Lo Stato Moderno - anno II - n.18 - 20 ottobre 1945

LO STATO MODERNO Laurancie, rappresentante del Govern6 di Vichy, ordinava nella capitale il fermo di Marce! Déat, La sera del 14 la radio di Vichy diffuse un messaggio del Maresciallo: « Francesil Ho presa una decisione che ri– tengo conforme all'interesse del Paese: Pierre Lavai non fa più parte del Governo, Pierre Etienne Flandin assume il portafoglio degli Esteri. L'atto costituzionale n. 4 che desi– gnava il mio successore, è annullato. E' per gravi ragioni di politica interna che mi sono deciso a prendere questa mi– sura. Essa non modifica per nulla le nostre relazioni con ta Germania. Rimango al timone. La rivoluzione nazionale continua». Quasi allo stesso momento a Parigi, con ventiquattro ore d'anticipo, si svolse, all'insaputa della cittadinanza, la ceri– monia nel Duomo degli Invalidi. « In una notte nevosa, in una Parigi oscura e deserta, il pesante convoglio attraversa la città inosservato. Qualche rara imposta si socchiude a quel rumor di ferramenti. Tra due ali di gendarmi che reggon le torce il Re di Roma fa il suo ingresso nell'ampio portale degli Invalidi. Il governatore generale giunge nella sua car– rozzella di mutilato. Con lui c'è qualche invitato - scelto tra i « collaborazionisti » noti - che viene ad assistere a quella strana messa di mezzanotte. Si è cercato di animare lo scenario solenne con luci e profumi. Drieu La Rochelle racconta: un chilo d'incenso bruciava in una coppa tanto gigantesca al di sopra delle nostre teste, che ci trasformava, noi radi testimoni, in lillipuziani definitivi» (Fabre-Luce, op. cit. II. p. 88). Dopo la cerimonia Abetz, ricevendo gli ospiti all'Ambasciata, pronunciava in un brindisi una frase, che ai presenti a~cora ignari non avrebbe pal'esato se non più tardi tutto il suo significato di cui era gravida: « Il signor Lavai è ai nostri occhi l'unico garante dell'intesa franco-tedesca"· Era la risposta al messaggio di Pétain diffuso poco prima dalla radio di Vichy. I collaborazionisti delusi riassumevano i loro timori in tre ipotesi: « Le truppe tedesche stavano per intervenire? Avremo l'occupazione totale del territorio? Che succederà in Afrìca del Nord? ~. Il giorno 16 dicembre giunge alla linea di demarcazione il treno speciale dell'ambasciatore Abetz circondato da una vera e propria scorta armata. Ma il Governo di Vichy non concede il transito e l'ambasciatore deve, rinunciando a una parte dei suoi bravi, proseguire in macchina. Il colloquio col maresciallo, diceva il comunicato ufficiale, aveva avuto per tema la « situazione generale». Ma un testo ufficioso (Jean Thouvenin, Pét<1in ti1mt la barre, Segnane, 1941. p. 54), riassumeva, negandole, le minacce e richieste di Abetz: « Se è difficile commentare la portata di questi colloqui, si può però affermare che non si parlò mai di un'estensione dell'oc– cupazione tedesca, né di un passaggio di truppe tedesche at– traverso la zona libera•· La voce pubblica, più sincera, rac– contò che i colloqui eran stati, per l'atteggiamento di Abetz, piuttosto burrascosi. La sera del 17 l'ambasciatore tedesco ripartiva per Parigi con Pierre Lavai. FEDERICO FEDERICI Per errore, l'articolo pubblicato nel numero scorso è stato contrassegnato con 5. 'E: inteso, invece, doversi leggere 4. Come le seppelliamo ? In Italia il lamento per « il verso che suona e che non crea• è'antico almeno quanto il malanno; con la scusa che siamo un popolo musicale, una « sbadigliante rima in are • si trova sempre chi ce la serve con tutta compunzione. Nè grande è stato il mutamento da quando la rima ha ceduto alla più aspra tecnica del piede e dell'accento, chè anzi que– sta ha servito rompere ogni vecchia disciplina, e a fare dell'a parola la sola regina della poesia, buttando a mare - con la scusa del contenutismo - persino ogni possibilità di in– tendimenti con chi non fosse tocco dalla grazia. Poco male tuttavia finchè l'idoleggiato reame della parola chiudeva i suoi confini entro il magico cerchio della poesia; era tutta una parte dell'anima nazionale che ne scadeva, quella più sensibile e lieve, ma si poteva sperare che - come spesso è accaduto in Ital'ia - allo smarrimento della poesia si accompagnasse il sorgere di una prosa scientifica aspra e sicura, duttile al senso anche se dura ali'orecchio, e sopra tutto una prosa politica che, rifatta vergine dal terrore di cadere nel passato, ritrovasse una cadenza, se non proprio guicciardiniana o machiavellica, almeno tale da restituire di– gnità aUe parole attraverso la riscoperta di un significato. Ma anche questa era un'illusione; non solo la prosa politica non accenna a ritrovare timbri e accenti i quali, partecipando forse del tono del!'arte, verranno quando piaccia a Dio, ma ci si perde sempre più in vischiosità che - quando pur non precipitano nella più assurda sarabanda di volgarità come è pur recentemente accaduto - rende la prosa politica gela– tinosa e generica, sicché talvolta sdrucciola sin nel ridicolo. Questa è l'ultima, ed è comparsa su una rivista seria e so– l'enne, La cultura sovietica, all'inizio di un articolo inti– tolato « Situazione e prospettive della religione nell'U.R.S.S. ,. Ecco un brano dove la ricerca letteraria pigliando il soprav– vento sulla serietà politica, induce ad una affermazione fran– camente risibile. « L'U.R.S.S. si presentava (sotto il fascismo) a tutti gli italiani come una terra senza chiese, senza croci e senza campane. Desolata plaga cimmeria ove, come nei poemi omerici, le ombre dei morti vagavano chiedendo se– poltura cristiana ». In verità oggi ci sono molte idee che vagano come i morti omerici alla ricerca di sepolture cristiane, e purtroppo per noi non le troveranno se non ci decideremo noi a dar loro sepol– tura pagana, in conformità al loro modo di vivere. VITTOR != ___ "'::~:":E;';~i%:: diretta da Francesco Flora i Di vasto interesse italiano, di risonanza interna• I ~ zionale. Adunerà scritti dei migliori autori italiani ~ .ffi11111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111111

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