Lo Stato Moderno - anno III - n.15 - 5 agosto 1946

344 LO STATO MODERNO una volontà umana libera e consapevole. Le forze della sto– ria trascendono l'uomo da ogni lato e si può dire che non avvenga mai, ,se non per mero accidente, ohe esse proce– dano secondo la sua volontà o le sue previsioni. L'uomo sem– bra, in fin dei conti, essere piuttosto trasportato dalla cor– rente de:la storia, tanto che par quasi più giusto dire che è la storia che fa l'uomo, anche quando questo sia un gran– d'uomo. L'inaccettabile alrernativa, seçondo cui la storia viene interpretata o come creazione dell'uomo libero. o come risultato di un gioco fatale di forze materiali, dipende da ciò ohe, in questa antitesi, l'uomo è concepito fuori della storia, mentre egli è nella storia, anzi è la realtà &tessa della storia: uscire dalla storia per contrapporvisi significa per l'uomo uscire da se stesso. La libertà dell'uomo fuori della storia, m opposizione alla necessità materialisticamente con– cepita, è la libertà del non essere. La libertà vera e con– creta non esiste ohe nella coscienza dell'uomo, come co– scienrza della propria azione. Il motore primo della storia non è dunque nè una necessità <biologica e meccanica, nè una libertà individuale metastorica, ma l'unità del mondo e della coscienza, condizionantisi e attuantisi reciprocamente. La storia non è nè libera nè dererminata; essa è òensi libera e determinata a un tempo, o più esattamente essa è, senza ulteriore specificazione. Ritorniamo al nostro prohlema. Lo stato, qualunque siano la sua struttura e il suo carattere, lungi dall'essere fat– tura dell'uomo, opera della sua libera volontà, come spesso si ritiene, è una di quelle forze che trascendono l'uomo, che l'uomo trova posre davanti a sè, e a cui deve commisurare la sua azione. Egli può certamente, come fa con le altre forze, cercare di valersene, imparando a conoscerlo e ob– bedendogli, ma non può pretendere di mutarne l'essenza, di mutarne cioè la realtà -di ordinamento giuridico, di si– $tema normativo sovrano. Questa è immutabile, come è im– mutabile la natura umana di cui è un'espressione: se mu– tasse, non sarebbe nemmeno più possibile parlare di stato. Ciò che può mutare sono i suoi fini, onde si individua e si qualifica, per dirsi per esempio inglese, francese, russo; mo– narchico, aristocratico, democratico; cristiano o pagano; so– cialista o iiberale; antico o moderno. Ora, per chi concepisca la federazione come un'unione òi stati, il problema di essa sbooca in questo dilemma: o gli stati che intendono federarsi conservano .)a loro sovranità, e in tal caso non formano fra loro una vera federazione ma soltanto ud'alleanza più o meno stretta e duratura; oppure gli stati rinunciano alla loro sovranità (e non vi possono ,i– nunciare che intieramente, poichè la sovranità non consiste nelle materie sopra cui si applica, ma nell'autorità che vi si applica), e in tal caso essi cessano di essere veri e propri stati. Il primo caso evidentemente non ci può •interessare, dacchè esclude l'oggetto stesso della nostra ricerca. Nel se– condo caso sorge invece la questione importanti~sima del modo onde lo stato può rinunciare jllla sua sovranità. Si ammette Jn generale, senza invero aver speso troppa pena a riflettervi, che uno stato possa, mediante un atto della sua sovranità, limitare e anche annullare questa sovranità, per trasferirla ad altri. Così pensano, in particolare, cok>ro che rirengono che la federazione verrebbe automaticamente at– tuata se in Europa gli stati fossero tutti democratici o so– oiaiisti. Creiamo in Europa, essi dicono. degli stati vera– mente democratici, creiamo degli -stati veramente sociali– sti, e questi stati formeranno la federazione in virtù delle loro stesse ideologie politiche e sociali. Uno dei segni più significativi di questa pretesa volontà degli stati democrati 7 i o socialisti di attuare la federazione, essi vogliono ricono– scerlo nel fatto che questi stati si mostrano disposti a inserire, nella propria costituzione statale, una clausola del genere di quella inserita nella costituzione francese, in cui si