Lo Stato Moderno - anno III - n.15 - 5 agosto 1946

LO STATO MODÉRNO Paesi stipulanti l'accordo e le ripercussioni sugli interessi dei produttori, lavoratori, consumatori, si limita ai settori ricon– vertiti. Con gll acoordi bilaterali invece di un mercato mon– diale unioo si hanno tanti settori commerciaii, tante aree eoo– nomiche quanti sono gli accordi bilaterali formati. Se solo i Paesi stipulanti possono stringere relazioni d'affari tra loro ne deriva, -come conseguenza ovvia, che ,tra i settori, tra le aree, non vi è possibilità di passaggio di merci e di fattori . produttivi. Con l'applicazione degli accordi commerciali bi– laterali I' eoonomia dei singol.i Paes.i assume una diversa con– figurazione, che non sarà definitiva in quanto tali accordi sono espedienti temporanei per consentire ai singoli Paesi di rimettersi in piedi. Successivamente gli accordi bilaterali dovrebbero essere abbandonati perchè ,presentano il pericolo che l vari settori del mercato mondiale non vengano mai in rapporto e costituiscano veri e propri ostacoli alla circola– zione delle merci e dei fattori produttivi Esempi quotidiani confermano queste asserzioni: alcune settimane sono circa 2 mila quintali di zucchero sono giunti a Tarvisio, destinati al nostro mercato, ma sono stati dirottati perchè lo zucchero fa parte <folla Reserved Commodity List e non può essere introdotto nel nostro Paese senza il benestare della Com– missione Alleata. Cosi per tutte le merci non comprese in un accordo bilaterale, cosi per gli scambi con i Paesi con cui non vigono accordi commerciali: Paesi dell'America del Sud, Paesi ex-nemici, Olanda, Cina, ecc. Anche se sussistono le premesse per scambi tra nostri prodotti (ad esempio prodotti ' <>rtolrutticoll contro carbone germanico o contro malto o zucchero cecoslovacco) la mancanza di accordi commer– ciali o di benP-stare alleati 'l'IOnconsentono che questi scam– bi avvengano. Un correttivo che doyrebbe prevenire o almeno limi- . tare tali effetti si ha nel fatto che gli accordi bilaterali han– ne una durata limitata e nel caso ln cui tale durata non è prevista nell'accordo, si dà facoltà ai contraenti di de– m.mciame la fine coo preavviso. E' un oorrettivo perchè in eonsidem?ione deta breve durata per cui 1e relazioni com– merciali bilaterali potranno seiroire ie vie indicate dagli ac– cordi commerciali bilaterali, i fattori produttivi dei Paesi con– traenti non potranno 11ssereinvestiti durevolmente in tali di– rezioni, cioè su un piano binazionale. Ma -potrarmo avvenire soltanto imoiee:hi di durata noo superiore a auella dell'ac– cordo commerciale considerato così che i fattori produttivi saranno impiee:abili successivamente su un piano interna– zionale e quindi da un punto di vista multilateTale. C'è però 11n'11 tra ,zaranzia del'.a temporaneità dee:li accordi com– merciali bi'.aterali: è ouell'a rappresentata dagli accordi mo– netari <li Bretton Woods che stab~is-cono le premesse mo– netarie per ricreare il mercato moll'diale. Se si tien conto che gli accordi di Bretton Woods sono patrocinati dagli Stati Uniti, e che gli Stati Uniti sono particolarmente interessati perchè siano messi in atto, si ·può verosimilmente ritenere che l'economia nmerocana, la cui importanza rul mercato mondiale va fortemente e rapidamente crescendo, farà di tutto perchè gli accordi commerciali bilateraM rimanll:anO soltanto una fase del processo di ritorno l(raduale all'eco– nomia moodiale di pace. N~llo stesso senso dovrebbe operare l'organizzazione per il commercio internazionale, di cui à stata l)'l'eannunciata la prossima fom1azione alle dipendenze dell'O.N.U. Però si tratta sempre di garanzie eventuali che possono dìvenfre effettuali soltanto se i vari Paesi riusciranno a creare e mantenere tra loro relazioni di mutua fiducia e confi– denrza. HINO