Lo Stato Moderno - anno III - n.2 - 20 gennaio 1946

32 LO STATO MODERNO La oostituzione del 1848 contiene una prudente affer– mazione di principio, secondo cui_la sovranità e le compe– tenze federali hanno carattere derivato e di deroga rispetto alle originarie sovranità e alle originarie competenze can– tonali. Basterebbe questa enunciazione a mostrare che fra confederazione e cantoni intercorre un· rapporto affatto divefso, anzi diametralmente opposto, a quello che passa in Italia fra Stato da una parte ed enti autarchici, comune e provincia, dall'altra. L'art. 2 della costituzione delimitando i compiti d~lla Confederazione afferma esplicitamente che essi hanno per oggetto: 1) l'indipendenza della palria di fronte allo straniero, 2) la tranquilÙlà e l'ordine pubblico, 3) le libertà e i diritti dei confederati, 4) la loro comune prosperità. Tutto ciò che esula da questi quattro punti rimane competenza dei cantoni. Ma la costituzione mentre da un canto mira a limitare e definire il campo d'azione della Confederazione, dall'altro porta in sé il principio di un continuo allargamento di esso. Un articolo della costituzione prevede infatti la possibilità della sua riforma totale o parziale e ne detta -le norme pra– tiche. In Svizzera la revisione della costituzione è il sofo mezzo adeguato per attribuire alla Confederazione nuovi poteri o per correggere comunque ,le sue competenze poli– tiche e amministrative. Tutte le precauzioni sono state prese perché le mo– difiche alla costituzione siano il risultato di ponderata con– siderazione e rispondano veramente all'interesse e al desi– derio del paese. Il referendum popolare obbligatorio in ma– teria costituzionale e il referendum popolare facoltativo in materia legislativa (rafforzati dal principio che a modificare la costituzione occorre oltre che la maggioranza dei voti anche la maggioranza dei cantoni) sono gli istituti potenziali e teorici attraverso i quali si afferma· la volontà popolare. Strumenti pur non difficili da mette.re in moto, se in ma– teria costituzionale dal 1848 ad oggi furono chiamati a fun– zionare una quarantina di volte. La realtà é che tramite il gioco della democrazia diretta la costituzione svizzera fo spesso ,ritoccata e lo sarà sempre, quando un'energica cor– rente dell'opinione pubblica ne abbia un forte· interesse. Largo uso s'è fatto in questi cento anni del diritto di trasferire alla Confederazione nuove competenze; né poteva accadere diversamente, in un paese che al disopra d'ogni preconcetto ideologico ha mirato ad adeguare i propri or– dinamenti allo sviluppo nuovo e sempre più esigente dei tempi. La Carta del 1848 gettava le solide basi del nuovo or– dinamento istituzionale ma non giungeva a mettere ordine automatico a una realtà economica e sociale ch'era il risul– tato di remotissimi sviluppi storici. In materia di monete, di dogane, di trasporti, di legislazione civile e penale, di contenzioso amministrativo, fino alla metà del secolo scorso la Svizzera formava un pittoresco mosaico. Sul piano di un comune denominatore nazionale gli svizzeri dovevano at– tuare tutta una serie di graduali ma necessarie riforme. Cosi nel '49 si imporrà da legge sulle poste e faltra sulle dogane che avocando alla Confederazione questi rm– portanti servizi le assicurerà pure i cespiti finanziari suffi– cienti ai suoi bisogni; sarà nel '50 la "legge sul regime mo– netario, nel '52 quella sulle ferrovie. Saranno successiva– mente le leggi per il monopolio dei biglietti di banca, per l'intervento federale in materia di acque e foreste, per il riscatto delle ferrovie private {preludio alla grande .rete delle ferrovie federali), per lo sfruttamento delle risorse àdriche, ·per l'unificazione dell'esercito n:ljfionale, per il codice unico, per l'assicurazione sugli infortuni del lavoro, e così via. _Una vastissima legislazione è passata al vaglio della volontà po– polare e non sempre è stata accettata. Quasi a ogni vota– zione si sono •levate voci a contrastare una pretesa nuova , menomazione dei diritti cantonali e una nuova temuta inge– renza dei poteri federali; quasi ogni votazione ha rinnovato l'antico dibattito del!' opinione pubblica 'intorno ai due prin– cipii nemici del federalismo e dell'accentramento. Gli sviz– zeri che in teoria sono tùtti o quasi federalisti, in pratica finiscono col cedere di fronte alla realtà della situazione e ai bisogni evidenti di una legislazione organica e razionale, che non può venire devoluta se non alla Confederazione. (E' interessante notare che molti emendamenti costitu:liÌonali respinti in prima votazione sono passati qualche anno dopo: l'insistenza del governo nel chiedere nuovi poteri non fu quasi mai vana, nè l'opinione pubblica si mostrò chiusa n una rinnovata opera di persuasione). Se innovare si può in vari modi, l'esperienza svizzera insegna che in una Confederazione ogni modifica dello statu quo non può· accadere che nel senso dell'unificazione (E' per questo che neà cantoni agricoli e patriarcali è ormai invalso l'uso di votare contro, qualunque sia l'oggetto del referendum, e l'opposto nei cantoni cittadini e industriali). Intanto si lamenta da più parti che •lo spirito federali– stico vada indebolendosi in Svizzera, e può essere vero: ma vi sono fatali inclinazioni l'ltoriche alle quali nessun po– polo, che non si estranei <lalla vita della sua epoca, può ragionevolmente resistere. E' indubbio che molti fattori abbiano contribuito a scuotere il vecchio mondo cantonalistico. Intanto le migra– zioni interne. Oggi neppure un terzo degli svizzeri vive nel proprio comune di origine: vi sono città come Losanna ove quasi il novanta per cento della popolazione è costituito da immigrati. E' questo un fenomeno che ha molto contribuito a ravvicinare gli svizzeri, a fugare certi vecchi sospetti re– ciproci, a fare sentire più urgente la necessità di un .raffor– zamento dei poteri centrali dello Stato. , Poi esigenze d'ordine militare, sociale e politico. Prima del '48 l'agricoltura era l'occupazione principale del popolo svizzero: oggi esso è dedito in non piccola parte al com– mercio e all'industria. Molti cittadini hanno interessi che varcano la cerchia del natio comune o del cantone, quasi tutti all'occasione sono portati a invocare leggi semplici e ben fatte che pongano fine alle complicate interferenze di autorità, di competenza, di procedura che un tempo resero impossibile la nascita di un mercato economico nazionale. L'ultima grande battaglia ideologica in sede di votazione popolare è stata combattuta qualche anno fa intorno al codice penale unico, propugnato dagli uni e giudicato dagli altri cagione di un insopportabile livellamento delle diverse tradizioni umanistiche delle tre stirpi. Tutta l'opinione pub– blica è stata mobilitata in occasione di quella votazione. Alla fine hanno vinto i fautori della praticità e del livellamento, e i vecchi codici cantonali sono simultaneamente caduti. Certo é però che questa continua e forse irrefrenabile corsa all'accentramento e all'unificazione nasconde pericoli di cui gli svizzeri più accorti sono ben convinti e dei quali paventano le più lontane conseguenze. Non solo le ragioni spirituali più alte <!ella realtà elvetica, ma pure lo stesso ordinamento fiscale ed economico rischia di venire com– promesso nella morsa di un eccessivo centralismo. La costituzione stabilisce che la Confederazione goda delle imposte indirette e i cantoni, in genere, di quelle

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