Lo Stato Moderno - anno II - n.18 - 20 ottobre 1945

Le STATO MOlUH\Ne atl DAL PROCESSODI RIOM AL PROCESSO PETAIN 5. • La crisi di Vichy Il messaggio di Pétain al popolo francese dopo t'incontro di Montoire é un tratto tipico della sua politica: si reca da Hitler e al suo ritorno sfronda a gran colpi cu cesoia le ghir– lande cotaborazioniste intrecciate da Laval; affida a Lavai il pòrtafogl'io degli Esteri, dandogli cosi la possibilità cu in– trattenere di persona i rapporti con l'Ambasciatore Abetz e i capi nazisti, ma recalcitra a mettersi per la via che il mi– nistro gli traccia. La spiegazione conviene cercarla non in un programma o semplicemente in una volontà del Capo dello Stato, ma nella sua debolezza: Lavai presente, egli é collaborazionista; se quello s'allontana, l'ambiente prende il sopravvento - e questo é chauviniste e conservatore, dun– que ostile al tedesco, nemico ereditario, e al nazismo, ditt11- tura si, ma troppo tinta di elementi estremisti. Lavai sente gli attriti, gli ostacoli, e s'irrita e vuole correre ai ripari, cercando di eliminare quelle influenze, e, poiché l'infiltrare uomini sicuri nel Gabinetto cu Vichy non è espediente che basti (aveva fatto nominare Cathala alla stampa e propa– ganda onde assicurarsi il controllo dei giornali anche in zona libera; quelli di zona occupata formavano già un coro ben istruito che seguiva puntualmente ogni suo cenno), si per– suase della necessità di procurare un trasferimento del Go– verno da Vichy a Versailles. Il trattato d'armistizio con la Germania stabil1va che il • Governo francese é libero di scegliere la propria sede in territorio non occupato; oppure, se lo desidera, cu trasfe– rirsi anche a Parigi > - ma, nonostante tutte le assicurazioni, s'era stati allora d'avviso che, se da un lato ci s'era opposti a chi chiedeva, allegando l'impossibilità di reggere lo Stato sotto l'occhio deH'occupante, il trasferimento del Governo in Africa del Nord, sarebbe stato tuttavia spingere le cose troppo oltre, il voler eleggere come propria sede Parigi dove le auto– rità francesi si sarebbero trovate gomito a gomito con le tedesche. Queste ragioni, cinque mesi dopo l'armistizio, non avevano perso nulla della loro validità, dato che la sban– dier11tacollaborazione non aveva punto mutati gli animi di Vichy, anzi ne aveva più che mai acuita la preoccupazione di non permettere che Lavai alterasse a tutto proprio van– taggio personale il rapporto in cui stavano autorità francesi e tedesche. Conveniva quindi a Lavai trovare una via traversa onde giungere ai propri fini. L'occasione propizia parve offrirsi, fornita dal caso. Il 15 cucembre 1840 i resti mortali di Napoleone erano stati traslati nel Duomo degli Invalidi - il 15 cucembre 1940 la Germania proponeva di servirsi dei resti dello sparuto Re di Roma per riprodurre la solenne cerimoni.a, che avrebbe solennemente selP)ata la <l.it~ della riconciliazione frallOO-t.- desca, simboleggiata dal figlio del corso e dell'austriaca. Pétain e Hitler vi dovevano assistere, rappresentanti dei due popoli che s'accingevano a collaborare. Pétain sarebbe stato in quei giorni ospite del Fiihrer al castello di Versailles. A Lavai il compito cu persuaderlo a rimanervi, o, se mai, di costringervelo. Quanto a lui, Lava!, avrebbe formato a Pa– rigi, oramai sede del Governo, un nuovo Gabinetto, liqui– dando i ministri cu Vichy. La parte ufficiale era già stata tutta predisposta. Cli inviti fatti e accettati. Versailles sgombrata dalle truppe ger• maniche, portava cartelli con la scritta tedesca: zona riser– vata alle autorità francesi; vietato l'accesso agli appartenenti alla Wehrmacht. Laval si recò il 13 dicembre a Vichy per gli ultimi accordi e poi ripartire oon Pétain alla volta cu Versailles. Ma un rapporto di Langeron, prefetto cu polizia cu Pa– rigi, l'aveva preceduto, svelando la seconda parte del pro– gramma. L'Oeuvr11, giornale di Déat, fedelissimo di Lavai, il 21 gennaio 1941 - vale II dire quando la censura levò il veto - dava il seguente racconto di come andarono le cose, che, nella cronaca, è assai vicino alla realtà. Alle 18 (del 13 cucembre) Consiglio di Gabinetto sotto la presidenza di Lavai, senza incidenti di sorta. Alle 20 il maresciallb convocò inaspettatamente un altro Consiglio dei Ministri. Cos'era successo? Egli aveva deciso di non recarsi né a _Versailles nè a Parigi e di farsi rappresentare alla ceri– monia franco-tedesca dall'ammiraglio Darlan, ministro segre– tario di Stato alla Marina, e dal generale Laure, segretario generale del Capo del:lo Stato. Aperto il Consiglio, il ma– resciallo, senza allegare motivo alcuno, chiede ai ministri di presentare per iscritto le proprie cumissioni. Pochi istanti più tardi riconferma l'incarico a tutti i propri collaboratori eccetto che a Ripert (ministro dell'Istruzione e vilmente attaccato come reazionario) e a Laval, « il qua?e non godeva più la sua fiducia>, Pierre Lavai, superato il primo istante di stu– pore, reagisce con un energico discorso e - ciò che il gior– nale non dice - minacciando rappresaglie tedesche che avrebbero potuto giungere fino ali'occupazione della zona non-o. Vichy da quel momento fu per così dire in istato di assedio: la polizia speciale occupa l'Hotel du Pare, sede del Governo, le comunicazioni telegrafiche e telefoniche vengono proibite, vietato alle automobili di uscire di città, sospeso il diretto della notte per Parigi, e, finalmente, chiusa da parte francese la linea cu demarcazione. Quando poi, finito di pran– zare con de Brinon, Lavai volle lasciare il ristorante Chan– teclair, fu la polizia speciale che, intimatogli il fermo, l' ac– compagnò al suo castello cu Chateldon. De Brinon e Cathala venivano oonfinati in stanze d'albergo; e il generale de ra

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