Lo Stato Moderno - anno II - n.19 - 5 novembre 1945

286 LU STATO MODERNO col rispetto per la proprietà e per i suoi diritti, i quali, per imprese capitalistiche destinate - come nel caso di cui ci stiamo occupando - a rimaner tali, devono necessariamente continuare a venire riconosciuti anche in sede di innovazioni tendenti ad attuare programmi di collaborazione tra capitale e lavoro e di miglior tutela di quest'ultimo. Ed ecco profi– larsi le difficoltà pratiche che derivano da un contrasto evi– dente tra giuste aspirazioni e imprescindibili situazioni di di– l'itto e di fatto. Oggi si parla di « Consigli di gestione~ e, con sempli– cistica mentalità, si propone di utilizzare gli attuali Comitali dì liberazione aziendali in modo che essi stessi si trasfor– nuno nei Consigli suddetti, a cui inoltre non è ancora chiaro e definito quali funzioni si vogliano attribuire ed entro quali limiti, sebbene già si sappia che non manca chi tali limiti concepisce in maniera estensiva, assegnando ai Consigli di gestione vere c proprie mansioni direttive di carattere deli– berativo, che li condurrebbero ad interferire con gli organi– smi normali legalmente preposti alla gestione delle aziende. Il modo stesso - ben noto - e il momento in cui i C. L. N. sono sorti escludono da sè che tali organismi siano adatti ad assumere, con la competenza tecnico-amministrativa e con la serenità di spirito indispensabili, m,msioni come quelle di cui si tratta. D'altra parte, se. parlando di imprese munici– palizzate, si è concluso che il personale delle medesime, seb– bene ne sia comproprietario, non può pretendere di parteci– pare direttamente alla gestione C011 f1mzio11i deliberative, a maggior ragione ciò dovrà ripetersi per i lavoratori di un'im– presa privata. Qualsivoglia nuovo organismo destinato a tra– durre in pratica il principio della collaborazione tra capitale e lavoro dovrebbe quindi essere esclusivamente consultivo e potrebbe anche qui consistere in una commissione che com– prendesse i delegati delle varie categorie del personale e che venisse periodicamente a contatto con gli organi direttivi del– l'azienda per resame e la discussione di tutto quello che si riferisce alla gestione della medesima. L'istituzione di questo nuovo organismo costituirebbe per i lavoratori di un'impresa privata un vantagg,o concreto e un conferimento effettivo di maggior dignità e Ji po5sibi– lità più vaste, in quanto essi verrebbero così ad essere assi– milati, dal punto di vista della collaborazione, ai lavoratori di imprese collettivizzate. sebbene con questi ultimi non abbiano in comune - come si è visto - la veste di com– proprietari delle rispettive aziende Alle commissioni suddette potrebbe inoltre essere affi– data la gestione effettiva di tutte le opere sociali esistenti nelle aziende, con che verrebbe riconosciuto ai lavoratori il diritto di amministrare gli organismi creati per loro e scom– parirebbe nelle aziende stesse ogni traccia di paternalismo. Procedendo diversamente e cadendo nella contraddizione di voler conservare ad un'impresa la sua struttura capitalisti– ca e in pari tempo di voler imporre agli imprenditori con– dizioni e limitazioni gravemente lesive del diritto di pro– prietà, si raggiungerebbe il sicuro effetto di disanimare e pà– ralizzare la privata iniziativa, si otterrebbe la « fuga del ca– pitale», si provocherebbe la stasi il regresso e la dissoluzione di imprese industriali già floride e utili alla collettività; e ciò proprio in un momento nel quale, per unanime consenso, l'iniziativa privata appare particolarmente adatta, per la pron– tezza la decisione e l'elasticità che le sono proprie, ad af– frontare e a risolvere i gravi problemi della ricostruzione na– zionale. Ma le imprese private, costituite· in massima parte nella forma generalizzata della società anonima, meritano un più lungo discorso, in quanto esse, quando le loro dimensioni eccedono certi limiti e la loro attività si svolge in