Lo Stato Moderno - anno III - n.2 - 20 gennaio 1946

42 LO STATO MODERNO RICATTO o GUERRA Dal 1922 al 1936 Mussolini esitò tra due alternative da prendere, come basi della sua politica estera. Accordo con la Francia e l'Inghilterra o più strette relazioni con la Germania? In entram– bi i casi ciò cui il duce mirava era di assicurarsi il massimo dei vantaggi da Londra e da Parigi. L'unica differenza era che adottando il primo disegno, egli avrebbe conseguito il suo proposito per mezzo di negoziati, mentre, scegliendo la seconda alternativa, avrebbe fatto uso del ricatto e della prepotenza. An– che prima di giungere al potere Mus– solini espose i vari aspetti della que– stione. Alla vigilia della conferenza di Genova, quando era ancora giornali– sta, scrisse sulla Gerarchia un articolo che conteneva il seguente passaggio: « Non c'è dubbio che oggi l'asse della storia europea passi attraverso Berli– no. Nella lotta fra la Germania e le grandi Potenze, la parte dell'Italia può essere decisiva. Prima di determinare la sua condotta, l'Italia deve esamina– re a fondo il problema tedesco per pe– netrarne il vero aspetto. Per il momen– to l'Italia dovrebbe adottare il punto di vista 1nglese. Bisogna garantire alla Germania una moratoria per i paga– menti, ma non appena possibile si de– ve concludere un patto di garanzia con– tro di lei ed essa deve esser costretta a pagare•· Dopo la marcia su Roma nel 1922, Mussolini continuò ad essere antitede– sco. Il suo primo passo in politica e– stera fu di respingere le proposte del primo ministro ing!ese Bonar Law che caldeggiava più stretti rapporti cort Berlino. Invece di esser d'accordo in questo, Mussolini si unì alla politica di Poincaré, che tendeva alla occupazio– ne della Ruhr. E' vero che Poincaré aveva già pagato questo appoggio al– lorché, a Ginevra, aveva-cooperato a rendere possibile all'Italia la sistema– zione della questione del bombarda– mento di Corfù, a condizioni assai van– taggiose per il di lui prestigio. Fu circa in questo periodo che ac– cadde un ameno incidente che serve ad illuminare i rapporti allora esistenti tra Italia e Germania. I seguenti par– ticolari vennero pubblicati da I! mondo nonostante la censura fascista che in quel momento andava ancora a ten– toni. Per mezzo dei suoi agenti segreti Mussolini aveva scoperto, chiuso in una cassaforte dell'Ambasciata tedesca di Roma, una grossa cartella di cuoio che conteneva le prove documentate delle trattative segrete dell'ambasciatore te– desco con eminenti personaggi italiani. Ma l'ambasciatore tedesco, barone von DI IERI di GENEVlÈVE TABOUlS Neurath, era stato informato da mem– bri del suo servizio di spionaggio, che Mussolini aveva disposto che alcuni dei suoi uomini s'introducessero di notte nei locali dell'Ambasciata per aprire con chiavi false la cassaforte ed im– padronirsi della preziosa cartella. Il ba- ' rone von Neurath ne tolse i documenti tentatori, sostituendoli con fogli di car– ta bianca. Poi, all'ora stabilita egli stes– so, insieme all'intero personale dell'am– basciata, ch'era stato armato, attese lo arrivo degli scassinatori. Alle due del mattino una porta si aprì e due figure mascherate s'introdussero f41.rtivamente, aprirono la cassaforte e s'impadroni– rono della grossa cartella. Nell'attimo stesso furono circondati, legati e disar– mati. Un uomo che li aspettava nella strada riuscì a scappare. Allorché i due scassinatori vennero perquisiti, si sco– prì che erano nientemeno che due fun– zionari del Governo italiano, un tenen– te della polizia militare e un mare– sciallo di polizia. Il giorno seguente' lo ambasciatore tedesco inlormò la poli– zia che la sua residenza era stata v lo. lata, ma che egli non poteva consc: gnare i colpevoli se non ad un rap;,re– sentante del Ministero italiano degli Esteri. Quest'ultimo, per conseguenza, incaricò