Lo Stato Moderno - anno II - n.19 - 5 novembre 1945

278 LO STATO MODERNO la sua composizione la garanzia di perseguire con la massima sincerità simile indirizzo. La questione della Val d'Aosta fu risolta direttamente con la concessione dell'autonomia nel quadro dello Stato italiano, con piena soddisfazione della popolazione di lingua francese interessata. E il 27 agosto, tre giorni <lopo che De Gaulle aveva formulato a Mosca l'augu– rio che < Francia e Italia, entrambe grandi nazioni latine e mediterranee, vengano presto ad un accordo generale per definire tutti gli attuali problemi esistenti fra loro», Farri dichiarava ai giornalisti esteri alla consueta conferenza,stam– pa che « l'amicizia italo-francese può e deve essere il fonda– mento della pace in Europa ». Dieci giorni dopo, nell'immi– nenza del convegno di Londra dei cinque ministri degli Esteri che avrebbe dovuto stendere il trattato di pace con l'Italia, Bidault, esponendo al Consiglio dei Ministri del 7 set– tembre il punto di vista del Quai d'Orsay io materia, faceva dichiarazioni estremamente interessanti. Egli formulava ben– sì alcune rivendicazioni nei confr_ooti dell'Italia, ben più mo– deste di quelle affiorate nei mesi precedenti, ma riconosceva che l'Italia democratica era stata, come la Francia, vittima dell'aggressione fascista, e che essa « non costituisce una mi– naccia io Africa», affermava che « occorre avere il debito ri– guardo per le qualità colonizzatrici degli Italiani e per la co– lonizzazione da essi effettivamente compiuta in Africa», e concludeva che « la Francia desidera sinceramente di vedere ristabilita una solida amicizia franco-italiana». Il convegno di Londra (11 settembre-2 ottobre) - che vide la delegazione sovietica negare, contro le due Potenze anglosassoni, il diritto alla Francia di dir la sua parola nelle questioni ba'.caniche - non potè che rafforzare l'orienta– mento «occidentale» della politica francese. Nei confronti dell'Italia, d'altro canto, la Francia sostenne i diritti italiani sulla Libia, sia pure anche io vista di non creare oltre Ma– reth deJ:e situazioni che potessero poi ripercuotersi io senso sfavorevole al dominio francese sulla Tunisia. Un importante incontro ebbe luogo il 25 settembre a Parigi fra De Gaulle e il nostro ministro degli Esteri De Ca– speri reduce eia Londra, che nel riferirne quattro giorni dopo alla Consulta affermò di aver sentito in quel colloquio « la volontà di quel grande paese ùi fare una politica universa'.i– sta, e in particolare di amichevole collaborazione con noi», e, dichiarando che « il lavoro italiano sarà il yjncolo più ef– hcace della nostra amicizia», mise in luce uno dei più ca– ratteristici e:emeoti di complementarità fra i due paesi, a proposito ciel quale i due Governi già stanno negoziando un accordo di vasta portata. Ma una chiara e più dettagliata caratterizzazione della posizione internazionale dell'I t,rlia dal punto di vista francese doveva tracciare, più recentemente ancora, il generale De Gaulle con le dichiarazioni fatte i! 12 ottobre alla cooferenza– stampa, nelle quali si trovano frasi come queste, « L'Italia non può essere paragonata alla Germania. Nell'Europa, e in particolare nel Mediterraneo, l'Italia rappresenta un fattore inchspensabi'.e »; e più avanti, « L'Italia è per la Francia una vicina e una sorella»; « In Cirenaica e in Tripolitania l'Italia ha messo piede molto prima del!'avvento al potere del fascismo, e per la civilizzazione. di questi territori ha speso lavoro e ricchezza. Non sarebbe giusto, io credo, escludere per il futuro da queste co:onie l'Italia, e in particolare la nuova Italia democratica». Dopo di che egli concludeva di essere « oltremodo ottimista circa il futuro delle relazioni franco-italiane». Anche noi, che potremmo sottoscrivere ciascuna di queste frasi, abbiamo