Lo Stato Moderno - anno III - n.9 - 5 maggio 1946

I L0 STATO MODERNO 195 in tutta Europa dal trionfo della rivoluzione borghese del 1789, e cioè il pro.blema della circolazione della classe dirigente. Tutto il dramma della storia è politicamente ri– ducibile a questo quesito: d'onde si trae la classe diri– gente? Lunghe lotte conobl?e il passato per spezzare il sistema della classe chiusa; poi si raggiunse - e fu grandiosa conquista - il regime della porta for– malmente aperta a tutti per l'ingresso nel circolo della classe dirigente. Si tratta di far diventare so– stanziale la soluzione formale, si tratta di dare una garanzia economica alla promessa giuridica, ma si tratta di operare questo nuovo rafforzamento della società non dimenticando - ecco il problema - che il solo e vero e eterno contradditore dialettico della libertà è..lo Stato e che ci,uindi la riforma - che va operata - non va operata a detrimento della libertà e a vantaggio dello Stato. Sarà il partito socialista a realizzare oggi questa delicata sutura tra libertà, giustizia e ofelimità economica? (E i concetti, nel loro significato politico e non metafisico, non sono dispe– rati). Sia pure. Noi siamo da tempo su questa posi– zione e « hic manebimus optime », anche se non suf– fragati e laureati. Questo è l'appuntamento della storia. Ma non è soltanto un appuntamento concettuale; è anche un appuntamento temporale. Occorre far presto; è necessario che la chiarezza non tardi nei cervelli e la tisolutezza negli animi, perchè il destino incalza rapidamente, e' le gerarchie delle Nazioni, cioè la loro ricchezza e potenza, si stanno costruendo rapidamente, e resteranno poi cristallizzate per lungo tempo. Il Congresso della Democrazia Cristiana non è ancora esaurito; ma terminata è la sua fase che de– stava a priori maggior interèsse, e cioè la decisione sul problema istituzionale. La decisione presa no!l è stata nè coraggiosa nè tempestiva; non coraggiosa perchè masèherata da formule ovattanti (« non il par– tito della democrazia cristiana ha posto il problema del regime, ma Ja storia», e par di leggere un aeco– rato rammarico contro la storia, più ché il pèntimento di non aver saputo interpretarla), non tempestivo perchè ormai l'Italia dilagava di volontà repubbli– cana, e la decisione è statà assai più a rimorchio che a guida della Nazione. Ma se l'accento congressuale più pubblicitario è battuto su_lproblema istituzionalE,, il suo motivo più interessante noi lo ritroviamo nella relazione di Gonella, e in ispecie in quella prima parte in cui è delineata con tocchi e con scorci çhe lasciano intravedere più di quanto non dicano, una imposta– zione tomistica dei rapporti tra Stato e Chiesa, pur non dimentic~ndo la importanza della seconda parte dove, ripetendo la polemica franeesei si batte su al– cuni tasti costituzionali che ci trovano consenzienti e cioè Presidente della Repubblica con poteri effet– tivi, bicameralità, costituzione rigida, ·Alta Corte di COStitu. l"tà ziona 1 , 1 ecc., ecc. e Gonella ha affermato eh~ la Democrazia cristiana non vuole uno Stato confessionale, ma ha subito re– spinto con sdegno il semplice sospetto che voglia uno stato laico. Eppure Gonella, non è uomo· a cui possa rivolgersi il latinetto grammaticale e di significato « tertium non datur ». Alla omissione di una nuova definizione ha riparat.-0 poi De Gasperi nel suo. di– scorso di replica parlando di uno stato di « ispira– zione cristiana». Ma a che giovano gli inviti alla chiarezza rivolti autorevolmente e fondatamente dal capo della Democrazia cristiana al partito comuni-;– sta, quando poi - giunti a questo punto e a queste definizioni - si nega di aspirare a uno stato confes– sionale? E per di più, se~ondo l'energica dichiarazione di Gronchi a questo si tende « con atteggiamento di conquista»; quello stesso Gronchi che tanto per co– minciare a conquistare qualcosa, tiene le mani fer– me su tutto il complesso corporativistico della indu– stria italiana a cui fa bonariamente capire che un po' di paternalismo è migliore della libertà. Ma noi, oggi, vogliamo prendere solo atto del « fa– natismo democratico » di De Gasperi, anche se il sostantivo non ci piace perchè insieme troppo ge– suitico e troppo giaçobino; e poichè quest'ultima ac– cusa non può nemmeno sfiorare De Gasperi, sarebb~ un vero peccato se dovesse essere sfiorato dalla prima. Nel momento iti cui si scrivono queste note non è invece iniziato il Congresso liberale. Ma da que– sto, dopo l'uscita dell'ala· sinistra, non c'è nulla da attendere con troppa ansiosa curiosità. Dispiace che Brosio sia rimasto invischiato a far da repubblicano– in un partito monarchico (o peggio agnostico) e da liberale in un partito conservatore. 11:come se Ca– vour si fosse messo in testa di fare l'Italia avendo per mini:;tro degli esteri Solaro della Margherita. Comunque, anche qui ·staremo a vedere. Intanto il disagio nella vita politica del paese non accenna a diminuire, nè sul settore interno, nè · su quello internazionale. Non sul settore interno in cui la carenza del governo in materia di ordine pubblico ha dato luo– go a manifestazioni clamorose, la sua incertezza nel campo economico rende più penosa la ricostruzione, la sua paralisi in tema finanziario rende perplessi in ordine alla efficienza futura della coalizione go– vernativa in tempi in cui i problemi non sarà più facile rii:nandarli. Non sul -settore intern11-zionale dove l'ottimismo a poco a poco cade in brandelli via· via che ci avvi– ciniamo alla pace; se ne è andata la flotta, forse se ne andranno bacini idrici di importanza essenzi~le, e Trieste è disputatissima, e le riparazioni incom-, bono sulla nostra stremata economia come l'ultima beffa. Eppure l'Italia rilorierà. MARIO PAQQI

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