determi– nati campi, assumono un effettivo carattere di interesse pub- blico. Ora è fuor di dubbio che, secondo la legislazione attuale delle società anonime, gl'interessi del pubblico, quan– do siano messi in giuoco, sono privi di qualsiasi tutela. Anzi risultano malamente tutelati perfino gl'interessi generali del– la proprietà privata, di cui in ogni società dovrebbero aver cura il Consiglio d'amministrazione e il Collegio sindacale eletti dall'Assemblea degli azionisti. Ma ~i sa fin troppo bene, fatte le debite eccezioni, a che cosa si riduca nella realtà il meccanismo di questi istituti solo apparentementA democratici, dominati invece - nei grossi organismi indu– striali e tanto più quanto più grandi sono le dimensioni di questi - da oligarchie finanziarie che perseguono i propri interessi particolari in ispregio di quelli così della maggio– ranza degli azionisti come del pubblico. I Consiglieri di am– ministrazione, che dovrebbero controllare ,l'opera dell'Am– ministratore delegato per poterne rispondere in solido di fronte all'Assemblea, si riducono il più delle volte a sem– plici comparse, compiacentemente silenziose o annuenti e deliberatamente tenute all'oscuro delle questioni essenziali dell'esercizio sociale, in cui d'altra parte è per lo meno dub– bia la loro competenza, non avendo quest'ultima di solito nulla di comune col criterio di scelta adottato per la forma– zione del Consiglio. Dato questo stato di cose, s'impone una riforma ten– dente a migliorare i Consigli d'amministrazione delle grosse società, in modo che chi è investito della dirigenza di que– ste ultime con funzioni continuative sia responsabile di fron– te ad organismi veramente efficienti per competenza e se– rietà, capaci quindi di esercitare un controllo effettivo sulla gestione e di garantirne la saggezza e la correttezza a tutela di tutti gl'interessi in giuoco. Tale riforma, qui solamente accennata. dovrebbe naturalmente essere oggetto cli atten– to studio. Ma si può osservare intanto che la Commissione consultiva di cui si è detto sopra, destinata a venire perio– dicamente a contatto anche col Consiglio d'amministrazione, costituirebbe già un apporto alla soluzione del problema in quanto abolirebbe l'attuale distacco tra i lavoratori e il Consiglio, obbligando quest'ultimo ad entrare nel vivo di molte questioni di cui esso altrimenti non avrebbe, nella maggior parte dei casi, alcuna conoscenza. Quando poi l'impresa rivesta evidente carattere di in– teresse pubblico, una delle innovazioni da apportarsi alla struttura del Consiglio d'amministrazione sarà l'inserimento in esso di uno o più rappresentanti dei pubblici poteri. Al disopra delle considerazioni svolte e a mo' di con– clusione, mi sia consentito di affennare che il più ragione– vole e sensato modo df procedere, per realizzare qualche cosa di veramente utile in questo campo dell'economia so– ciale, consisterà nel seguire un metodo rigorosamente speri– mentale, evitando ogni apriorismo e avventatezza, iniziando ogni innovazione su scafa ridotta ed estendendola gradual– mente in relazione ai risultati ottenuti negli esperimenti già eseguiti, non senza tener presente inoltre quello che si è già fatto e si sta facendo nei paesi che per progresso industriale sono da anteporsi al nostr~. E aggiungerò come mi sembri inconcepibile che una materia tanto importante e· vitale quanto delicata e rischiosa possa venir compromessa, come taluni vorrebbero, da innovazioni prematuramente adottate sin d'ora e necessariamente non meditate, in ogni modo non discusse da tutti gli interessati, ma dovute alla precipitosa iniziativa di elementi e organismi più o meno arbitrari; il tutto in aperto contrasto con le più elementari norme demo– cratiche, ,le quali esigono che, se mutamenti debbono inter– venire, essi siano vagliati e d~cisi dagli organi costituzionali in base aJ- responso della pubblica opinione. GIORGIO GREPPI

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