Lo Stato Moderno - anno III - n.16 - 20 agosto 1946

362 LO ST~TO MODERNO mo nel peggiore isolamento. E l'invio frettoloso di Nenni in Europa e di Sforza nell'America latina sono sembrati più farneticamenti oziosi dell'ultima ora, che non meditati e approfonditi passi diplomatici. Il Brasile ci dà un aiuto prezioso e de_gno di me– moria e di meditazione, ma non sarà sufficiente a migliorare la nostra sorte nemmeno se parlerà a nome di tutta l'America 1atina. Ancora il suono del destino non batte in quelle contrade. • La verità è che noi dovevamo tempestivamente prendere atto della situazione che andava maturan– do. Parecchi mesi fa, da queste colonne lanci unmo un appello: b;sogna sceJ?liere! Che il mondo si an– dasse bloccando anche i più ciechi, fosse per dissen– natezza o generosità, cominciavano a constatarlo. Pen– sare che noi potessimo fare una politica di media– ziòne o di neutralità era ed è un sogno vano di im– belli, di neghittosi o di paurosi della scelta. A che lagnarsi se oe:l?ila Rusc;;a nrotee:ap Bule:a– ria e Romania e nessuno protegge l'Italia? f.: chiaro che Molotov difendendo Bulgaria e Romania sa che in realtà difende l'U.R.S.S. Difendendo l'Italia, chi può sapere se difende un amico o un nemico? E' vero che Molotov ci invita a ricordarci che siamo una potenza mediterranea. ma nello stpsso temno la Pravda ci invita a dimenticarci dell'Oriente. Chi si stupirebbe se domani Bevin ci dicesse che il nostro avvenire è nei Balcani ma ci ricordasse che il Me– diterraneo è la via dell'Impero Britannico? E' chiaro che nel discorso dei Russi la porta chiusa conta molto di più della porta aperta, anche perchè questa è aperta soltanto per farci entrare nei guai con gli anglo-americani. Lo stesso è naturalmente da dire di fronte all'ipotetico discorso di Bevin. La realtà è che noi non ci possiamo muovere se non « entro ,. uno dei due sistemi che si vanno orga– nizzando nel mondo. In caso diverso muoversi signi– ficherà cozzare contro l'uno o contro l'altro e sarà, a scelta, o la paralisi o la distruzione. Per questo i comunisti - che pur sono tra i mas• simi :responsabili della nostra politica - tentano og– gi di svincolarsi e, questa volta in verità in modo assai grossolano, m;rano a cacciarci dentro alla ;•r1T1a d'influenza russa. Essi hanno capito - e forse scia– guratamente non molti altri - che la decis1on•? è prossima e che su essa si gioca non solo Trieste e le clausole econom;che. ma anche tutta la no,-tn poli– tica interna. Essi sanno che anche se non si ,aprcl scegliere, si dovrd scegliere (e in questo caso, n_atu– ralmente, con tutto il danno delle imposizioni, e sen– za nessuno dei vantaggi della libera scèlta) e hanno giocato subito temerariamente quanto maldestra– mente la loro carta. E questo è anche il senso vero ed ultimo della polemica sulla proposta De Gasperi circa il rinvio della soluzione del problemu della Venezia Giulia. Per De Gasperi si tratta dell'ovvio principio che è meglio un male rinviato di un male immediato; per Togliatti il problema è più sottile. Egli sa che tra un anno il problema non porrà più l'Italia di fronte ai « Quattro Grandi», ma ·esso si sarà spostato _in funzione dell'inevitabile spostamen– to dell'Italia; e questo non renderebbe certo più facile l'opera della diplomazia sovietica. Oggi, è chia– ro, non si può sperare nulla di più di un soffocato « stato libero » alla mercè del primo incidente in– terno~ cosi facile da provocare ed orchestrare; do– mani, chiarita la posizione dell'Italia, anche - even- tualmente in funzione di un chiarimento del proble– ma degli stretti (chi non vede una stretta interdi– pendenza tra le due questioni?) - la difesa dell'ita– lianità di Trieste potrebbe essere più facile e meno preoccupante agli effetti degli interessi generali della pace. · Che la critica comunista appaia· eccessiva nella forma e inficiata nella sostanza non toglie validità ad alcuni aspetti particolari da essa messi in luce circa la debolezza della i:iostra rappresentanza pari– gina. Perchè, ad esempio, non si è voluto far parte– cipare anche qualche rappresentante del movimento di resistenza? E' vero che l'Italia si è liberata i.. fretta - troppo in fretta e troppo male - di tutti i valori positivi connessi col moto della resistenza, pure pensiamo che sulla sua utilizzazione ai fini in– ternazionali tutti sarebbero d'accordo, a destra co– me a sinistra. Ma qui De Gasperi ha mostrato chia– ramente anche i limiti del suo temperamento. E la mancanza di generosità, la persistenza del rancore non è mai stata nè grande politicd nè segno di gran– dezza politica. E poi il destino del Paese valeva bene un sacrificio di puntiglio. Il non averlo saputo fare aggrava la sua responsabilità politica. Intanto la prima battaglia volta ad alleviare le nostre condizioni di pace è andata perduta: il pream– bolo del _trattato, nonostante le nostre proteste e no– nostante l'appoggio di qualche delegazione, rimarrà probabilmente del tutto immutato. Se in politica este1·a esistes:;e l'istituto della cosa giudicata è chiaro che da parte italiana si potrebbe eccepire che la dichiarazione di Potsdam impedi– sce la formulazione di un preambolo come quello impost:>ci, perchè in essa venne allora riconosciuta assai maggiore ampiezza al nostro autonomo sfqrn di liberazione dal fascismo e alla nostra partecipa– zione alla guerra. Ma purtroppo in politica nulla è mai definitivo e tutto quello che si è conquista~o de– ve essere mantenuto con sfoi:zo quotidiano, duro e tenace. Giova anche aggiungere che la difesa italiana sul preambolo è stata quanto mai fiacca e generica e formulata con quella solita punta avvocatesca che pare il segno più sicuro della politica estera dega– speriana. Che senso aveva ln!atti protestare che noi non eravamo stati in guerra (contrariamente a quan– to affermato nel preambolo) contro l'Olanda, la Ce– ·coslovàcchia e la Polonia, quando la prima poteva smentirci in fatto e le altre due potevano facilmente argomentare che la mancata dichiarazione di guerra da parte nostra era semplicemente una dimostrazio– ne di più della nostra soggezione alla Germania, che, avendo occupato militarmente le due nazioni, considerava ormai i due Stati e i loro governi esuli inesistenti in fatto e in diritto? Uha pqsizione come quella dell'Italia va difes~ con dignità erquindi solo con gli argonrenti definitivi, quelli, per intenderci, ai quali non _sipuò rispondere se non con l'affermazione netta del diritto del vinci– tore sul vinto) contro la quale allora bisognerebbe giocare con maggiore audacia e più profonda riso– lutezza la definizione di cobelligeranza. Ma, soprattutto, ripetiamo, .bisogna far politica, e biso,gna scegliere, perchè è il mondo, perchè è la politica -dei «Grandi», perchè è la storia· che ci im– pone di s_cegliere. IIAJUO PAGGI

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