Lo Stato Moderno - anno III - n.15 - 5 agosto 1946

LO STATO MOOERNO 355 RASSEGNA DELLA STAMPA ITALIANA IN ATI'ESA DELLA SENTENZA Il voto unanime.ottenuto dal Governo aJla Oo5tituente in mate.ria di politica estera è stato come 1a conferma della opiruone espressa a Roma da Fiorello La Guardia: della necessità « che il mondo sappia che d-1 popolo italiano è tutto unito». Questo voto, e più i di– scorsi di provati e non sospetti spiriti, non infetti di dannunzianesimo, quali Lussu e Labriola, hanno fatto osserva– re al cor,rispondente rnmano della Nuova Stampa (« Ll pensiero dom:nan– te », 18 luglio) che esiste un « naziona– lismo degli antinazionail!sti ». Ma non si tratta evidentemente di nazionalismo, che è, come ormai siamo pagati per sapere, un'imponente e finora non evi– tata patologia dell'amor patrio, ,bensl di quella preoccupazione dell'avven~re di un popolo, che nOll'lsi può escludere da alcuna tendenza politica dell'Italia di oggi. Se mai è da notare ·come questa assolutamente legittima sollecitudine non abbia ancora potuto superare (ma sarebbe difficile ev.itarlo) il tono della lamenta2lione e del non molto utile pro– cesso alle nostre stesse intenzioni. C'è in corso come un'acre irevislone dei fondamenti mora.li di runa dolorosa e certo ,non pe!l'f.etta !l)olrl. tica estera, alla gua1e, a dir V'III'o,noo è però giusto ob– bie!Jtare Jnsuccessi dipendenti da una sttuazione ~ettiva: queJ!a, anche troppo evidente, delùa volontà di po– tenz,a di blocchi contrapposti, dn mezzo ai qua.li un' Italia vill'lta e ~a tol– lerata come cobelligerante non può a– vere se non esilissima voce e capacità dd intervento. Cosi mora[isbicamente ci sembra ancora impostata la questione del .firmare o non flnnare il dettato di pace_ Ed è im,portante che chi prenda posizione contro ila &ma sia il Gonella, il più quallificato democristiano, dopo De Gasperi, ad esprimere il punto di vista del Governo. Ll Gonelila è risolu– tamente contxrairùo alla iti11!lla di un trattato che suoni come una condanna. • Se c'era bisogno - eg.Ji scrive (« T-rat– tati e sentenzie », nel Popol,o del 31 lu– glio; - di una conferma deUa teoria che considera i trattati di pace come sen-– tenze, la conferma è offerta daille con– dizioni che la Confer= di Parigi sta– rebbe per impO!Te aU'Iro,lia. L'Italia non ha negoziato questo trat– tato: invitata a Londtra e a Parigi, essa h.a. subito l'tnt01Togatori.o del reo e non h.a. ,potuto esprimere una volon.td co– mu:nque determinam.te. Sol.o oggi, a Conferenza gid aperta, essa conooce uf– ficialmente il ·progetto del tirattato che dovrebbe sottoscriveTe ed cù,l,a cui re– dazione non ha potuto cotlaborare nep– PUre per far presenti alcune mostru.o– aitd d~l brattato .tte.rao. I n.ostr! detega« ,i presentano quindoi a Parigi per accettare una sen,tenza, e dovranno quindi comportam oome si comporta wn reo che ha mine argo– menti per dimoobrare di non ,e~e col– pevole, ma non. può alza,r,si dai1 = sca.n.n.o di a.ocu.sato. Volete condann.a,re l'ItaJUa? Vol.ete continuare ad essere sordi aLle ragioni dei! diritto e della giustizia? Fatefo pu– re, e vi accorgerete che ciò, se ncn ~ ne.Ll'interesse de!l'Iro,lta, non è n.eppu- - re .n.e,Winteres&e Vostro. Ma se il trat– tato deve avere, come ha, U carattere di una sentenza, per.chè affann.a,rsi a chiedere la firma e l'ade.,ione dell'Ita– lia? Le sentenze si subiscono senza biso– gno di sottoscriveT!e. Si possono anche adempiere lealmente, ma non si sotto– scrivono. Di fronte ad una sentenza di condanna si pone anzitutto il problema non di controfirmare la sentenza, bensì di firma,-e subito un rioarso in. appei– lo, il cui bisogno è tanto più sentito qUMldo il -reo si ritiene innocente, si ritiene con.dannato per un delitto che non ha compiuto, o pe-r lo meno ritte-ne di aver gid espiato le colpe che gli si addebitano ~= ccm,oedere neppure le circostanze attenu.a.nt , ». Al Gonella pe.re dunque cosa normale che la Co.5tituente rifi.uti la firma ita– liana