Lo Stato Moderno - anno II - n.19 - 5 novembre 1945

LO STATO MODERNO • 277 ITALIA E FRANCIAOGGI: E DOMANI In un articolo .pubblicato nel n. 3 della serie clandestina di questa rivista, « Federazioni regionali e Federazione euro– pea, noi scrivevamo: « Italia e Francia dovrebbero stabilire una sorta di unità e di collaborazione, in cui noi vedremmo volentieri il nucleo della auspicata Federazione Europea». Noi ritenevamo infatti, come riteniamo, che una stretta unione italo-francese fosse giustificata non ·solo dalla paren– tela etnico-spirituale tra le due Nazioni, dalla vicinanza geo– grafica, dalla comunanza •d'interessi, ma anche da:le vicende stesse dell'ultima guerra, che, a chi ben guardi, presen~ano nei due Paesi una sensibile analogia. E' bensì vero, infatti, che Italia e Francia si erano trovate nel corso di questa guerra in armi l'una contro l'altra, e figurano oggi l'una nel gruppo dei vinti e l'altra dei vincitori: la realtà è che c'erano due Fran– cie come c'erano due Italie, e da noi era al governo nel 1939 quella peggiore. La Francia ha avuto la ventura di non avere nel 1939 il fascismo al governo come lo aveva da 17 anni l'Italia, e di aver così iniziato la guerra, come poi la finirà, tra le Nazioni Unite. Ma era anch'essa, nel 1939, una società politica in dissoluzione, anch'essa subì nel 1940, nel giro di settantacinque giorni, una disfatta memorabile che la lasciava completamente alla mercè dell'invasore, anch'essa ebbe il suo governo di collaborazionisti con la Gem1ania, il suo corpo di spedizione in Russia - assai meno numeroso, certo, di quello ita:iano, ma volontario -, il suo Vittor-io Emanuele-Pétain, il suo Mussolini-Lavai, il suo Badoglio-Darlan. E se da noi il nostro De Gaulle-Parri non potè esercitare la sua influenza fin dall'inizio, e se il nostro contributo alla causa delle Na– zioni Unite fu inferiore a quello della Francia, non é già che la volontà e l'orientamento politico di Farri e degli altri che oggi governano non fossero fin daJl'inizio quelli di oggi: gli è che Parri non era, come De Gaulle, un generale e un membro del Governo, ma un perseguitato dal ~uo Governo; e che quando egli e gli altri presero a raccogliere e organizzare uomini per la lotta antitedesca dovettero farlo in territorio occupato dagli stessi tedeschi, né ebbero a loro disposizione, come De Gaulle e Giraud, un vasto impero coloniale pres– soché intatto in cui organizzarsi e di cui fare la piattafonna di lancio. Ond'é che, a conclusione della guerra, la Francia dive– niva l'ultima delle Grandi Potenze - in posizione nettamente secondaria di fronte ai Big Three nonostante l'in1menso ter– reno riguadagnato dopo la liberazione della metropoli, non consentendole il 5uo potenziale demografico, economico e militare quella politica mondiale che é oggi caratteristica delle vere Grandi Potenze -, e l'Italia scadeva da Grande Potenza, ina dovrà pur restare in Europa la prima delle Potenze medie. Ancora, quindi, nonostante le apparenze (la Francia vincitrice, la Francia membro delle Nazioni Unite, la Francia Grande Potenza, la Francia avente titolo a chiedere altrui territori e riparazioni, la Francia annata e padrnna di sé; l'Italia vinta, l'Italia ancora giliridicamente «nemica» del:e Nazioni Unite per l'art. 53 della Carta di San Francisco, l'Italia non più Grande Potenza, l'Italia oggetto di richieste di territori e di riparazioni, l'Italia pressoché inerme e soggetta ad occupa– zione militare stmniera), le due Nazioni sono più vicine di quanto non si creda: superata la bardatura armistiziU:e, fir– mato il trattato di pace, riammessa a parità di dirittJ nel consorzio delle Nazioni, l'Italia, con i suoi 45 milioni di abi– tanti e i 145 per chilometro quadrato in costante incremento di fronte ai 