dice che la Francia, sotto riserva di reciprocità, consente ai limiti di sovranità necessari ali' organizzazione e al:a difesa <le:la pace. A coloro che dello stato hanno un'idea siffatta, sfugge evidentemente da contraddizione intrinseca del lor.o concet– to. Essi non si rendono conto che non ha senso supporre che lo stato possa. con un atto della sua ~ovranità, cioè con un atto legale, distruggere quella sovranità, che è il fon– damento della legalità stessa del suo atto. L'errore è reso possibile dal fatto che si considera da formula o fatto di questa autolimitazione o autonegazione della sovranità astrattamente, senza riguardo alle condizioni della sua at– tuazione. Cosi, in particolare, non si nota che un vero or– gano dello stato per attuare una norma limitatrice della so– vranità non esiste nè può esistere. Quanto poi alla olau– s61a costituzionale che predisponga lo stato a concludere un trattato di federazione, va osservato che, pur ammesso che lo stato possa concludere un trattato di tal natura, rimar– rebbe in ogni caso in sua facoltà di annullare il trattato stesso e quindi di uscire dalla federazione. Ma una federazione da cui i membri potessero uscire a loro volontà non sarebbe cosa diversa da una comune alleanza. Le conseguenze, per un movimento federalista, di CO· desto modo di concepire la federazione come opera dello sta- to, sono innanzitutto quelle di un errato apprezzamento dei fattori federativi, onde esso tenderà a dare importanza ad elementi che, .ai f.im della .federazione, ne ha{_lflo poca o pun- ta e trascurerà invece quegli orientamenH e quelle energie che potrebbero essere decisivi. Così, ~er ritornare alla .clau– sola costituzionale federalistica, che viene stimata come un vero passo dello stato verso l'ordinamento federativo euro– peo, si ,rischia di creare un'illusione sul significato di quel gesto, facendo perdere di vista ohe il vero problema del fe– deralismo è J'attuazione.<li un ordinamento giuridico che as– sume in sè il fondamento della legalità, e cioè della sovra– nità degli ordinamenti giuridic.i degli stati particolari. In– somma il fatto di attendersi da questi stati il gesto neces– sario per creare la federazione contribuisce per se stesso a consolidare quella sovranità che si vorrebbe limitare o di- • struggere. La dimostrazione che lo stato non può compiere un atto che costituisca il fondamento di una federazione, come del resto di qualsiasi altra società politica 111uova, implica logi– camente la prova del carattere essenzialmente rivoluziona– rio del processo di formazione di una società politica fede– rativa, in cui si estinguone necessariamente gli stati che en– trono a farne parte. La condizione di essa federazione non è la volontà degli stati, ma J' esistenza .di forze che tendono per loro natura a costituirla, e il federalismo non può essere che l'insieme di QZioninecessarie a rendere queste forze sem– pre più consapevoli ,di re e sempre più efficaci. Democrazia, liberalismo e socialismo, in quanto espressioni di tendenze cospiranti a formare la nuova società. sono forze federa– tive; non sono invece forze federative 1tli stati democra– tici, liberali o socialisti, in quanto stati. In quanto stati, essi non -sono più federativi di quelli capitalisti o assoluti. Lo stato, qualunque esso sia, non può conoscere altro rapporto all'infuo,ri ,di -quello giuridico .con i suoi soggetti. Vere unioni di stati non sono pensabili, e, se se ne parla, non se ne può parlare che per metafora o per errore: ciò che si chiama unione di Stati è' in realtà un'unione di ,popoli. Un'Europa o un mondo di stati democratici, socia:listi o comunisti sareib– bero un'Europa e wt mondo ancora soggetti alle rivaiità in– ternazionali e quindi .alla guerra. Del ,resto, non sono forse democratici la maggior parte degli stati dell'Europa e del mondo? Non ci fu forse, anche recentemente, chi suggeri autorevolmente .la federazione del– le democrazie contro la minaccia degli stati totalitari? Per– chè non se n'è fatto mai nulla? Si obietterà che ciò dipende

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