ad un dettato ing,iusto di pace. Resta da vedere quale differenza pro– fonda vti sia, !PO!Hicamente, tra il non ~mare ma ese ~l.re iii trabtato, e l'e– seguia-lo (hl che si ,gniti.ca averlo ricono– sciuto) non tfinnand~o. E' probabile che anche questa questione vada risol– ta su -basi poli,ticlle, e cioè prendendo in atten,ta ,oonsl.den.zione lo schiera– mento pro o contro di noi dei 21, du– rante il dibattito di Pa-rigl, e doman– dandoci a.llara quale del.le due solu- 2lion! diplomatiche è meglio in grado c1n favorire 4a r,ipresa ef!ettiva della nostra politJica esteo:a Un altro aspetto del.la revdsione mo– rail!stica della nostra politica estera è I.spirato a l"agioni lontane di contrasti di civiltà' tra noi e 1 ivinolwi. In questo senso si inseriscono m particolare le considerazioni di Corrado A:lvaro sul Tempo del 28 luglio (« Non cl si inten– de»): non ci 6i intende, SOiStiene lo 9C.rittore, .percllè noi siamo cattolici e gli ~sson! sono protestanti; noi dia– mo ia.looncetto del nostro riscatto po– litico e mora!,e M valore dii un aperto e rinnovato ricominci'<lmento di vita, da– vanti a Dio e davanti agli uomini; i protestanti credono ad una espiazione che non si sazia neanche con la morte del peccatore, e che esclude ogni uma– na ;possibilità d1 ripresa. Con tutto il rispetto che portlanw ad A!,varo, ci permettiamo di osservaire, anzitutto che e~ sembra ignora.re come gli anglo– sassoni siano i più grandi rea!izzatol'!I di compromessi, prudenti o imprudenti, che ,la storia ricordi; e in secondo luo– go che i nostri p:ù aspri avversari, in materia di trattati, non oono tanto gli anglosassoni, ma :fraalcesi e slavi, che non sono affatto protestanti. H discorso dell'Alvaro è dunque una elucubrazio– ne ,poco adatta alla situazione dei fat– ti, sebbene non manchi nel particolar! di osservazioni psicO:ogiche assai fini; e quando egli osserva: « se leggiamo quello che scrivono nei loro giornali i iostenitori d'una pace giusta all'Italia, vediamo che gli a-rgomenti non s= ap fatto nei termmi del riscatto: essi di– cono, nella miglior ipotesi, che, es~o l'ItaJ!ia -una nazione considerevole e re• spon.sabile di civiltd, bisogna non ,of– fooo.-rla ». Non 1P05Siamo astenerci dal notare che questo noo volere saffocace un po– polo in quanto lo si stima un centro propulsore di vita è precisamente un punto di vista che non chiameremo cat– tolico, per evitare equivoci, ma che rl– teNemo almeno permeato qi quel cri- • stlainesimo delle opere che è storica– mente ~ppresentato in modo eminente da,J cattolicesimo. Più positive, quindi, tutte quelle vo– ci che, all'indomani dJella oon.ferenza dei Qua.ttro e in attesa dJ quella del 21,. si sooo ilevatte a indicare urgente– mente atl ,governo qua.lche via di pur mi.n.imo dnitervento; le voci, diciamo co– si, di 'l.lll non aocademdco pesslmi.smo; e quelle ohe si rendono conto che « la vita del Paese non finisce con la fln7UJ di un trattato di pace e che appunto l.a n<>&tra politica. es,tera per certi lati commcia dopo Ila finma del trattato ,tesso. In veritd finoo-a non abbiamo a– vuto ,nè potevamo a.vere una vera e propria politica -estera, e qu.e.sto è cosi ovvio e intuitivo che è proprio lnutU11 dimostrarlo » (Paolo Treves, « La- posta del ~oco», Avanti! del 23 Luglio). E' poi un'altra voce socialista, quella di A. Bo– gardo (« Affari esteri», Avanti! del '21 luglio) a raccomandare tutta l'atten- 2lione del .governo sull'unico problema 811lcora -veramente in SOSPfl!SO, quello delle colonie, con l'a'lltorità che qui spetta a chi è per tradizione di partito un antlcolonia!Jista. « Il popolo italiano - egli SCl'!ve - è l'unico che la colo– nizzazione abbia 4nteso come lavoro proprio, da farsi ooZ proprio braccio e con la propria vanga. E' alla terra che noi ci attacchiamo; a una terra che a noi oggi occOTTe più che mai, per a,– aorblre braccia e ospitare corpi; a una terra che nOi pouiamo - dedicandole

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