Lo Stato Moderno - anno II - n.20 - 20 novembre 1945

304 LO STATO MODERNO In entrambi i paesi si tratta di ridare una vita giuridica e pratica alle entità locali, che, chiamate Regioni in Italia e Province in Francia, ebbero una loro vita in passato, e poi, cancellate sotto il peso di un'entità livellatrice, conservano ancora una loro vita non legalmente riconosciuta, ma in fatto sentita ed efficiente. Tonto in Italia quanto in Francia l'accentramento è frutto de:l'opera combinata della monarchia e della democrazia. Varia l'apporto di ciascuna delle due forze, varia lo svi– luppo cronologico, ma l'accentramento è la risultante di queste due forze. Per quanto la monarchia francese prima della rivoluzione avesse condotto avanti l'opera di accentrnmento, aveva la– sciato sussistere l'ordinamento regionale (provinciale come si dice in Francia). Vi erano due sorta di province: i paesi di Stato che erano le regioni periferiche, le quali godevano di una maggiore autonomia, ed i paesi di e:ezione, che for– mavano la parte -più compatta del corpo della Francia e maggiormente sentivano l'opera della capitale. Non si deve oggi pensare a questo ordinamento come a vere libertà lo– cali moderne. Si trattava di nU:l'altro che dei residui della vecchia amministrazione feudale, complicata e disorganica, su cui si sovrapponeva la nuova amministrazione regia, for– temente accentrata. Tutto questo in un intrico complicatis– simo di vecchi ordinamenti, di privi!egi, di sopravvivenze feudali, di residui nobiliari. Però que'.lo che vi è di più pre– zioso, e cioè lo spirito locale, il senso di un'unità compiuta, che ha bisogni ed interessi propri, viveva almeno nei paesi d, Stato. La Rivo!uzione Francese ha distrutto tutto questo portando a tennine con moto accelerato l'opera accentra– trice che la Monarchia andava compiendo da tempo con la– voro cauto e paziente. La Rivoluzione procedette alla gia– cobina, cioè secondo criteri astratti, senza tener conto della realtà viva. L'Assemblea Costituente, la quale cominciò ad occuparsene sin dal settembre del 1789, più che del proble– ma di un razionale e libero ordinamento amministrativo, si dedicò alla lotta contro i privilegi e contro l'aristocrazia. Parve, ed il Mirabeau lo disse espressamente all'Assemblea Nazionale, che, aboliti i priv,ilegi, fosse indispensabile abo– lire anche le amministrazioni locali, che avrebbero potuto offrire dei mezzi per reclamarli e per riprenderli. D'altro lato nelle province si era rifugiata, dopo il progressivo esten– dersi del potere regio, la forza dell'aristocrazia. Si temette che, nell'amministrazione provinciale, l'aristocrazia potesse col LA NUOVA EUROPA RE'I'TlM,l..1"AL1' T>L POLlTLCA E LETTERATURA Direttore: LUlGI SALVATORELLI. Redattore Capo: MARIO VINCIGUERRA. Redattori: GUIDO DE RUGGIERO, UMBERTO MORRA, PIETRO PANCRAZI. Segretario di Redazione: ALBERTO PICCO E STELLA. Direzione - Redazione - Amministrazione ROMA . COR O UMBERTO I, 47 tempo riprenaere il sopravvento. Si pensò di sostituire alle province altre ripartizioni più piccole, impotenti di fronte al potere centrale, ed incapaci quindi di accogliere ancora i privilegi e le potestà aristocratiche. Si arrivò così ne~ novem– bre dell'89 ad un progetto esclusivamente geometrico: la suddivisione del paese in 80 quadrati uguali di 324 leghe quadrate di superficie. In seguito si fecero meglio i conti con la realtà e la geo– grafia, riconoscendo l'Jmpossibilità di dividere una nazione come un foglio di carta quadrettata. Si tenne però ferma la l,iivisione di un'ottantina di dipartimenti. Questo ordinamen– to sopravvisse in tutte le costituzioni della rivoluzione, fu ac– colto dall'Impero, dalla restaurazione e da tutti i regimi che si sono succeduti in Francia. Sopravvisse non senza disagi e reazioni, rimaste però più che altro allo stato di critica ne– gativa. La democrazia francese considerò sempre come una eredità rivoluzionaria il mantenimento dei dipartimenti e osteggiò il ritorno alle antiche province che pure era stato invocato in occasione <le!!a fondazione deìla terza repub– blica. Del movimento regionalista si impadronirono invece i monarchici e i nazionalisti. La loro dottrina costituiva un curioso miscuglio di idee amministrative moderne contrapposte ali'astratto razionalismo giacobino e di nostalgie degli anti– chi privilegi locali. Più eloquente di tutti il famoso manife– sto del 5 luglio 1871 del pretendente al trono di Francia, Conte di Chambord: « noi fonderemo insieme sulle larghe basi del decentramento amministrativo e delle franchigie locali, un governo conforme ai bisogni reali del paese >. Il ciclo del centralismo è eguale in Italia ed in Francia, ed eguali ne sono le comeguenze sulla vita politica. L'Ita– lia, paese di costumi politici più deboli, ha sentito maggior– mente il peso del centralismo che soffoca la vita democra– tica. In entrambi i paesi il centralismo ha prodotto, in diverse proporzioni e con fasi diverse, le stesse conseguenze. Oggi le due nazioni escono da un ·ciclo analogo di rovina della de– mocrazia ed entrambe stanno per atfrontare il problema del rinnovamento dei loro istituti. I vantaggi di un'azione combinata dalle forze autonomi– ste dei due paesi sono evidenti, e non soltanto per l'effica– cia dei movimenti di riforma della struttura dello Stato, ma anche per dissipare le diffidenze che sono l'eredità di un tri– stissimo passato e per marciare verso un migliore avvenire di solidarietà europea. La stessa combinazione di forze produsse l'aocentramento in Italia. Il vecchio assolutismo aspirava, come tutti i go– verni, all'accentramento, ma era rispettoso di privilegi e di tradizioni e lasciava quasi dovunque sussistere (il Regno del– le Due Sicilie era l'unico stato fortemente accentrato) poteri locali variamente organizzati. L'unità produsse l'accentramento perchè si trovarono con– cordi nel volerlo, le correnti democratiche, che si ispiravano ai modelli francesi, ed i retrivi fautori di ogni rafforzamento deU 'autorità centrale. Si ebbe così l'ordinamento accentrato, introdotto sulle rovine della vita locale con l'unificazione del Regno, ordinamento che ci venne dalla Francia. MARIO BONESCID

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