Lo Stato Moderno - anno III - n.16 - 20 agosto 1946

AbbOIIAinen&a ~r un anno L. f!O YOC,An. .kUIIO Bdltore • MIiano V'4 Mffllt1'41lt N. 1 • Telef. IU7J C«mtO ccrreiite p<>lta.(e N. S/:,OI/OI ~@et il 5 e il 20 di ogni mes IOSTATO MODER OBITlCA POLlTlOA EOONOMIOA E SOCIALE Anno Illi • N. 16 20 AGOSTO 1946 Una copia L 2Ò SOMMARIO MARIOPAGGI: La Co11/eren1sadi Parigi . pag. 361 FERDINANDOVEGAS: Principio di rauionali- GUGLIELMOARISTE!: La lotta politica in tà e 11a;r;ionali1mo (I) . pag. 371 Sicilia ,, 363 L. L.: Sintomi di ripre1a? . » 373 ANTONIOBASSO: l criminali di 8uerra e il RASSEGNA BIBLIOGRAFICA » 374 processo di Norimberga 365 DOCUMENTAZIONE: MARIOBONESCHI: Pro,pettive di riforma nel: Lo itatuto della « Regione Siciliana » . » 375 l'amminiltra;r;ione . • 367 IUSPOSTE Al LETTORI . » 377 VITTOR: Quantu11i mutatus ab illo! . ~ 368 RASSEGNA DELLA STAMPA ITALIANA » 379 AUGUSTODEL NOCE: Fasciamo e anticomu- RASSEGNA DELLA STAMPA·ESTERA " 381 ni,mo 369 NOTE QUINDICINALI )) 383 , LA CONFERENZA DI PARIGI A Parigi è in corso la conferenza della Pace. Nata male, senza attese d'entusiasmi, quasi senza la fi– ducia dei popoli, lontana da slanci idealistici e priva di rigoroso metodo utilitaristico, contraddittoria perchè poggiata su un concetto oggi controverso - quello della democrazia - pavida di grandi riso– luzioni, eppure lentamente volta a maturare una formidabile rivoluzione - quella di dividere tutto il mondo in due soli blocchi giganteschi, la confe– renza procede a scosse, a sussulti e balzelloni, ma procede. Molta gente, da noi e fuori, si domanda sbigottita che cosa uscirà dalla conferenza, quali principi la governano, quale metodo segue, quali fini vuol rag– giungere e ripetono una malinconica frase di D'A– zeglio, disorientato dalla crisi della diplomazia del suo tempo: « Il principio vecchio è morto, il nuovo non· è nato». Il ricordo non è fatto a caso. In realtà" il lamento vecchio era inutile ed_ozioso quanto quello nuovo perchè « i principi» di cui il D'Azeglio e i suoi imi– tatori attuali andavano e vanno a caccia non sono che travestimenti e metafore di quel solo e grande principio politico per cui gli Stati nascono vivono e muoiono seguendo la parabola della loro potenza al servizio del loro utile politico. Legittimismo e rivo– l~zione, democrazia e nazionalismo; libertà e comu– rusmo sono i simboli pex: cui gli upmini muoiono. I sopravvissuti riprendono la trama, _faticosa e pa- ziente, della potenza dei loro stati. In questo senso l'attuale conferenza è tutta una gr~nde lezione pQ– litica. E a chi credesse che, ahneno nella sincerità brutale-della sue manilestazioni, questa lezione po– litica sia cosa nuova e stranà nella storia d'Europa • ricorderemo che l'ambasciatore austriaco Buol in quella serra di buona educazione diplomatica che oggi appare a noi il secolo decimonono, cosi ris~on– deva a una protesta del governo piemontese circa la illegalità dei sequestti operati ai danni dei citta– dini sardi: « Nous n'ientrons pas d discuter la légalité de nos actes. La légalité nous tue, et nous voulons nous conserver ... Vous nous po.rlez de traités. Si nous étions engg,gés d prendre du poison, serions nous tenus d l'avaler? Les traités aont un poiaon pour nous». Naturalmente questo non annulla affatto il valo– re sottile e spirituale della politica soffocata nelle strette del più forte, tanto è vero che spesso alla resa dei conti il più forte si è rivelato il più debole, e viceversa. Il Piemonte nel 1853, la Serbia nel 1914, la Cecoslovacchia nel 1938 e l'elenco potrebbe con– tinuare-.a maggior dimostrazione che l'intelligenza, la tenacia e la fede possono anche dominare la forza. t,a nostra delegazione sconta a Parigi gli errori della nostra politica estera dalla liberazione in avan– ti. Il discorso di De Gasperi non conteneva errori rilevanti, ma è chiaro che esso· poggiava sul vuoto. Troppo tardi ci sì è accorti che a Parigi noi andava-

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