Lo Stato Moderno - anno III - n.11 - 5 giugno 1946

256 LO 'STATO MODERNO fermeranno una qualsiasi limitazione ali' autonomia dell'arma doganale? Anche il lettore esclusivamente preoccupato della fisio– nomia politica delle questioni internazionali comprende che è dalla risp05ta a questi interrogativi che dipende l'avve– nire della nostra economia, e in concreto la prosperità della_ fabbrica A o della. fattoria àgricola B e la situazione pro– fessionale di Giovanni e il posto per Pietro, ecc., ecc. D'altra parte, ciascuno di noi comprende che a prescin– dere da queste imposizioni, o dalla latitudine di queste im– posizioni, vi è per noi I.a necessità di U5cire dal vecchi schemi per nostra spontanea elezione e di a<X?ingerèicoraggiosa– moote a percorrere vie nuove. Ma, sia a causa della nostra situazione minorata dal punto di vista politico, sia per la refativa mt>destia della ,nosl!ra potenzialità economica si gio– cherebbe altra volta con le .illusioni se si pensasse ,a poter faroela da soli. Non resta che da fare assieme agli altri, quindi. Dal Cremlino era venuto ad un certo momento il divieto ai paesi d'occidente di pensare a riuniopi o a fede– razioni. Ma ,adesso, se si ·ha a prestar fede alle agenzie gior– nalistiche, una iederazione balcanica è già beli' e formata, · e siccome non si muove foglia oehe Dio non voglia, si sa– rebbe giustificati a pensare che -se si ritiene che una certa soluzione vada bene ,per una zona, nen si :può, per neces– sità logica, sostenere che non vada bene per un'altra. Ora io penso che '1?6rnoi italiani non vi sia ohe una sola via • da intraprendere, quella di una collaborazione economica stretta, che potrebbe assumere i éaratteri icli una unione doganale o di una federazione economica, con i francesi e cqn. gli spagnoli. Ho già detto che io non voglio fare sfog– gio di ricette brillanti, e naturalmente questa non ne è una Ma mi si permetta di chiarire il mio -pensiero. Una più in– tima connessione tra italiani, francesi e spagnoli non pre- , senta, oramai, a·IJe soglie der secondo anno dell'era atomica una rilevanza ~olitica. Il bloçco latino può ,aver fatto pal– pitare in altri tempi i cuori reazionari dei Pétain, dei Lavai, dei Franco, dei Ciano, ma ora non potrebbe ohe essere, politicamente, un arnese da gettare tra i ferraveC'Chi. Le possibilità produttive e militari di un tale blo~o non sa– rebbero mai ta!i da 'costituire una minaccia o Ptlr il b-looco. anglosassone o per il blocco slavo. Ai francesi spiacque quando Smuts, in un discorso ohe ebbe una grande riso– nanza mondiale, parlò della Frnncia come potenza di se– condo ordine, ma non altra è la deduzione che si trae dalla concreba situazione deHe forze, tanto che su un piano di tal fatta, il rapporto non muterebbe di molto se si potesse supporre che per via di conquista la Francia incorporasse Spagna e Italia. In ogni ,caso una collaborazione intima tra italiani, francesi e spagnoli non potrebbe avere che un ef– fetto stabilizzatore nella vita dell'Europa. Subordinatamente, poi, i modi di questa collaborazione dovrebbero in ogni caso essere preoccupazione ,di Washington e non di Mosca. Io penso che Washington non potrebbe, se la politica ave54ie ,ad essere faccenda di gente che sa guardare oltre I'esreriore e apparente velo delle cose, che favorire una soluzione del tipo accennato -che dovrebbe avefe, essenzial– mente, carattere economico. Gli Stati Uniti per l'intimo urgere della propria eco– nomia hanno interesse a un generale elevamento della si– tuazione ma~riale <li tutti J •paesi del mondo, e 'in parti– oolare di quelli della zona eoccidentale. Un tale elevamento, e la conseguente diffusione di prosperità, non possono ohe essere il risultato di una adeguamento deBe varie economie a sistemi di produzione di stampo americano, ossia sviluppo delle· produzioni industriali di massa, macchinizzazione e differenziamento delle produzioni agricole, ecc. A questo