Lo Stato Moderno - anno II - n.19 - 5 novembre 1945

LO STATO MODERNO 287 DAL PROCESSO DI RIOM A·L PROCESSO PÉTAIN 6. - Parigi contro Vichy Agli esteri la successione di Lavai veniva assunta dal suo avversario Pierre-Etienne Flandin che, uomo ben accetto a Hitler al quale aveva inviato al momento di Monaco un telegramma di plauso, doveva attutire le conseguenze del colpo di forza del 13 dicembre. Ma il nuO\'O astro che sor– geva all'orizzonte, dopo il tramonto di Lavai, era l'ammira– glio Darlan, il capo della « flotta non sconfitta», che, già ministro della marina, assumerà via via il portafoglio degli interni e quello degli esteri, diverrà vicepresidente del con– siglio e, finalmente, il 10 febbraio 1941, con un nuovo atto costituzionale sarà designato successore del capo dello stato. La crisi di Vichy non era stata - e in ciò aveva ragione Pétain parlando di « motivi di ordine interno» - pronun– ciamento di collaborazionisti contro anticollaborazionisti, sib– bene un colpo di mano di uomini di destra contro uomini di sinistra, di reazionari contro socialisteggianti; tuttavia an– che la collaborazione venne tinta di un maggiore riserbo, ond'è che, Flandin, tracciando il suo programma. poteva affermare d'essersi proposto una collaborazione leale con la Germania, ma di volere, non animato d'astio verso chicches– sia, condurre una politica di neutralità assoluta verso tutte le potenze: nè più né meno l'atteggiamento assunto da Pétai.n a Montoire allorquando aveva rifiutata la collaborazione mi– litare con la Gernrnnia. Quanto a Darlan si sapeva che nel– l'aprile 1940, al momento in cui Lavai cercava di premere sul gabinetto Reynaud perché venissero riprese le trattative con Roma, aveva, al Consiglio Supremo della Difesa, caldeg– giata l'occupazione del Belgio; e, parlando dell'armistizio, dirà che la Francia a quel tempo non aveva più facoltà di sceltà; e quando nel maggio successivo andrà a Berchtesga– den, gli ambasciatori di Francia diranno: « Non potevamo far diverso». Sacro egoismo all'interno, forza maggiore al– l'estero, saranno gli argomenti addotti in difesa d'un colla– borazionismo metà accettato e metà voluto (Cfr. Fabre-Luce, op. cit. II, p. 112). Costituito~i a Vichy un ministero come questo, rifugia– tosi Lavai là dove l'estremo collaborazionismo si rinfocolava sotto l'egida protettrice dell'occupante, il dissidio che ante– riormente divideva il gabinetto di Vichy, contrappose le due zone. Parigi si rizzò contro Vichy. li maresciallo rimaneva un·insegna, un vessillo che nes– suno dei due campi vo!eva o poteva abbandonare; per cui anche Parigi dovette contenere gli attacchi. La lotta si svol– geva tra le due squadre: i ministeriali di Vichy, gli anti-mi– nisteriali di Parigi. Gli argomenti sui quali sia in un campo sia nell'altro s'appoggiavano gli' atteggiamenti politici erano di un reali– smo più o meno crudo e più o meno confessato, dedotto dalla necessità dell'ora; gli ideali erano l'appannaggio di chi an– cora lavorava nell'ombra o sotto altri soli: i futuri uomini della resistenza o i degaull.isti. La necessità era dettata dalla fiducia assoluta nella vit– toria tedesca. Lavai, fino a quel momento giuocatore d'istinto, non esitò a puntare tutto il proprio avvenire sulla. carta di Hitler, ripromettendos; un sicuro profitto; altri accetterà scet– ticamente la forza maggiore. Caratteristica la frase di uno degli uomini che figurò tra i corifei della collaborazione e che pagò il suo errore con la morte volontaria, Drieu la Ro– chelle: « Dans 110s relations avec l'A:Iemagne nous avons jusqu'à ce jour tout essayé; il ne nous reste plus que la colla– boration ... ». Collaborar!' col tedesco voleva dire inquadrarsi nel nuovo ordine euro'peo, un ordine che, adattandosi al nuovo dettame de:Ia storia, esclude la democrazia (Cfr. Drieu la Rochelle, Ne plus attendre, Parigi, Grasset, 1941, P'· 84) e promette una più equa ripartizione delle ricchezze tra le Nazioni e nel– l'ambito di esse. Onde l'esaltazione di conio tedesco di Napo– leone, primo vagheggiatore di una federazione d'Europa sotto la sua imperiale egemonia, e l'interpretazione del nazional– socialismo come rea!izzatore del sogno di benessere sociale. Su questi due ultimi temi cominciavano le discrepanze tra i due punti di vista. Vichy - diceva Parigi - chauvinista e reazionaria recal– citra ad accogliere l'unica 5peranza di silvezza che ci rimane e che il vincitore, stendendoci la mano ci offre. « I Machia– velli da strapazzo che pullulano a Vichy credono di poter incoraggiare il Maresciallo in una politica energica quale fu quella degli uomini oggi emigrati a Londra o New York» (Les nouveaux temps, 29 dicembre 1942). E così Vichy ha escluso Lavai dal governo; « ma il 10 luglio l'Assemblea Na– zionale delegò i suoi poteri al Maresciallo con l'intima cer– tezza che, pur senza averlo nominato, Pierre Laval sarebbe il garante delle decisioni prese> (L'Oeuvre, 7 gennaio 1941). Che rimane dunque di un governo il quale non sa riportare il Paese sulla via della salvezza che gli si schiude davanti e ha perso il contatto col popolo - antipolitico e antisociale? Alla prima accusa faceva eco Berlino con misurati ma energici comunicati della D. N. B., che cadevano come pro– fondi colpi di gong nel silenzio di Vichy e tra lo schiamaz– zare della canea di Parigi. Quanto alla seconda, anche Vichy si sentiva, così, senza un partito che Ja sostenesse '(i vecchi maneggi per creare un partito unico erano falliti fin dal tempo dj Lavai cui s'era opposto Maurras, nè miglior fortuna ave– vano avuto i tentativi di La Rocque e Doriot; Déat e Mar– quet avevano finito per migrare a Parigi) e senza un organo consultivo, a disagio e come sradicata. acque allora a Vichy un Consiglio Nazionale di 188 membri (dal quale vennero esclusi tutti gli amici di Lavai) che, pur lasciando sussistere le due Camere aggiornate, doveva esprimere il proprio parere sulle « sole questioni che gli sarebbero sottoposte dal Capo dello Stato». « Un consiglio privato della corona> ... si sghignazzava in zona occupata. li popolo non era meno di prima condannato al silenzio ed escluso dalla vita politica. Loro, sì; loro i veri collaborazionisti, i veri uomini politici preoccupati del pro– blema sociale avrebbero mostr.ato cosa occorreva al Paese. E, Lavai, ispiratore non ufficiale, Déat, cui s'erano associati due loschi politicanti, Deloncle e Fontenoy, organizzò quello che doveva essere il grande partito di massa e portare a compimento la rivoluzione: il « Rassemblement national po– pulaire », che venne lanciato con grande pubblicità nel gen– naio 1941. Creatura effimera che morì ben presto ingloriosa– mente, non senza però avere turbati i sonni agli uomini di Vichy, ossession.ati dall'immagine della Commune, al cui rin– novamento queste agitazioni .parigine parevano aprire la via.

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