Lo Stato Moderno - anno III - n.11 - 5 giugno 1946

LO STATU MOJ.JERNO 257 rapporti tra le tre economie nella situazione attuale. Io penso che -se a ,rigor di termini non si può parlare di una netta complementarietà tra le tre eeonomie, si può del tutto esclu– dere un antagonismo di fondo ed ammettere invece una !'oro sostanziale possibilità di livellamento e di pareggia– mento. Ma questa è una tesi che potrà essere dimostrata in seguito, con l'appoggio <li dati analitici. Per il momento, per non restare nel generico, penso ·che bisognerebbe in qualche modo arrivare a interessare ed appassionare· all'idea nlcuni uomini influenti dei tre paesi. E se tre eminenti eu– ropei della statura di Carlo Sforza, Salvador de Madariaga e Léon ,Blum, temperamenti pe.r più versi ·affini, la faces– sero propria, essa avrebbe percorso già un bel tratto di strada. Questi uomini banno la preparazione, il prestigio e fa forza di convincimento per vincere' le resistenze dei tradizionalisti e l'avversione, altrettanto pJticolosa, dei pro: pugnatori degli Stati Uniti d'Europa, cioè di un progetto, per ora, extra-politico. Per di più, per il loro costante at- teggiamento politico e spirituale essi sono indicati a far capire a coloro che -giudicano per schemi rigidi che que– sta collaborazione tra i popoli latini non avrebbe alcuno ' di quei tratti reazionari che stavano al fondo di vecchie e superate proposte. Ad ogni modo l'importante è ohe si riconosca che non si può superare la strettezza dei vecchi problemi se non si creano situazioni e condizioni nuove. Per questo bi– sogna . abbandonare i vecchi schemi, superare ,Ja pigrizia che è in ciascuno di noi ed affacciarci in modo nuovo al mondo, percbè se continueremo a vedere le cose secondo le vecchie prospettive non potremo che continuare a con– tendere attorno a piccole e meschine questioni e in questo modo preclud~remo lo sviluppo moderno del nostro paese, per di più togliendo consistenza ali'ordine intemaziona1e in via di gestazione, con le conseguenze che ognuno 'può immaginare. SILVIO POZZANI • _:~oNTROLLODEI NUOVI IMPIANTI VICENDE Dl UNA DISCIPLINA DI GUERRA- Luigi Einaudi, invitando a rinunciare all'idea assurda della sovranità dello Stato assoluto e tirannico, aveva pro– posto di abolire; senz'altro e subìto, ogn( vincolo alla crea- zione di nuovi impianti industriali. _ , · Sulla -costruzione dei nuovi impianti si ~ra infatti ve– nuta ad esercitare in Italia, nel ventennio passato, una vasta e apparentemente severa ingerenza governativa, consona al quadro che infirmava i:l sistema, politico-economico di allora. I primordi di questa disciplina risalgÒno ad un decreto del lontano 1927 con il quale si stabiliva che nei Comuni aventi un elevato agglomerato urbano, non poteva eff~arsi !'in-. stal1azione di nuovi stabilimenti senza il 'preventivo consenso ministeriale. Diremo subito che il provvedimento, dettato dall'intento di porre un freno all'urbanesimo che provocava a lungo andare uno spopolamento- delle campagne e dei piccoli çentn, non ebbe e non poteva avere pratica appli– cazione; .tanto più che,-.se si voleva effettivamente evitare la tiasmigra~ione dei ·ceti destinati a lavori agricoli, sarebbe stato più saggio promuovere iniziative tendenti ad elevare il tenore di vita nelle campagne, anzicbè disporre un sem– plice divieto negativo e contrario alla libertà della scelta· del lavoro. La prima effettiva pietra dell'impalcatura risale però al 1929 (R.D.L. 18 novembre stesso anno). Essa si riferiva per il momento esclusivamente alla fabbricazione dei prodotti essenziali alla guerra, con il•riconoscimento a,J Governo della facoltà tli valutare se i nuovi impianti e gli ampliamenti di quelli esistenti corrispondessero o m'eno alle esigenze della difesa. Più tardi si volle intervenire ancor più a fondo, nella pretesa di frenare e disciplioore un eventuale disordinato– ed esageratò sviluppo che talune attività produttive pote– vano assumere. Infatti con lige 12 gennaio 1933 si ridiede espressa facoltà al· Governo idi disporre che fimpianto di nuovi stabilimenti industriali, nonchè l'ampliamento di quelli· esistenti, fossero sottoposti ad apposita autorizzazione mini- _ steriale. Con i successivi decreti vennero indicate -quali tra le attività dovessero essere assoggettate a tale disciplina, che di poi andò estendendosi gradualmente a tutte ile 'indu– strie di produzione e di trasformazione·. Impostato cosi il problema, non c'è chi non veda l:ome ciò - <lata la difficoltà di una applicazione obiettiva ingenera una facile protezione degli interessi costituiti fo danno di quelle iniziative che, non ancora entrate sulla arena, rappresentano pur sempre il naturale fermento per un sano sviluppo industriale; mentre non era neppure detto che l'azione governativa - che in uno Stato totalitario risente per forza di cose di dispotismo burocratlco e di interferenze d'interessi - potesse impedire il sorgere di imprese prive d'esperienza e di mezzi tecnici razionali. Ed era facile che così fosse per le immani difficoltà di disciplinare un sì complesso e delicato problema nel perpetuo divenire dei fattori produttivi. Va poi aggiunto che se è assai diffi– cile, anche in tempi normali, esercitare il mestiere del pro– feta, gli avvenimenti si sono sempre presi la briga di fare constatare c}ie ciò che· si r.itiene inutile oggi, domani diventa necessario. Ma di ll a poco, senza apportare emendamenti o mo– difiche, la legge che sottoponeva al vaglio ,governativo le nuove iniziative, da arma protettiva contro i cosi detti « pe– ricoli di una crisi distruttrice di sovraproduzione », venne proclamata l'arma antesignana per eccitare la produzione vei.o la meta della indipendenza economica. La prassi, nel suo quotidiano operare, non limitò i poteri alla facoltà di autorizzare il nuovo stabilimento o il suo ampliamento, ma allargò prqgressivamente la sua. sfera· ,di influenza assogget– tando alla podestà della legge la capacità produttiva del– l'impianto stesso, le mutazioni qualitative della produzione, l'origine e la qualità delle attrezzature, l'ubicazione dello sfabilimento, il suo trasferimento in altra zona, nonchè la riapertura ·di quelli inattivi e poteva intervenire perfino a giudicare se il processo produttivo prescelto dall'iniziativa privata corrispondeva ai « fini ~uperiori dèlla produzione na– zionale •: vastissim~ in tale campo, furono i poteri conferiti ali'ex Comitato interministeriale dell'autarchia che, a sensi del R.D.L. 9 gennaio 1939, poteva, in deroga a qualsiasi disposizione vigente, consentire nuovi impianti, prescrivendo le modalità del processo da adottare e delle materie prime da impiegare irt vista di particolari fini, nonchè fissando r prezzi di produzione;, Questa impostazione non doveva, per altro, assumere un aspetto di carattere eccezi9nale e fun– zione contingente, in quanto si pretend~,a che ciò rientrasse nella concezione coordinatrice ed unitaria deH'ecoll'Omia cor- 1 porativa e quindi nel quadro normale dei rapporti fra eco– nomia privata ed economia .nazionale.

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