fine gli americani <'ìonodisposti ad investire ,al)' estero tutti i miliardi di dollari che <'ìOnonecessari. Ma come è possi– bile pensare che le singole esigenze siano soddisfatte e ri– solte se si partisse ancora ,da postulati ai natura particola– ristica e tradizionalistica? Se, nel caso particolare, programmi italiani venissero in conflitto o perlomeno frenassero ana- loghi programmi francesi e spagnoli? · Giacchè, e qui sta il punto, le eoeonomie di Spagna, di Francia e d'Italia avtebbero tutto l'interesse a porsi su un piano di collaborazione attiva unificando certune iniziative, spianandonè altre, ecc. Anche nella premessa di una ri– p~esa di una condizione internazionale dell'economia, re– sterebbe sempre la, possibilità di una condensazi~ne econo– mica -dei tre mercati, e quindi fa possibilità di irnJ?Orta– zioni razionali di produzioni industriali ed agricole nelle quali potrebbero intervenire. anche altri paesi, particolar– mente il capitale di altri paesi La quota esuberante della popolazione italiana potrebbe essere convenientemente orfon– tata, secondo una '11nearazionale, in zona francese, mentre capitale francese e lavoro italiano potrebbero dar mano en– tro schemi del tipo della Tennessee Va/ley Authority, cioè pubblici, alla rinascita agricola e civile di estese provincie spagnole, sì da far rivivere quei giardini e quegJi splendori naturali che or non sono che un melodioso racconto dei romanceros. I tre paesi, meglio dire i tre popoli, potrebbero così riprendere lo slancio nell'iniziativa e scrostarsi di quel che di antiquato che lha impacciato finora la loro ascesa eco– nomica. Il modo tee.nico per arrivare a quel-la soluzione è 1 quello dell'unione doganale, che non a caso in un recente studio, il Servizio economico e finanziario della defunta Società delle Nazioni considerava - entro certe premesse -· come tra i più acconci alla ripresa degli scambi inter– nazionali. Naturalrn~nte io sono il ptimo a ravvisare le difficoltà i:li un tale programma e di una tale aspirazione. A tacere di quelle· esteriori, vi sono all'Cpra i particolarismi dei tre popoli a far da remora, pur essendo anche vero che tra i popoli d'Europa :solò il gruppo scandinavo offre una così intim\l concordanza di W e1.ta :rudiauungen (lingue affini - e se Manuel de Falla diceva che lui se la intendeva con gli italiani ~rlando spagnolo e ascoltando parlare italiano, è anche vero che gli .italiani e gli spagnoli non faticano molto a parlare francese e che i francesi fanno presto a farsi intendere in Italia e in Spagna -, la stessa religione o quanto meno identità di atteggiamenti verso Ja religione, temperamenti individualistici, inclinazioni alla fantasia, ecc.). L'ostacolo maggiore, almeno per il momento, è rap– presentato dalla presenza di Franco, ma potrebbe anche darsi che proprio mirando a 6Calzare l'anacronistico nazio– nali~mo in cui Franco si è impaludàto, si riesca ad indivi– duare uno dei mezzi più acconci ad allontanarJo, mentre, di converso, se si parlasse o si mirasse, ad una semplice unione italo-francese si verrebbe a favorire lo sciovinismo dei franchisti. Non bisogna pensare che tutto abbia a cadere dal cielo, oppure che una costruzione economica tanto imponente rampolli un certo giorno definita e circostanziata nei suoi particolari da qualche riunione di uomini politici, come dicevano sia uscita Minerva dal cerve!Jo di Giove. Fortu– natamente nella politica del governo francese vi è un pre– cedente che potrebbe aiutarci, perlomeno, all'impostazione ooncreta del problema. Nel giugno del 1944 il governo francese stabili un •accordo con quello del Belgio e con quello dell'Olanda per un impegno di consultazione nei ri– guardi ·dell'orientamento delle tre economie. Bisognerebbe In un modo o nell'altro, in ·linea ufficiale o semiufficiale, . s~ilire un contatto del genere per lo studio concreto dei / /

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