Lo Stato Moderno - anno III - n.2 - 20 gennaio 1946

28 LO STATO MODERNO Sulla riforma costituzionale PROVINCIE E REGIONI Da u;10 scritto del Consigliere di Stato Malinverno, com– parso sul n. 1-2 della rivista: La Nuova Rasseg1ia cli legisla– zicne,_ dottrina e giurisprudenza apprendiamo interessanti no– tizie circa gli studi in corso per la riforma delle pubbliche amministrazioni, e in particolare per la istituzione della re– gione. Secondo queste notizie una « Sottocommissione per la Regione» avrebbe predisposto due progetti: l'uno massimo, l'altro minimo. Ii primo compC\rterebbe l'obbligatorietà del– !' ente «Regione», con la contemporanea soppressione o me– glio assorbimento degli enti provinciali, ma con la conser– vazione delle prefetture. Le attribuzioni che le Regioni ere– diterebbero dalle provincie, sar~bbero notevolmente allar: gate, specialmente nel campo dell'agricoltura, dell'istruzione media, e dell'attività sanitaria. A tali attribuzioni obbliga– torie, alh·e se ne aggiungerebbero di carattere facoltativo. La regione avrebbe inoltre larga facoltà di assumere servizi pubblici in regime di municipalizzazione, come acquedotti, tranvie e ferrovie, linee telefoniche, gestione di silos e ma– gazzini provinciali, segherie, zuccherifici, vivai, semenzati, eccetera. La regione godrebbe di larga autonomia amministrativa e il controllo su di essa, limitato a pochi atti fondamentali, sarebbe affidato a uRa speciale Commissione elettiva com– posta di cinque membri oltre due membri tecnici governa– tivi. Sarebbe abolito il controllo preventivo da parte del pre– fetto, e sostituito da un controllo ispehivo, cli sola legittimità. Il progetto minimo si baserebbe invece sulla istituzione di Consulte regionali, le quali avrebbero competenza su tre ordini di 'l)rovvedimenti: a) provvedimenti di iniziativa della Consulta stessa; b) pareri facoltativi; c) pareri obbligatori, Questo progetto presuppone quindi il mantenimento delle provincie', e costituirebbe più che altro un esperimento cli avviamento alla creazione dell'ente regione secondo il pro– getto di massima sovraindicato. I p~ogetti sovradescritti, sia quello massimo che quello minimo, non sembrano soddisfacenti. Quello minimo non rea– lizzerebbe la soluzione del problema ma rappresenterebbe soltanto un espediente di carattere dilatorio o preparatorio. Degno di più attenta considerazione è il secondo pro• getto, quello massimo, che tende a creare in via definitiva l'ente regionale. In merito però è da osservare che tale pro– getto in quanto si basa sul!'assorbimento dell'ente provincia, non farebbe che sostituire a un ente a base territoriale più ristretto un ente più vasto, ma lascerebbe la sostanza delle oose immutata. Tutto ·si ridurrebbe a un cambiamento di nome. Invece della provincia, la regione. Quali vantaggi si realizzerebbero con questo cambia- mento? ' La ragione di mantenere o meno un ente locale è dato dalla maggiore o minore capacità da parte del medesimo di realizzare e soddisfare i bisogni e le necessità locali. Ora, si può dire che la regione potrebbe meglio della provincia rispondere a tale esigenza? Non lo crediamo. La regione racchiude in sè interessi collettivi diversissimi che difficil– mente ~trebbero coo_rdinarsi in veste unitaria e creerebbero piuttosto motivi di contrasto che di coordinazione- Si consi– deri ad esempio la LQmbardin: in essa accanto a centri pret– tamente industriali (esempio Milano), troviamo centri di na– tura quasi esclusivamente. agricola (esempio Cremona), ad altri ad economia esclusivamente montana e forestale (esem– pio Sondrio), altri con interessi di carattere turistico (esem- / ' pio Como e Varese) e infine altri ad elementi misti (esempio Brescia). Di fronte a cosiltatta varietà di caratteristiche, che si traduce in varietà di bisogni e di interessi, assai più con• veniente appare un ente a base più ristretta. D altra parte, e indipendentemente dalle varietà am– bientali tradizionali, geogratiche e alla con~eguente varietà dei bisogni che si presentano nella stessa regione, sta il fatto che la regione pare ente troppo vasto per poter soci• disfare con prontezza ed eJficacia ai bisogni delia località. Appunto per questa ragione, dopo un esperimento di am· phamento da provinciale a regionale del l'rovveditorato agli Studi, si dovette ritornare al primitivo sistema. . Ben è vero che esistono anche problemi (stradali, idio– logici ecc.) che trascendono I ambito di una provincia e interessano più provincie, onde per questi sarebbe assai più adatto un ente a base più vasta. Ma per ciò solo non è necessario addivenire alla creazione di un ente nuovo, ma potrebbe bastate l istituto del Consorzio fra le provincie che la legge comunale o provinciale prevede. Hesta a considerare largamente un altro argomento che viene posto spesso innanzi per glustiHcare la ritorma: essere cioè la regione ente naturale e la provincia ente fittizio e artificiale. ulla di più inesatto. E' sfato già detto da un grande giurista, il cui nòme rifulge ora di più viva luce, Silvio Trentin, che « le vaghe incerte tradizioni, traenti ori– gine dal tatto che l'auspicata ripartizione regionalistica si vorrebbe far coincidere tom1almente con le antiche auto– nomie statali aventi sede nella penisola, prima della unifi• cazione politica, sono insufficienti· àd ovviare alla mancanza di una naturale effettiva spontanea elaborazione di quei .mo!• teplici rapporti di cui il nuovo ente dovrebbe essere assunto a soggetto, dato sovrattutto il carattere rigidamente assolu• tistico ed accentratore proprio dei vecchi regimi, i_stituzio– nalmente preordinati in modo da rendere impossibile negli Stati, in cui .confronto essi trovavano · applicazione, la so• pravvivenza di qualsiasi anche attenuata forma di libertà locale» (1). . Viceversa le .provincie, non tutte create a· tipo uniforme come i dipartimenti. francesi, ma alcune fin da)!'origine ri• spondenti a ragìonl storiche o geografiche, sono divenute ormai, per l'azione inavvertita .di circostanze molteplici avénti la loro causa nel bisogno istintivo delle popolazioni di trar profitto, coinunque, di tutti gli strume'nti atti a far valere la propria volontà, elementi essenziali e caratteristici per la · interpretazione e risoluzione dei problemi locali, tanto che, indipendentemente dalle attribuzioni tradizionali ad esse as· ,egnate per legge, esse sono chiamate spontaneamente ili numerosissimi casi per la risoluzione di problemi interco– munali relativi ai lavori pubblici, alle comunicazaoni ordi– narie, ferroviarie, tranviarie, automobilistiche, all'approvvi– gionamento idrico, alla difesa igienica e sanitaria e in ge– rlere ali'organizza.i:ione di servizi interessanti il territorio di più comuni. L'elimiuarla per sostituirla con altro ente, a parte che ne maucherebbero le ragioni, sarebbe turbarne il processo evolutivo, e la funzione effettiva, gettando il disordine nel travagliato organismo della pubblica amministrazione- Già troppi esperimenti si sono fatti in Italia e non sembra il caso di tentarne altri se non per gravi ragione e con ga– ranzia di sicùro successo. • Eppure esiste indubbiamente ne_lla-coscienza J?Ubblica una aspirazione e una volontà .dirette a creare un decentra•

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