il segretario generale del mini– stero, Contarini, di sistemare il meglio possibile il disgraziato incidente. Il ba– rone von Neurath mantenne il silen– zio su di esso, e questo gli diede un po– tere su Mussolini di cui egli si servì a dovere. Anche quando Contarini cad– de in disgrazia non disse mai una pa– rola su questo incidente, che dà un e– sempio dei metodi diplomatici in favo– re a Roma e a Berlino. I rapporti italo-tedeschi furono spesso influenzati anche dalla tendenza della repubblica di Weimar a segÙire una li– nea di politica democratica. Tuttavia nel 1932 Mussolini dichiarò in una in– tervista concessa a Jules Sauerwein che « nient'altro che un'alleanza tra la Francia, l'Italia, Il Belgio e la Germa– nia può ripristinare saldamente Ja pa- • ce europea •· Nè l'Inghilterra nè la Francia si mostrarono disposte a pre– .stare attenzione alla buona volontà di Roma. La debolezza economica, politi– ca e militare della Germania in quel tempo la privavano di gran par°te del suo valore ed in ogni caso non giusti– ficavano le concessioni coloniali che la Italia si aspettava e che. avn,>bero c.:i– stituito un inquietante ,precedente per le future pretese tedesche. Ciò cui Mussolini mirnva ora, era di aiutare la Germania ad ottenere Il Go– verno «forte•, atto a diventare una fonte di preoccupazione per la Francia e per l'Inghilterra. La sua attenzione fu quindi attirata dal movimento nazi– sta che faceva rapidi progressi nel Reich. Già molto tempo prima che Hi– tler giungesse al potere, gran parte de– gli uomini del suo partito erano •in stretti rapporti con i capi del fascismo. L'attività che aveva il suo centro principale nella Casa Bruna di Mona– co, ricevette notevole incoraggiamento dal Duce dai 1930 sino al 30 gennaio del 1933. Non appena Hitler giunse al potere, si rese conto che iiuest'atteg– giamento amichevole da parte dell'Il'a– lia avrebbe potuto tornargli molto uti– le. Di conseguenza diede a Mussolini l'assicurazione formale che in nessun caso la Germania avrebbe reclamato il Tirolo meridionale. Nel suo grande discorso al Reichstag del 30 gennaio 1934, Hitler ricordò in special modo che, per quanto riguardava la politica estera, noq poteva fare a meno di esprimere il suo compiacimento per ii fatto che la tradizionale a1'nicizia fra il nazionalsocialismo e l'Italia fascista si era in quell'anno stabilita ancor più saldamente in Germania. Tuttavia Mussolini non era dispo– sto ad impegnarsi trqppo a fondo. L'u– nico scopo del suo « flirtare• con Ber- • lino era di servirsene per far pressio– ne sui suoi precedenti alleati. Egli si richiamava inoltre a quanto aveva detto il principe von Biilov: « Può darsi che gli alleati abbiano vin– to la prima fase, ma è impossibile di-re chi realmente abbia vinto la guer– ra se prima non sappiamo chi avrà il sopravvento a Vienna•· Quello era il periodo in cui la pro– paganda nazista in Austria era appena incominciata. Essa si sforzava di con– seguire i suoi fini a qualunque prezzo e di li a poco il l>errorismo imperversò a Vienna. Il governo dii,.Dollfuss pensò allora che un accoi;,do con l' Itali<! avrebbe potuto pròteggerui dalle ambi– zioni tedesche. Coloro che erano vicini ad Hitler lo consigliarono di accordarsi con Musso– lini circa le condizioni alle quali egli avrebbe acconslmtito a non intromet– tersi in Austria. I due dittatori si in– contrarono a Venezia e furono delusi l'uno dell'altro. LI Fiihrer diede a1 Duce le assicurazioni richieste riguardo al- 1'Austria, ma lo fece molto fredda– mente. Al pranzo ufficiale Hitler sede– va accanto al sottosegretario di Stato al ministero. italiano degli Esteri, Su– vitch, che era nativo di Trieste e par– lava perfel>tamente il tedesco. Durante il pranzo Hiltler non fece a'ltro che criticare il governo austriaco. In fine

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