PITl'ALUGA PROBLEMJ MIGRATORI E' circolata, in questi ultimi tempi, una assai curwsa notizia: l'Australia chiede anch'essa riparazioni alla povera Europa. Ma non vuole oro, merci, macchinari e cosi via. No. Vuole 300 mila g,oooni dmme per, pazieggiare il di.,avanzo dei maschi. Se la nolizia non è vera, certo è ben trovata. Con– tribuisce a chiarire, in mede indubbio, il dramma demografico di q=to mondo separato da altissimi steccati: al di là pochi uomini si pappano ingordo~ le ricchezze de,11.a terra; al di qua melti uomini stanno a guardare. L'Australia è· al di là e l'Italia al di qua dello steccato. Lascia:mv pl.ll' e da pa,rte la Provata, tra. schiavistica e r.oo8eonica, di ingaggiare, a titolo di riparazione, 300 mila giovani donne (tedesche?, italiane?) da portare al maschio, come si suol dire, australiano. Può far parte del oolore della notizia. Sta di fatto, però, che oggi i paesi poveri di popo– lazione sentono urgente la necessità di incrementarla. Ma non hanno il ooraggio di affrontare seriamente e risoluta– mente la questione. I dirigenti dei sindacati operai, come sono pronti ad · inneggiar,e alla solidarietà dei lavorawrl nei congressi inter– nazionali, così sona altrettanto pronti a respingere l'emigra,. zione di quegli stessi lavoratori con i quali, sul terreno delle chiacchiere, hamw sol.idariz11{1Ù). E i vari governi laburisti .si guardano bene dallo scontentare i capi delle loro masse e– lettorali. La prima guerra mendiale ebbe oome principale effetto eoono1114coquello di ostaoolare la libera circolazione nel mende delle merci, degli ucmini e dei capitali. Per vent'anni si oercò di rabberciare alla meoo peggfc la situazione: ma poi essa divenne insostenibile e si arrivò alla secondn guerra mendiale. Quante volte abbiame sentito dire, durante que– st'ulttma guerra, che, non appena terminata, si sarebbero ben presto rinperte le vie all'emigrazione? La guerra è finita omuù da ben più di un anno: ma di emigrazione non si sente parlare che in mede vago e inoonsistente. Eppure que– sto è uno dei nostri principali problemi: siame 46 milioni di italiani. Tra pochi anni saremo 50 milioni. Che si pensa di fare? A Parigi si dan da fare a tagliarci un peznetto qua ed un pezzetto là. Si clan da fare a to• gUerci qualche impianto, così da ridurre ·ulterwrmente il rapporto tra beni strumentali e popolazione. Si clan da fare, perfino, a sequestrore i beni degli imliani all'estero, ci.o~ i beni di qtiegli emigrati che, a furia di lavoro, riuscirono a sfuggire alla miseria ital;ana. Tutti questi armeggi po– tranno dare mementanea soddisfazione ai miopi negoziatori di Parigi: ma non risolveranno certo la questione dell'esube– rante potenziale demogr,afico italiano. La Francia, ad e~empio, da par sua, ci pensa. Pensa ad una immigrazione biologicamente contf'ollata da imme– diatamente snazionalizzare. La Francia che oggi ha tante pretese e che, sul terreno eoonomioo, ha aiutato la Ger– -mania, consapeoolment,e aiutato, in misuM Wn maggiore dell'Ita&; la Francia ccn la ~ua « résistance" che roprat– tu.tto si preoccupava dei « nu.me.rotés »; la Francia, cioè un pa,ese che ha 35 milioni di abitanti e ne avrà ancor mene domani, sappia che non si può trattar sgarbatament,e un pae– se che ha 46 milioni di abitanti e ne avrà ancora più do– manl. Il prob&mla emigratorio è un problema iniJemadonale, I paesi vincitori potranno far finta di ignorarlo per un po' di tempo, ma poi se lo troveranno di fronte ingigantito e incattivito. Se effettivamente vogliono incamminarsi sulla via della pace, dovranno degnarsi di conoedergli un po' di attenzione. Attenzione che, ne sono certo, consiglierà loro di prendere proovedimenti un po' diueinsi · da queili australlam e francesi qui esemplificati. L. L.

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