motivo di essere ottimisti. Troppe volte nei decenni trascorsi i due paesi sono stati divisi da malintesi e da incomprensioni affatto innaturali. La fratellanza d'armi dei quattro anni de:la prima guerra mondiale non riuscì a consacrare la duratura collaborazione, chè anzi nuovi dissa– pori si determinarono già in sede di Conferenza della Pace, e il regime fascista si esercitò poi a scavare l'abisso fra i due paesi fino alla catastrofe del 10 giugno 1940. E se vi fu un momento in cui la situazione parve capovolgersi e i rapporti divenire cordiali, quello de!l'accordo Lavai-Mussolini del 7 gennaio 1935, fu quello l'accordo di due uomini e non di due popoli, accordo che doveva realizzarsi nel segno di una aggressione e che come tale era destinato a malamente p~– rire. Oggi, a1 contrario, l'Italia è retta da un governo amante della democrazia e della pace, presieduto da un uomo che si è personalmente battuto per la causa dell'Europa contro l'Antieuropa ed è l'esponente di un partito che tra i punti fondamentaii del suo programma ha l'auspicio di una « fede– razione europea di liberi paesi democratici», di cui l'unione franco-itaLana dovrebbe essere il primo pilastro. E, accanto al partito d'azione, il partito socialista è particolarmente fa– vorevole ad una politica di avvicinamento alla Francia (si pensi, fra l'altro, alle manifestazioni del 14 luglio, indette in collaborazione con i comunisti), ed anche la democrazia cri– stiana non ha ormai più di fronte la Francia delle leggi anti– clericali, ma un paese il cui partito affine è partito di gover– no, e ha conquistato al:a Costituente un numero di seggi quasi eguale a quello degli altri due partiti maggiori. In Francia il governo De Gaulle, la cui politica ha avuto nelle consultazioni del 21 ottobre l'avallo del corpo eletto– rale, poggia principalmente sul partito socialista, che nel dicembre 1944 si espresse in favore di una « Federazione di Nazioni libere», e sul Mouvement républicain populaire, o partito cattolico di sinistra, cui appartiene il ministro deg:i Esteri Bidault, convinto assertore di un « blocco latino». Non mancano quindi, da una parte e dall'altra, le premesse ne– gli uomini e nei partiti che devono decidere. E poichè non mancano, come si è detto, neppure nelle cose, c'è da sperare che questa volta si debba riuscire. ANTONIO BASSO Corriere Siciliano" Quasi duecentomila siciliani in Roma ed altre migliaia sparsi per le varie regioni d'Italia non potevano ulteriormente rimanere avulsi dalla vita e dai vasti e vitali problemi del loro Paese di origine. Con tale intento sarà prossimamente pubblicato e stampato in Roma un settimanale indipendente d'informazione il quale si pro– pone, appunto, la divulgazione dei problemi culturali, economici e sociali della Sicilia capaci di suscitare interesse generale ed unà maggiore conoscenza e valutazione delle necessità della Sicilia. nonchè la trattazione di libere e utili discussioni onde sollecitare il processo di ricostruzione e di rinascita della Sicilia, secondo quelle che sono le possibilità riguardate nel quadro regionale • nazionale. Sarà diretto da un Comitato - costituito in forma coopera– tiva - di noti studiosi e giornalisti, siciliani e simpatizzanti di tutta Italia, affiancalo da corpi redazionali in corso di costituzione nei nove capoluoghi di provincia, da una fitta rete di corrispon– denti da quasi tutti i comuni dell'Isola e da numerosi informato,; da diverse città italiane ed estere. Chiunque volesse dare il proprio onesto ed obiettivo apporto con proposte, consigli, articoli, materiale infonnativo e di docu– mentazione (specie se economico e sociale) è pregato rivolgersi al Comitato di Direzione del « Corriere Siciliano " nella sede prol'· visoria di via Statonia 10, Roma.

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