l'assoluta privazione della libertà, l'odio del Governo ita– liano verso di noi, ci fanno indubbiamerite desiderare che gli. Stati Uniti e l'Inghiltienra rioccupino militarmemJe l'Irola ... ») per confondere questo piccolo pallone gonfiato che si vanta– va, tra l'altro, di avere l'appoggio morale di tutta 1a stampa italo-americana, laddove questa stampa - e citiamo un solo caso per il momento - postillando un suo articolo, osservava testualmente: « vogliamo sperare "Che quest'uomo parli solo per conto proprio». (La voce del popolo, Detroit - Mich. Stati Uniti, 2 marzo 1946). Finocchiaro e i suoi credettero, partecipando alle ele– zioni politiche, di ottenere un successo plebiscitario. Non si accorsero che la crisi minacciava paurosamente di deludere tutte le più 9ttimistiche speranze ·e di coprirli di ridicolo. Vollero fare una politica di :grande strategia. Trescarono con i monarchici, mantennero contatti con i repubblicani, gio– strarono tra l'U.D.N. ed il qualunquismo, senza accettare la loro alleanza. Quando, in prossimità del 2 giugno, 1,i accor– sero, dalle manifestazioni monarchiche di ,Palermo e di Cata- ' nia, che il Re poteva vincere il referendum, perdettero la bussola e si pronunciarono per la monarchia. Ho assistito al discorso di Finocchiaro al Teatro Politeama, a chiusura della campagna elettorale del M.I.S. Ricordo di essermi divertito come ad uno spettacolo di varietà. Ad ogni forte espressione dell'oratore, una banda, venuta chissà da quale lontana bor– gata di Palermo, e sistemandosi nel loggione, suonava le prime battute dell'inno evista. Tutti scattavano in piedi. Le donne lagrimav,ano nei palchi. Gli uomini impallidivano per la com– mozione. Finocchiaro doveva necessariamente smorzare la sua- foga oratoria e attendere che la banda tacesse. Nel giro di un'ora e mezza la banda intervenne dieci volte e sempre a ~r6posito. A un ce1:it<fpunto,dopo aver passato, in rassegna, con ~a sua .smagliante dia:ettica, il carattere dei partiti uni– tari, da quello d'azione definito panìto dei cobra (allusione a La Malfa), a quello democristiano accusato di antisicilianità, Finocchiaro disse testualmente: « Ed ora una parola sulla questione istituzionale ... ». Immediatamente dalla platea e dall'anfiteatro si gridò « Viva la Repubblica! ». Varvaro, in– dispettito per l'interruzione, fece cenno al pubblico di tacere. Finocchiaro riprese a parlare. Disse di aver saputo che lo on. Misuri aveva tenuto un discorso durante il quale aveva affermato che Umberto di Savoia aveva i titoli per chiamarsi IV re d'Italia e I re di Sicilia, e che tale soluzione, lungi dal dispiacere ai separatisti « altamente li onorava •. Subentrò un attimo di silenzio, un silenzio glaciale, pesante, nel teatrQ. Poi una voce da un palco ,gridò « Viva il rei • e ruppe l'in– cantesimo. Tutti, in piedi, risposero « Viva il rei ». Allora la banda, dal loggione, cominciò a suonare l'inno dell'E.V.I.S. Quel giorno io intesi in tutta la sua gravità la, crisi, e ~ perch'è no? - il ridicolo del separatismo. Non la dichjara– zione m·onarchica mi aveva impressionato, ma l'incoerenza, l'insufficienza, l'impreparazione, l'immaturità, la provincialità di quella gente che nel giro di pochi minuti, accettimdo la imposizione del capo, passava, a suon di banda, dal grido della repubblica ai grido della monarchia. Naturalmente se– guirono proteste e -dimissioni, specie tra i giovani. Finocchia– ro continuò imperterrito fino al 2 giugno. Dopo si accorse, esterrefatto, che solo una mioor;mza di siciliani la pensava come lui.

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