Lo Stato Moderno - anno III - n.2 - 20 gennaio 1946

LO STATO MODERNO 31 arrivava a Mosea; due seienzfati geçirgiani pubblicavano ~u un quotidiano di Tiflis· la, dimostrazione del diritto della Georgia sovietica- su- rn.ooo miglia quadrate di territorio turco, con 'Frebisonda e · iresun, che non costituiscono af– fatto, come erroneamente fu a'fifermato dalla -stampa quoti– diana·, territori sottratti nel 1921 alla Russia, salvo in. mit~ima parte. E' il 20, mentre la conferenza di Mosca battait son plein e Stalin persona~nte si sforzava di risolvere coi due ministri anglosassoni i punti controversi, la stampa sovietica, come obbedendo ad un ordine, riportava con grande rilievo la lettera aperta dei due aecademici. Quale conclusione dovremo dunque trarre da questi sconfortanti rilievi sulla conferenza di Mosca? Quella stessa che ponevamo, nel fascicolo del 20 dicembre, a chiusura della nostra disamina dei rapp::>rti fra Russia e Anglosassoni, l'augurio cioè che questa possibilità di ricreare ad ora ad ora l'instabile equilibrio fra il colosso d'Oriente e i due d'Occi– dente duri fino a quando non si saranno eventualmente rea– lizzate quelle condizioni che gli permettano di trasformarsi in concerto. ,Ciò è poco allegro, senza dubbio, come imma– gine dello stato attuale di un'alleanza uscita da una iuerra che ha fatto ventidue milioni di vittime: ma non vi è nulla che non fosse da parte nostra ormai scontato. Dopo il fallimento aperto e confessato del convegno di Londra del settembre, dopo la presa di posizione unilaterale del convegno dei tr-e anglosassoni a Washin&ton del novembre, la conferenza di Mosca del dicembre, nonostante le grandi speranze legger– mente formulate sulla stampa inrernazionale, ha dato quello che poteva dare, non più di un piccolo passo avanti. E' t~tavia importante che si sia superato il punto morto. « Se glì accordi che sono stati raggiunti - ha detto Bevin (e si pensi, aggiungiamo noi, al valore di questo 111e) - saranno mantenuti ed osservati in uno spiritJo di reciproca compren– sione, questo ci ahlterà a compile-ne un ulten':ore passo in avanti e ci consentirà di affrontak (affrontare, si noti: non si parla ancora di risolvere) quei più vasti e vitali prob/e,nj che sono siati questa l)Oltalasciati da parte ». Un piccolo pa;so avanti, dunque, nei r~porti tra Russia e Anglosassoni. Per noi Italiani, purtroppo, c'è stato un passo indietro. Ma questo è un. altro discorso. ANTONIO BASSO Nuove tendenze del Federalismo Elvetico ·E' giudi:m.oaccolto da molti studiosi del writto pubblico svizzei:o che la costituzione federale del 1848, che pure s'era ispirata a intendimenti e propositi di largo decentra– mento cantonale, aUa prova dei fatti s'è• rivelata strumento tutt'altro che rigido cl' ogni, opposta e ragionevole istanza unita-ria,, Le costituzioni, si sa, sono astratti schemi g•iuridici che la st-0ria riempie- di dati concreti e sottopone al proprio va– glio rigoroso; né v' é da, stupirsi che cento anni di grandioso progresso tecnico e di radicali evoluzioni sociali e politiche, non siano passati senza lasciare traccia negli ordinamenti istituzionali di una nazione che vive, vigile e presente, nel cuore stesso dell'Europa. La costituzione del 1848 fu opera dottrina'fia faticosa e ardua quant'altra mai: ché veramente molte e preoccu– panti erano le contrastanti tendenze politiche di cui occor– reva trovare la conciliazione e la sintesi in quella rifatta Magna Charta. Oltre mezzo millennio di convivenza elvetica, tenuto insieme da una costante spirituale più forte d'ogni avversa contrarietà, ma contessuto tutto di lotte, diffidenze e ribel– lioni, era lì ad ammonire suJle aspetl'ative popolari che la costituzione non poteva tradire. La costituzione doveva in– staurare una norma generale di non sospetta tutela delle minoranze, etniche, linguistiche e religiose, doveva vincere w1 diffuso timore di menomazione e sopraffazione, doyeva rassicurare i cantoni poveri di fronte a quelli ricchi,, i can– toni agricoli di fronte a quelli industriali, i cantoni catto– lici di fu-onte a q:uelli protestanti; soprattutto doveva dota·re la Confederazione di una sovranità propria che non meno– masse sovercrnamente la sovranità dei cantoni, trasferire ad essa precise competenze ammini&irative, senza tuttavia inl'aeeare gli antichi usi loea-li · cui tutti i cantoni restavano gelosamente attaccati. Soltanto l'anno prima - gio':'.a ram– mentarlo - la Svizzera aveva vissut-o la sua piccola guerra di secessione, la lotta del Sonderbund, che la moderazione esemplare di un capo mi!litare e la saggezza della parte vin– citrice avevano saputo concludere con una genera1e e non sanguinosa rappacificazione. La vecchia Confederarione dei XIII cantoni che s'era o o o trascinata fino alla rivoluzione francese non rappresentava un precedente al quale i nuovi legislatori potessero molto prendere. · La Confederazione dei XIII esauriva i suoi poteri in accordi assai ristretti fra stati diversi che si sentivano ed erano molto diversi l'uno dall'altro: democratici alcuni e reti--i da landamanni come Uri, federativi altri come i Grig·ioni, aristocratici altri ancora come Berna, od oli.garchici come Zu– rigo, o monarchici come l'abbazia di San GaUo. La dieta federale non era riuscita a dare un indirizzo comune alla politica di tutti, essendo paralizzata dal vizio costitwionale di non avere autorità di decidere che all'unaninùtà di con– sensi, tolto che per poche faccende di minor conto. Di fronte all'estero la Svizzera non aveva ancora figura di stato uni– tario: la dieta infatti non poteva imporre alleanze ai can– toni, nè impedire che questi le facessero per ·proprio conto; all'interno non poteva levare soldati, né battere moneta, né esigere tributi o comunque soverchiare la sovranità assoluta çei cantoni. Questa anacronistica .situazione sarà rovesciata da Na– poleone. Ma l'Atto di mediazione che crea la Repubblica elvetica, una e inclivi;;ibile, accentrata sul modello francese, é atto di forza contrario a tutta la tradizione sv,izzera de– stinato a durare quanto il desposta che l'ha imposto. Il Trattato di Vienna ridà alla Svizzera il diritto di disporre del prop_!io destino: dopo di allora, attraverso convulsioni e comprensibili tentennamenti, essa si ingegna di trovare un intimo equilibrio istituzionale in cui siano rispettate a un tempo le esigenze moderne d'un potere centrale autonomo e autorevo1e, e le esigenza ancora tanto vive d'un sano can– tonalismo. Fra il 1815 e il 1848 schemi, proposte, studi, si suc– cedono con feivore. E- n' esce alla fine la costituzione che crèa la capitale unica, sopprime la dieta e i cantoni diret– tori, ist:ituisee gli organi stabili e ·regolari per l'esercizio del potere legislativo federale (Camefe federali), del potere ese– cutivo (Consiglio federale), del potere giudiziario (Tribunale federale). Con la costituzione del 1848 nasce la Svizzera moderna. lu

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