42 milioni, e ai 76 per chilometro quadrato, della Francia statica (se non si inirandirà con innaturali annessioni di territori non francesi), con la sua preminente posizione nel Mediterraneo, con la sua analogia di interessi di fronte al pericolo tedesco, con la sua affinità di civiltà e di panorama politico interno (oggi che anche in Francia é sorto un partito cattolico di massa), potrà e dovrà essere la naturale " parte– naire » della Francia in un binomio latino, nel quale le due Nazioni si integrerebbero demograficamente e si affianche– rebbero spiritualmente, e che potrebbe a sua volta costituire il primo solido pilastro degli Stati Uniti d'Europa, magari attraverso lo stadio intermedio della Federazione Latina con i popoli iberici. E solo così, forse, l'Europa continentale.potrà restare un fattore autonomo ed efficiente della politica mondiale, accanto agli altri tre, o quattro domani con la Cina, grandi complessi politici affermati.si nella recente guerra. Tuttavia, un anno fa, queste prospettive sembravano lontane. I nosb·i partigiani avevano co:Jaborato, attraverso le Alpi, con i maquis francesi, intelligenze erano corse tra ele– menti direttivi dei movimenti clandestini dei due Paesi," che avevano avvertito l'identità degli scopi per cui i loro popoli combattevano, ma le sfere governative francesi erano rimaste ferme alla « pugnalata nella schiena» del 1940, non sapevano resistere alla tentazione caratteristicamente nazionalistica di approfittare di una guerra vinta per annettersi territori altrui e, permeate dall'idea di una « grande politica » che richiedeva un sapiente giuoco di equilibrio tra Mosca e Londra, propen– devano più verso l'U.R.S.S. che verso la Gran Bretagna, ne[a cui sfera d'influenza rientrava in certo modo, dopo la guerra, l'Italia, e sembravano pertanto disdegnare gli acco– stamenti politici « occidentaH ». Rientrano in questa politica l'avventura moocovita di De Gaulle, concretatasi nel trattato ventennale di collaborazione e mutua assistenza del 10 dicembre 1944 con FU. R. S. S., che al di là ie:lellalettera significava malumore verso l'Inghilterra ed era indice di un indirizzo fondamentalmente antibritannico; le mire sulla Val d'Aosta, la Val di Susa e le valli liguri oc– cidentali del Roja, del Nervia e del Crosia sboccate nell'occu– pazione, dopo la liberazione dell'Alta Italia compiutasi senza alcun intervento di forze francesi, di tali territori e nel tenta– tivo subito posto in atto di organizzarvi plebisciti più o meno addomesticati; infine l'azione svolta se non fu iniziativa autonoma dei funzionari SU'! posto - per il distacco del– !' Alto Adige dall'Italia. Ma tale politica fu di breve durata. All'interno il Governo Provvisorio trovava il suo principU:e sostegno nel partito so– cialista capeggiato da Léon Blum, vecchio fautore di una stretta collaborazione con l'Inghilterra e campione pertanto di un blocco occidentale, che tornava ad agitare il suo pro– gramma: mentre ali'~tero il viaggio di De GauUe a Washing– ton nell'ultima decade di agosto rinsaldava i vincoli della Francia con la grande alleata de:l'estremo Occidente. La pun– tata verso Mosca, se aveva, forse, ·in un primo tempo favo– rito il rapido rimontare della Francia nella considerazione politica internazionale, non offriva ora a Parigi altro vantag– gio concreto. Le Valli alpine italiane, d'alltra parte, furono sgombrate entro il .giugno. L'Italia dopo la liberazione ebbe dal 20 giugno un Gover– no Parri, nettamente orientato in senso democratico, che si pro– poneva nel modo più preciso la collaborazione con la vicina Repubblica (la simpatia verso la Francia della « Rivoluzio– ne» é tradizionale nei partiti italiani di sinistra) e dava per

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